La Processione Funebre di K, la recensione del manga di Maki Kusumoto

Maki Kusumoto arriva in Italia con una storia che ha fatto scuola nella cultura manga del panorama underground giapponese: La Processione Funebre di K.

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a cura di Giovanni Arestia

La mangaka Maki Kusumoto arriva finalmente in Italia, grazie ad Edizioni Star Comics, con una storia che ha fatto scuola nella cultura manga del panorama underground giapponese degli anni '90. Stiamo parlando de La Processione Funebre di K, pubblicato nel nostro Paese in un volume unico e facente parte della collana Wasabi, inaugurata lo scorso anno con opere come Il Giardino Dell’EdenNote dall'appartamento 107, dedicata al filone manga basato su storie più mature e opere di artisti di nicchia che si allontanano parzialmente dallo stile canonico giapponese.

La Processione Funebre di K: un funerale ambiguo tra bara vuota e partecipanti variopinti

Il titolo dell'opera è emblematico e infatti La Processione Funebre di K, opera realizzata da Kusumoto nel 1994, parla proprio di un funerale abbastanza misterioso ed inquietante. Il defunto, il Signor K, non è stato trovato e la bara è vuota. Nessuno dei presenti, ovvero gli inquilini dello stesso condominio, ha idea di dove possa essere il corpo, ma tutti sono sicuri del fatto che il Signor K è morto.

Gli inquilini sono persone fuori dal comune e lo stesso edificio sembra sorgere in un universo tutto suo: abbiamo uno strano signore che passa il tempo nella vasca e gira costantemente con degli occhialini da piscina, un ingegnere tuttofare e proprietario dello stabile che per l'occasione del funerale diventa parroco, un macellaio con una piccola bottega al primo piano che vende pregiati pezzi di carne e regala misteriose uova sempre diverse, una donna vanitosa e la madre, uno strano signore che giornalmente chiede di raccogliere dei misteriosi Morcufara e una bellissima e sprezzante ragazzina con cui alle volte il morto si intratteneva in lunghe chiacchierate.

All'improvviso, durante la cerimonia, arriva un nuovo inquilino di nome Mikaya che casualmente occuperà l'appartamento numero 301, ovvero lo stesso abitato dal Signor K fino al giorno della sua morte. Una volta scoperta la storia, il nuovo entrato inizia a vivere delle strane vicende che lo porteranno ad indagare sulla morte di K insieme agli strambi inquilini del condominio. Da quel momento la storia prenderà dei risvolti molto particolari e inaspettati ricchi di colpi di scena.

Un josei atipico tra Kafka e Agatha Christie

La Processione Funebre di K non è un manga per tutti sia per stile grafico, sia per struttura organizzativa - alcuni capitoli non hanno pagine o titoli e l'intro addirittura è messa alla fine del volume - che per tematiche trattate, ma è un manga che ad un lettore più esperto potrebbe non solo piacere, ma ricordare le opere classiche di autrici come Ai Yazawa, Kaoru Mori e Asumiko Nakamura. Si tratta, infatti, di un josei, ovvero un manga dedicato a un pubblico femminile adulto, atipico poiché le tematiche trattate coinvolgono ogni tipologia di lettore e solo nella fase finale si avvicina agli stilemi del genere.

Maki Kusumoto è una delle artiste più note in Giappone proprio grazie alle tematiche dei suoi manga che si incentrano soprattutto sulla morte e sull'amore, due temi centrali de La Processione Funebre di K. Questa volta, però, le due tematiche si intrecciano in un mondo quasi onirico dove la sospensione dell'incredulità è d'obbligo per il lettore che altrimenti rischierebbe di smarrirsi nel turbinio di realismo fantasioso di cui è avvolta la storia. Quest'ultima, inoltre, prima si incentra sulla ricerca del corpo di K, poi del colpevole della sua scomparsa e infine sulla stessa figura di K per sbrogliare il misterioso bandolo della matassa.

K, sebbene non venga mai detto esplicitamente, è una lettera che porta subito alla mente Kafka e la sua narrativa. La figura e lo stile dello scrittore aleggia in tutta la vicenda: il condominio ricorda la struttura confusionaria e labirintica de Il processo, soprattutto quando si rompe l'ascensore e tutti gli inquilini si ritrovano a girovagare per lo stabile tramite la tortuosa scala a chiocciola, i personaggi sono criptici e solo parzialmente definiti, a tratti anonimi e a tratti interessanti e infine lo stesso K è conosciuto come un grande scrittore.

