Foundation: il futuro dell'umanità su AppleTV+

La fine della civiltà e il disperato tentativo di preservala sono al centro di Foundatione, la nuova serie di AppleTV

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a cura di Manuel Enrico

Negli stessi giorni in cui i cinema italiani accolgono l’attesa trasposizione di Dune realizzata da Villeneuve, il mondo dell’intrattenimento streaming si arricchisce di un’altra produzione a lungo caldeggiata dagli appassionati della sci-fi classica: Foundation. A partire dal 24 settembre, su AppleTV+ prende via la serie ispirata al Ciclo delle Fondazioni di Isaac Asimov, uno dei simboli della fantascienza letteraria, considerato proprio assieme a Dune come il pilastro della space opera.

Cimentarsi con un nome così carismatico non è una sfida semplice, visto come Asimov sia un autore fondamentale per la sci-fi moderna, già più volte avvicinato dal cinema, come dimostrano L’uomo bicentenario, Io, Robot. Con Foundation si è voluto puntare al fulcro della narrativa di Asimov, approcciando il cuore del suo universo letterario, una sfida decisamente ardua.

Prima di giudicare l’esito di Foundation, di cui abbiamo visto i primi due episodi, pare corretto fare una puntualizzazione. Trasporre un corpus letterario come quello del Ciclo delle Fondazioni in una dimensione diversa da quella letteraria è un’impresa titanica, gravata anzitutto dalla differenza di grammatica narrativa tra letteratura e serialità televisiva. L’opera originale, per sua natura, era fondamentale riflessiva, con poche aperture a un’anima action, preferendo concentrarsi su diplomazia, pianificazioni e trame ad ampio respiro.

Dinamiche poco appetibili per il pubblico seriale mainstream odierno. A questo, va unita la considerazione che una saga letteraria che si svolge su un orizzonte temporale di diversi secoli, nata anche per fare collante a tutta la produzione di Asimov tramite riferimenti imprescindibili, non rende facile identificare un punto di partenza ideale per una trasposizione seriale. Le scelte fatte da David S. Goyer e dal suo tema, quindi, saranno sicuramente contestate dai fan più intransigenti di Asimov, ma per apprezzare queste produzioni dobbiamo focalizzarci sull’identità di questi progetti: l’adattamento.

Foundation: l’incubo del futuro

Adattamento significa prendere un’opera, coglierne gli aspetti fondamentali e mutuarli in un contesto narrativo diverso. Inevitabilmente, alcuni elementi verranno esclusi o modificati per fini narrativi, ma è parte del gioco. Si può gridare all’eresia, condannando ogni scelta, ma dopo anni di Marvel Cinematic Universe, trasposizioni e adattamenti dovremmo aver imparato a vivere in modo corretto opere come Foundation, altrimenti sarebbe più saggio fare una scelta coraggiosa: andare oltre, evitare questi adattamenti e continuare a godersi il fascino immutabile del libro.

Sarebbe comunque un peccato, perché adattamenti come Foundation, pur concedendosi delle libertà narrative di una certa importanza, consentono di declinare in chiave moderna aspetti che, inevitabilmente, invecchiano male. Asimov ha scritto questa sua opera in un contesto sociale profondamente diverso, ne ha raccontato la contemporaneità offrendo una possibile chiave di evoluzione futura, ma tutto era analizzato con gli occhi di un uomo del suo tempo. Goyer ha scelto di prendere l’essenza narrativa di Foundation e darle un tono moderno, arricchendola di nuove suggestioni, che partendo proprio dai dogmi di Asimov potesse trovare una nuova dimensione.

Ecco perché alcuni personaggi compariranno prima, mentre altri sono totalmente assenti, complice l’avere scelto di inserirsi all’interno del Ciclo delle Fondazioni in un punto in cui le teorie di Hari Seldon sono già realtà.

E’ quanto scopre Gaal Donnick (Lou Llobell), giovane matematica di un remoto pianeta dell’Impero, che grazie alla sua incredibile mente viene convocata dal celebre Hari Seldon (Jared Harris), teorizzatore della psiscostoria, scienza matematica che consente di prevedere, con una certa sicurezza, evoluzioni socio-culturali future. Una scienza che spaventa la corte imperiale, dove i tre cloni imperiali di Cleon (Alba, Giorno e Tramonto) vedono in questa rivelazione una minaccia all’ordine costituito.

Lo scopo di Seldon, in realtà, è di rendere meno devastante l’inevitabile e oramai prossimo collasso, creando una Fondazione incaricata di redigere un’Enciclopedia Galattica, per preservare la conoscenza e impedire l’arrivo di un lunga età oscura. Le idee del matematico si scontrano con la visione dell’Imperatore di Eto Demerzel (Laura Birn), sua primo ministro, che dopo avere fatto arrestare Seldon lo condannano all’esilio su Terminus, assieme ai suoi seguaci, consentendogli di realizzare il suo progetto, lontano dai mondi imperiali.

Una decisione che Seldon aveva previsto, considerata tappa necessaria per la creazione della sua Fondazione e per dare all’umanità futura una speranza di sopravvivere ai tempi cupi che stanno arrivando.

 I primi due episodi di Foundation ci mettono di fronte a questa realtà, focalizzandosi sulla costruzione dell’attuale società imperiale. Lo sfarzo con cui è magnificamente resa il mondo-capitale di Trantor rispecchia l’idea di potere quasi divino dell’Imperatore, ma nasconde al suo interno i segnali del crollo imminente. La voce di Seldon, ribattezzato non a caso Corvo, spaventa perché ha tracce di inevitabile verità, e come tale viene percepita dal clone imperiale Giorno come una minaccia da soffocare.

