Intervista a Neal Adams: "Gli eroi? Nei limiti del possibile devono essere perfetti"

In occasione di Lucca Comics & Games 2018 abbiamo avuto il piacere, e la fortuna, di intervistare Neal Adams, tra i riformatori del mondo del fumetto americano nell'epoca della Silver Age, e tra i più apprezzati artisti di Batman.

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a cura di Raffaele Giasi

Senior Editor

Incontrare e intervistare Neal Adams è una di quelle cose che non succedono spesso. Incontri Adams e sai che stai parlando con uno dei capimastri del fumetto americano. Non con un artista qualsiasi, stai parlando con l'uomo che ha ridefinito i canoni estetici ed anatomici di uno dei più grandi eroi di sempre, ovvero Batman, ed assieme a lui una buona parte degli eroi DC della Silver Age.

È ad Adams se dobbiamo il ritorno al Batman più cupo e crepuscolare, dopo la parentesi pop degli anni '60 resa celebre dai balletti e l'approccio scanzonato di Adam West. Cupo, determinato, completamente assorbito nella sua lotta al crimine, il Batman di Adams è certamente uno di quelli meglio scolpiti nell'immaginario collettivo, al pari di quello delle origini di Kane e Finger, ma anche di Dick Sprang e Frank Miller.

Una ridefinizione del personaggio così profonda e importante, da risultare, in sintesi, fondamentale per lo sviluppo del personaggio negli anni ’70 e a venire. Ecco perché intervistare Neal Adams ha il sapore di quell'occasione così preziosa nella vita di qualunque giornalista di settore. Un'occasione che in quel di Lucca Comics & Games 2018, complice l'allestimento di una mostra a dir poco eccezionale legata all'artista, non potevamo lasciarci scappare.

Anzitutto grazie per il suo tempo, so che è molto occupato

Non ho avuto scelta, mi hanno puntato una pistola alla testa (ride mimando con una pistola con le mani)

Cosa ne pensa della sua mostra qui a Lucca?

Siccome ci ho lavorato, dovrei dedurre che al pubblico possa piacere quanto è piaciuta a me, che l’ho molto apprezzata. Abbiamo collaborato molto a stretto contatto per realizzarla e sfortunatamente mancano molti dei miei lavori, che sono stati rubati, ma devo dire che settanta pezzi è comunque un buon risultato.

Vorrei parlare con lei di Batman Odyssey. Quando il primo capitolo fu pubblicato andò incontro a molte critiche…

Permettimi di dire questo. Il problema fu che non realizzavo fumetti su base regolare. Forse non lo sai ma per decenni ho lavorato in ambito pubblicitario e la pubblicità paga molto più del fumetto, almeno tre o quattro volte tanto. Perciò quando ho deciso di tornare nel mondo del fumetto e ho pubblicato quel primo capitolo, a fronte dell’ammontare di critiche ho chiamato DC Comics e detto loro “Ragazzi, su internet me ne stanno dicendo di tutti i colori”, la risposta è stata che avrei dovuto ignorarli.

Fu un errore e sai perché? Perché non sono in grado di passare sopra a certe cose. Anzitutto queste persone non avevano alcun diritto di dire certe cose, soprattutto con una tale arroganza. Avrei adorato ribattere per le rime, anzi avrei proprio dovuto farlo, ma alla fine ho deciso di seguire il consiglio di DC quando invece se la meritavano, una risposta. Perché tu davvero, comprato un libro di Stephen King e letto il primo capitolo, scriveresti subito una recensione? Che diavolo vuol dire? Non ho mai sentito una cosa simile in vita mia. Ah, ora mi è chiaro! Vuoi essere il primo. Vuoi solo fare l’idiota. Per quanto mi riguarda, criticare il primo capitolo fu talmente stupido come gesto da andare oltre la mia comprensione, dunque ho pensato che forse DC non avesse tutti i torti. No, non è vero.

