X-Men: le storie per conoscere al meglio i mutanti Marvel

Conoscere il mondo mutante Marvel: le storia degli X-Men da leggere per apprezzare la saga dei Figli dell'Atomo

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a cura di Manuel Enrico

Quale fumetto o volume acquistare per iniziare la lettura? Dove trovo le origini? Quali sono le storie imprescindibili? Per un gruppo di supereroi nato nel 1963, domande come queste sono assolutamente comprensibili, dato gli X-Men, gli amati mutanti di casa Marvel, hanno affrontato una serie incredibile di avventure, grazie a una felice alternanza di nomi celebri della Casa delle Idee che hanno contribuito a rendere i Figli dell’Atomo un tassello fondamentale del Marvel Universe. Grazie alla loro particolare figura di pariah sociali, alla metafora adolescenziale che ha inizialmente caratterizzato le loro storie, gli X-Men sono sempre stati il più adatto strumento marveliano per raccontare la società, trasformando i pupilli di Xavier in un affascinante ritratto di quel mondo fuori dalla finestra tanto caro a Stan Lee.

Entrare nel mito di una formazione supereroica di questa rilevanza non è certo semplice. Da quando la prima formazione mutante esordì nel 1963, la scuola di Xavier ha visto numerosi volti e svariate formazioni di X-Men muoversi nei suoi corridoi, ma a fare da legame a questa evoluzione generazionale è stata sempre una felice alchimia tra avventura e caratterizzazione emotiva, arrivando spesso a toccare le corde emotive dei lettori con straziante sensibilità. Quanto segue è una piccola guida che vi offriamo per avvicinarvi in modo sicuro al mondo mutante, andando a presentare alcuni dei capitoli essenziale del mito degli X-Men e svelando le tappe essenziali della vita dei mutanti marveliani.

Conoscere il mondo mutante Marvel: le storie degli X-Men da leggere per apprezzare la saga dei Figli dell'Atomo

LE ORIGINI

X-Men #1

Come da tradizione, la prima storia è sempre il punto di partenza ideale. Con la rinascita dell’interesse di supereroi durante la Silver Age, la Marvel aveva iniziato a dare vita numerosi protagonisti per i propri fumetti. Nei primi anni ’60 erano comparsi Spider-Man, Hulk, Thor, Iron Man e i Fantastici Quattro, figure che avevano iniziato a comporre quello che sarebbe inseguito divenuto il Marvel Universe.In questa fase, le origini dei personaggi erano figlie del periodo in cui la società americana si stava trovando. La scienza era spesso il punto di svolta nella vita di individui normali che diventavano eroi straordinari. Ragni radioattivi, raggi gamma e cosmici e armature fantascientifiche erano all’ordine del giorno, ma queste idee non potevano essere abusate, servivano nuovi spunti per continuare a creare nuovi personaggi.

Alla ricerca di una nuova meccanica narrativa che avvicinasse un pubblico adolescenziale come avvenuto in precedenza con Peter Parker, il duo autoriale Jack Kirby- Stan Lee puntò a creare una formazione di teen-agers, sollecitati dall’editore Martin Goodman, che vide nella Doom Patrol di DC Comics un’ispirazione.  Se Lee identificò nella parola mutazione una facile scappatoia alla trappola dell’abuso della weird science come fonte dei poteri dei personaggi Marvel, a Kirby va tributata il parto del concept essenziale degli X-Men, ossia l’idea di una formazione adolescenziale:

Per gli X-Men scelsi un approccio naturale. Cosa faresti con dei mutanti che sono sostanzialmente dei ragazzi e delle ragazze assolutamente che non sia pericolosi? Li istruisci, li aiuti a comprendere e sviluppare le proprie doti. Così, diedi loro un insegnante, il Professor X. Naturalmente, era la cosa più ovvia da fare, anziché disorientare e alienare persone che erano diversi da noi, io resi gli X-Men parte della razza umana, perché lo erano! Probabilmente, le radiazioni possono creare mutanti che ci salvino anziché farci del male. Sentivo che se avessimo allenato i mutanti a modo nostro, ci avrebbero aiutati, ma non solo, avrebbero raggiunto anche una crescita personale. Solo così, avremmo potuto vivere assieme

Il primo numero degli X-Men è il classico primo passo di una nuova serie. Lee aveva ideato una storia in cui i giovani mutanti (Scott ‘Ciclope’ Summer, Henry ‘Bestia’ McCoy, Warren ‘Angelo’ Worthington III e Bobby, Uomo Ghiaccio’ Drake) facessero subito impressione sui giovani lettori. Mostrando una loro sessione nella Stanza del Pericolo, si potevano vedere i poteri di ognuno, occasione in cui i pensieri di Xavier vengono utilizzati per guidare i giovani mutanti nell’allenamento dei propri poteri. Già nei primi numeri, si vedono emergere anche le caratteristiche caratteriali tipiche dei personaggi, dalla timidezza di Scott Summer, sempre pronto a farsi carico del peso della reponsabilità, alla spensieratezza di Bobby Drake, il più giovane del gruppo inizialie di X-Men. Queste emozioni vengono veicolate da Lee tramite dialoghi e pensieri dei protagonisti con una dialettica, per l’epoca, coraggiosamente innovativa, mai verbosa ma ricca di emozioni autentiche in cui il lettore potesse riconoscersi.

Quello che viene presentato in X-Men #1, arrivato nelle edicole americane il 7 luglio del 1963, è da considerarsi come l’origin story dei mutanti, ma non è la sola prima storia dei mutanti. Dopo una prima serie conclusasi per scarso successo, i mutanti ebbero infatti una seconda occasione nel 1975, quando le ristampe della prima serie diedero vita a un’occasione rara: un nuovo inizio. O come accaduto per i mutanti, una Seconda Genesi.