Ognuno, infatti, ha il suo ruolo nella vicenda e a tratti la storia prende delle pieghe molto simili alle opere di Agatha Christie come Assassinio sull'Orient Express. Tutti i personaggi, però provano grande ammirazione e rispetto nei confronti del silenzioso e quasi invisibile K. È proprio con questo incipit che l'autrice si spinge oltre, andando a toccare le corde dell'irreale e del fantastico, arricchito da tavole bianche su sfondo nero e da sfondi totalmente inesistenti caratterizzati da un bianco celestiale. Ogni appartamento rispecchia, sia nell'arredamento che nel mobilio, le stranezze e il carattere del suo inquilino e quando si inizia ad indagare, su K inizia a posizionarsi un alone di sacralità inquietante che si mostra anche nei sogni e nella psiche degli stessi inquilini. 

Narrazione contorta tanto quanto lo stile artistico

La trama è quindi abbastanza lineare: vi è il funerale di K, la bara è vuota, si cerca il corpo e si indaga sugli inquilini. La narrazione, però, è geniale e contorta: tutto inizia con uno degli inquilini che cerca gli stravaganti Morcufara e finisce con la spiegazione di chi era K con dei colpi di scena davvero ben piazzati e per nulla telefonati. Questo traspone anche nelle pagine interne che si mostrano a colori, ma utilizzano solo tre tinte: nero, bianco e un tocco occasionale di rosso vivo per le scene chiave.

L'estetica è a metà tra il punk, il gotico e il noir con delle citazioni agli anni '80 e agli inizi degli anni '90. I personaggi di questo manga sono i classici esempi di belli, ma dannati come quasi tutte le star della scena musicale dell'epoca. Gli abiti prendono spunto dalla moda europea di quegli anni, ma si mescolano con ricorrenti simboli cristiani e agli abiti indossati dagli anticonformisti giapponesi che si avvicinavano agli anni '90 volendo comunque rimanere ancorati ai gloriosi anni '80. La Processione Funebre di K è anche un'opera virtuosistica che permette all'autrice di mettere in mostra tutte le sue doti artistiche e narrative.

I volti allungati, i corpi longilinei e i capelli lunghissimi prendono spunto da Nana di Ai Yazawa, ma sono anche i tratti distintivi dello stile di Kusumoto e calzano a pennello con la storia narrata. Il tratto leggero e sottile contribuisce a sua volta a rendere i personaggi quasi illusori dando quella sensazione di fluttuazione ed estraniamento che abbiamo spiegato poco sopra. Questa sensazione viene rafforzata dalla struttura delle tavole e dalla rappresentazione di alcune ambientazioni. Ad esempio, il mostrare periodicamente la scala a chiocciola usata dai protagonisti per recarsi nelle loro abitazioni permette di dare al lettore l'idea di una storia psichedelica a metà tra realtà e finzione.

La narrazione, infine, è strutturata in blocchi cronologicamente sparsi e fa uso di flashback incisivi e necessari. Indubbiamente questo genera un po' di confusione nel lettore, ma è una sensazione voluta e fondamentale per spiegare il mistero dietro la vita e la morte di K. I dialoghi sono anch'essi confusi ed esagerati e mantengono il ritmo della lettura su livelli molto alti permettendo al lettore di godersi l'opera senza il rischio di annoiarsi.

I temi della morte e dell'amore vengono trattati con estrema leggerezza, come un normale avvenimento della quotidianità. Alcuni personaggi li venerano, provano dei desideri morbosi verso di essi poiché, consapevoli che prima o poi si dovrà fare i conti con essi, non vedono l'ora che accadano.

Il punto di vista editoriale

Dal punto di vista della componente editoriale, il volume realizzato da Edizioni Star Comics è di pregevole fattura ed eleganza. La copertina dorata e le prime pagine lucide ricordano vagamente lo stile barocco del manga. Il formato è leggermente più largo dei soliti manga e questo ne limita la facilità di trasporto, ma garantisce una migliore fruizione delle tavole e dei meravigliosi disegni anche grazie ad una rilegatura solida e a delle pagine ruvide di ottima grammatura. Il volume è quindi ben curato, peccato che non siano presenti dei curiosi extra.

Conclusioni

La Processione Funebre di K è quindi un'opera molto delicata che Maki Kusumoto riesce a confezionare alla perfezione, ma che non rende facile la fruizione a tutti i lettori. Le tematiche trattate sono pesanti, ma narrate con una leggerezza tale da risultare quasi offensiva per un determinato pubblico. Non mancano poi i simbolismi e alcune citazioni ad una cultura a metà tra il punk e il gotico che vengono rafforzate da un'estetica e da una narrazione portate all'eccesso del virtuosismo.

La scelta della sensei è stata certamente coraggiosa, soprattutto perché racconta esplicitamente le problematiche e i disagi giovanili degli anni '80 e '90, e piacerà senz'altro agli amanti di questo genere.