Quelle critiche erano senza senso perché, personalmente, avrebbero dovuto aspettare che la storia fosse conclusa. E infatti, quando successe, tutto prese un’altra piega. Lei ha scritto una trama basata sul bene e il male ma non solo, c’è così tanto al suo interno…

Esatto! Potresti rileggere quella storia dieci volte e sempre trovare un aspetto nuovo.

Ricordo una critica in particolare che si focalizzava sul fatto che Neal Adams avesse scritto una storia dove Batman ha una pistola. Seriamente? Il primo Batman aveva una pistola, di cosa stiamo parlando? Questo dimostra come non conoscessero affatto il personaggio.

Precisamente, non sanno nulla. Certo, Batman ha una pistola ma avete fatto caso che non la usa mai contro le persone? Ed è proprio questo il punto focale della storia. Lui spara sopra la loro testa per spaventarle e a un certo punto c’è un dialogo in cui gli viene chiesto perché porti con sé un’arma, se tanto non ne fa quello che potremmo definire “il giusto uso”.

Questo perché il potere di Batman risiede nella paura. Vorrei ora parlare di lei in quanto scrittore: ricordo una storia de Lo Spettro intitolata Stop This Kid Before He Wrecks the World nella quale, riassumendo, estirpando l’alieno dal corpo del ragazzino quest’ultimo sarebbe morto. Sappiamo tutti com’è andata ma lei come persona cosa farebbe?

Mi fa piacere che tu ti sia ricordato di quella storia! Non importano i motivi, non potrei mai uccidere un bambino. Se avete letto fumetti da lì in avanti avrete notato come la situazione si ripeta ancora e ancora e ancora, perché altri scrittori l’hanno letta e pensato fosse una buona idea da riproporre.

Penso che il suo obiettivo sia probabilmente cercare di analizzare tutti i problemi della vita vera.

Ci sono molti contenuti nella letteratura, che si tratti di film o televisione o altro ancora, che sono cliché e incredibilmente stupidi. Ti dico il peggiore: c’è questa nave che si rovescia nell’oceano e i passeggeri cercano di scappare arrampicandosi lungo la nave. Ci sono venti persone tra cui l’eroe, che ha con sé una ragazza, un cane, un bambino… e assieme a queste venti persone cerca di scappare, ma lungo la strada muoiono tutti. Si salvano solo lui, la ragazza, il cane e il bambino. Mi segui? Perfetto, quello non è un eroe. Un eroe, uno vero, avrebbe salvato tutti perché è quello il suo compito. Al suo posto non avrei lasciato nessuno indietro, tutti sarebbero usciti vivi da quella situazione.

Dunque secondo lei un eroe deve essere perfetto.

Nei limiti del possibile, sì. Certo, si può fallire, ma se capita cercando di riuscire in tutto e per tutto nel proprio intento è un altro discorso. Non puoi chiamare eroe uno che fallisce e rimane vivo assieme alla ragazza, al cane e al bambino. Quello è un sopravvissuto, mi spiace, non un eroe.

Riguardo al discorso perfezione, lei ha detto una volta che ha costruito il suo Batman su questo concetto: se un uomo è in grado di fare una determinata cosa, allora Batman può farla. Al contrario, se fosse impossibile, Batman non riuscirebbe mai. È corretto?

Assolutamente sì. Ma non credi che uno dei maggiori problemi in letteratura sia la scelta di molti scrittori di prendere sempre la via più facile? C’è un aspetto molto divertente in National Lampoon's Vacation, in cui si parla di come scrivere bene – concetto non del tutto corretto, si tratta di come scrivere affinché funzioni – ed è stato fatto questo esempio. Immagina di scrivere una storia e avere questo personaggio di cui, a un certo punto, senti non aver più bisogno. Cosa fai? Lo fai investire da un camion mentre attraversa la strada.