Religione, scienza e incubi

In Foundation il confronto tra i cloni imperiali e Seldon è sintesi di una serie di tematiche affascinanti, che coinvolgono religione, potere e paura del domani. Il trio imperiale rappresenta sia una trinità dai toni messianici, in cui Giorno è il tono dominante, sia una sbiadita incarnazione di immortalità e di eterna gloria, che stride fortemente con quanto rappresentato da Seldon e dalla sua psicostoria. Goyer coglie questi elementi e li intreccia in un pilot di due episodi, in cui le pulsioni emotive dei personaggi vengono definite in modo semplice ma evidente, andando a cercare negli spettatori un’empatia che li faccia sentire parte di questo universo futuro.

Difficile non vedere nell’evento tragico che colpisce Trantor un eco dell’undici settembre, non solo visivamente ma anche moralmente, con una reazione che invita gli spettatori a interrogarsi sulla storia recente e chiedersi, all’interno di Foundation, se il tanto temuto crollo non sia già arrivato.

La sensazione di fine imminente, legato all’esile di speranza di ‘attutire la caduta’ di Seldon, è la tensione emotiva su cui viene costruita Foundation. Gli sforzi del potere imperiale di preservare lo status quo a ogni costo e la disperata ricerca di una speranza per le generazioni future incarnata dalla Fondazione sono le due forze trainanti di una serie che indaga nell’animo umano, occasione perfetta per lasciar emergere un’analisi profonda delle dinamiche sociali e dell’impatto sulle masse, giocando mirabilmente sull’impatto di una dottrina imperiale che pilota le emozioni del popolo, facendo leva sulle più basse pulsioni umane.

Una ricchezza emotiva che impreziosisce la trama di Foundation, valorizzando quelli che sono i presupposti sociali della psicostoria. Una necessità che costringe la serie a concedersi dei repentini scambi di prospettiva tra i diversi protagonisti, non sempre azzeccati come tempismo, ma funzionali a ritrarre una società decadente.

Slancio narrativo imprescindibile, che va di pari passo con un'operazione di world building complessa, considerato come l'originale cartaceo fosse particolarmente povera in fatto di dettagli, limitandosi a tratteggiare a grandi linee gli aspetti essenziali della galassia futura. Pur guidandoci nei meandri di Trantor durante la fuga di Seldon, Asimov descriveva in modo sommario gli ambienti, solo in funzione della storia. Trovandosi a dover portare su schermo un ecosistema sociale complesso come quello del Ciclo delle Fondazioni, la produzione di Foundation ha ricreato una Trantor credibile e avvincente. Il design della capitale imperiale unisce uno stile futuro alla presenza di elementi classici, una simbologia di attaccamento al passato che ha un ruolo centrale nelle dinamiche narrative della serie.

I primi due episodi di Foundation sono un punto di partenza che si prefigge di dare agli spettatori una visione sociale dell’Impero, vista dagli occhi dei protagonisti, ma comunque perfetta per comprendere le motivazioni di Seldon e di Garrick. Si percepisce una certa lentezza nelle parti più narrative, inevitabile eredità della narrativa di Asimov, ma che viene comunque ben gestita da un eccellente cast, in cui eccellono Harris e Lee Pace, volto di Fratello Giorno.

Il futuro dell'umanità ai confini della galassia

Il Seldon di Harris è un uomo conscio del proprio ruolo, capace di accettarne ogni sfumatura, ma comuqnue padrone delle proprie scelte. Le sue mosse possono sembrare dei deus ex machina, in certi punti, ma questa sensazione curiosamente arriva proprio dove la serie cerca di mantenersi fedele all’originale cartaceo, lasciando che siano il carisma di Harris e la sua recitazione impeccabile a convincere lo spettatore, a condurlo oltre questa perplessità.

Più complesso il ruolo di Pace, che rappresentando il volto di una trinità deve riuscire a conciliare la sua recitazione con quella di Terrence Mann (Fratello Tramonto) e il giovane Cassian Bilton (Fratello Alba). Il Cleon di Pace è regale, autoritario e incarna alla perfezione la vis imperiale classica, dove il potere deve essere sì mostrato apertamente ma anche esercitato con astuzia nelle ombre. Pace si muove agilmente in questa sua aderenza alla trinità imperiale, crea un rapporto quasi paterno con Fratello Alba e mostra una certa conflittualità con Fratello Tramonto. I tre Fratelli sono parti separate del medesimo individuo, metaforicamente rappresentano il cambiamento di un individuo nel corso della sua esistenza, concezione che porta Pace a rivestire il ruolo dell’uomo maturo, all’apice della sua esistenza ma con davanti gli anni del declino, ossessionato dal preservare il suo potere.

Visivamente, Foundation è una gioia per gli occhi. La caratterizzazione dei diversi mondi e l’aspetto tecnologico ci presentano una galassia variegata e umana, divisa tra gli eccessi del mondo capitale, in cui si percepisce l’opulenza imperiale, e i mondi periferici, che mostrano diversi esempi di umanità.

Una valorizzazione dell’individualità culturale centrale all’interno dello spirito del Ciclo delle Fondazioni che viene quindi giustamente preservata e valorizzata anche in Foundation, che sfrutta al meglio questo dogma dei libri di Asimov per offrire agli spettatori uno spettacolo visivo impagabile, ottimo biglietto da visita per una serie che rappresenta una sfida per AppleTV, che dopo il successo di serie come The Morning Show e Ted Lasso ha deciso di puntare a un progetto ambizioso per portare la sci-fi di alto livello nel proprio palinsesto.