Ancora, immagina di avere più personaggi, magari sei, di cui non vuoi più servirti. Cosa fai? Ovvio, li fai investire tutti da un camion mentre attraversano la strada. Riassume perfettamente il peggior modo di scrivere, perché stai cercando una soluzione rapida e – a tuo dire – efficace per andare avanti con il racconto. Non solo è il peggior modo di scrivere ma non corrisponde nemmeno alla realtà, lascia che te lo dica: se, per fare un altro esempio e ricollegarci alla questione dell’eroe e della nave, dicevo se stai camminando con me e qualcuno balza fuori all’improvviso con l’intento di fare del male, tu alla fine ne usciresti vivo. Ci penserei io a ucciderlo, per salvarti. Perché sono quel genere di persona e allora sono anche in grado di scriverne. Molti pensano di poter scrivere di aspetti che non li rispecchiano come persone ma un codardo come potrebbe mai realizzare un racconto basato sull’eroismo? Ne uscirebbe qualcosa, appunto, che non corrisponde alla realtà.

Ultima domanda, purtroppo. Un’altra storia di cui vorrei parlare è Snowbirds Don’t Fly, un racconto eccezionale perché lei e Dennis O’Neil siete stati i primi a parlare di droga nei fumetti.

Posso dirti da dove ebbe origine. C’era una collaborazione fra DC Comics e New York per realizzare un volume sulla dipendenza dalla droga. Dennis ed io ci offrimmo per buttare giù uno schema della storia, consapevoli che l’avrebbero distribuito nelle scuole. Lo slogan “Just say no” all’epoca era molto popolare e quando assieme a Dennis andammo a Phoenix House, un centro di riabilitazione, rimanemmo seduti per ore con alcuni tossicodipendenti chiedendo loro cosa ne pensassero del fatto che la marijuana non portasse poi all’uso di eroina e dunque alla dipendenza. Risero perché “ovvio che la marijuana spinge verso l’eroina e la dipendenza! Da una dipendenza non può che nascerne un’altra! Sentiamo questa fesseria ogni giorno in televisione ma qualunque eroinomane, prima di diventarlo, era assuefatto alla marijuana. È al 100% la più grossa idiozia mai detta”.

Al che abbiamo deciso di prenderci il dovuto tempo per capire la situazione, finché non siamo arrivati entrambi ad avere le idee più chiare a riguardo in modo da abbozzare un paio di schemi. Ce li respinsero perché scrivemmo che un tossicomane non era tale per via della dipendenza, era solo una vittima del processo che lo portava a diventare dipendente. Questo non vuol dire che non ci siano persone già predisposte alla dipendenza, o che lo facciano in ogni cosa a prescindere dal contesto, ma immagina questa scena: un ragazzino torna a casa dopo una giornata pesante a scuola, è stanco, gli è stato assegnato un compito particolarmente impegnativo che lo terrà impegnato a lungo. La madre gli chiede se ha intenzione di uscire con gli amici ma lui risponde che ha troppo da fare per via del compito assegnatogli. Più tardi arriva il padre, si siede di fronte alla tv fumando un sigaro, chiede qualcosa da bere alla moglie – un whiskey – e non alza nemmeno il culo per accendere la televisione che vorrebbe vedere, lasciando fare ancora una volta alla moglie. Dopodiché lei si avvicina al figlio dicendogli “non badare a tuo padre, ha avuto una giornata molto difficile”. A quel punto il ragazzo si trova a pensare che anche lui ha avuto una pessima giornata ma, a differenza del padre, non viene premiato in alcun modo e anzi, gli tocca altro lavoro in più. Chiaro? Se quel ragazzo dovesse diventare un tossicodipendente, di chi sarebbe la colpa?

Voleva solo un po’ di attenzione…

Esattamente. Voleva qualcosa che lo sollevasse dalla stanchezza della giornata, fossero un po’ di attenzioni oppure un’alternativa al compito che invece lo aspettava. Perciò io e Dennis abbiamo scritto questa sinossi nella quale si parlava dei veri problemi e della tossicodipendenza. Da questa esperienza è poi nata la copertina del fumetto.
Neal Adams è un artista straordinario, e in quanto tale varrebbe la pena acquistare qualunque cosa abbia la sua firma. Noi vi consigliamo questo bellissimo sketch book e, perché no, questa leggendaria storia con protagonisti Superman e... il pugile Muhammad Alì!