Seconda Genesi

Nato come fumetto dagli intenti commerciali, considerata la volontà di Marvel Comics di espandersi anche nel mercato estero, Seconda Genesi, affidato a Len Wein, presentò la prima formazione interazionale degli X-Men, introducendo figure divenute in seguito essenziali per il mito mutante come Wolverine, Colosso, Tempesta e Nightcrawler. Alla base della storia che sarebbe divenuta Seconda Genesi, la Marvel voleva una narrazione che fosse anzitutto un trampolino per il marketing. L’idea di creare una nuova squadra internazionale era mirata alla vendita in altre nazioni dei diritti dei personaggi, ma anziché seguire le indicazioni della direzione Marvel, Wein scelse di inserire nuovi eroi provenienti da nazioni in cui la TransWorld, distributore internazionale dei comics Marvel, non avrebbe mai avuto ingresso (come la Russia di Colosso). Se Marvel, dunque puntava ad un’operazione puramente commerciale, Wein mirava ad un nuovo inizio per i Figli dell’Atomo.

Al punto che Wein decise non solo di recuperare un personaggio precedentemente creato come comparsa in Hulk, un certo Wolverine, ma anche di segnare un deciso distacco dal precedente mondo mutante, che venne ribadito da una copertina con cui la nuova X-formazione entrava in scena squarciando l’ideale tela della precedente serie, e mettendo l’unico superstite della formazione originale, Ciclope, in secondo piano rispetto ai nuovi personaggi. Partendo dall’idea che la prima, storica formazione fosse caduta prigioniera di un misterioso nemico, Charles Xavier e Scott Ciclope Summers, unico sopravvissuto della prima squadra di X-Men, mettono assieme un nuovo team per andare in soccorso dei mutanti dispersi. La scoperta che il villain altri non è che Krakoa, un’isola senziente, porta a una rivoluzione nel mondo mutante, che proprio dopo questa avventura si ritrova a dover gestire non solo uno scontro generazionale tra due diverse formazioni, ma anche a vedere ampliare la propria rilevanza nel Marvel Universe, soprattutto con l’arrivo negli anni immediatamente seguenti di colui che possiamo considerare come il padre nobile della seconda vita dei mutanti: Chris Claremont.

House of X/Powers of X

Idealmente, da Seconda Genesi nasce anche una delle tante origini del mondo mutante. Pur concependo la continuity marveliano come un unicum narrativo, sovente viene presentato un ideale starting point per entrare nella vita dei personaggi, con la seducente dicitura di ‘nuovo inizio’. Nel caso di House of X/ Powers of X, siamo di fronte a una sincera premessa, considerato come questo arco narrativo ideato da Jonathan Hickman rappresenti un buon punto di partenza per invitare nuovi appassionati a conoscere l’universo mutante.

Storia nata come nuovo starting point mutante, divenuta poi centrale nello sviluppo del lungo corso della gestione Claremont e che è divenuta nuovamente attuale con l’Era Krakoana di Hickman, che proprio in Seconda Genesi vede il proprio fondamento. Immaginando un complesso racconto in cui il futuro degli X-Men passa dalla ricostruzione del loro passato tramite un colpo di scena che idealmente abbatte la barriera tra vecchi lettori e nuovi appassionati, Hickman ribalta l’assioma della vita mutante, ponendo i Figli dell’Atomo al vertice della società umana, creando una nazione mutante sull’isola di Krakoa, che passa da luogo a lungo odiato dai mutanti a Eden dell’utopia di Xavier.

Hickman compie un passo epocale. Il fulcro narrativo dell’epopea degli X-Men è sempre stato il loro essere fedeli a principi che venivano costantemente calpestati, ma che a costo di sofferenze e perdite loro continuavano a perseguire, animati dalla speranza che arrivasse infine il momento in cui anche i mutanti venissero accettati come parte della razza umana. Con House of X/Power of XHickman realizza il sogno mutante portando gli X-Men non su un livello paritario con l’homo sapiens, ma li pone su una posizione di superiorità. Fragile, certo, ma comunque di preminenza, creando una nuova società mutante di cui idea credo e tradizioni, con cerimonie e usanze, che traggono vita dalle esperienze passate e dall’idealismo di chi ora, come capo di una nazione, deve conciliare i nobili precetti con le necessità pratiche. Hickman dimostra di conoscere profondamente l’ambiente mutante, utilizzando vecchi dissapori, interi ed esterni alla comunità krakoana, per imprimere una nuova verve agli X-Men.

LA RUN

X-Men di Claremont

Per quanto si possa apprezzare l’indubbio merito di Lee e Kirby di aver creato gli X-Men, il loro abbandono della serie originale ha creato un evidente problema nel rendere i mutanti quella figura di spicco che l’editore si attendeva. La successiva chiusura della serie pare oggi incredibile, considerata la rilevanza del mondo mutante per l’universo marveliano, eppure è stata una tappa essenziale che ha consentito in seguito di dare vita a una gestione riformatrice, dopo l’uscita di Seconda Genesi, che può essere considerata come la vera fortuna degli X-Men.

Se da un lato sono facilmente identificabili fortunate gestioni del mito degli X-Men, è inevitabile che il primo pensiero dei fan della serie vada a Chris Claremont, autore britannico che ereditando da Wein gli X-Men ha reso i Figli dell’Atomo uno dei prodotti di punta della Casa delle Idee. Una gestione durata oltre un decennio, iniziata nel 1975 e terminata nei primi anni ’90, durante la quale Claremont ebbe modo di creare cicli divenuti leggende dei Mutanti (dalla Saga di Fenice Nera al primo graphic novel mutante, Dio ama, l’uomo uccide), dando ai pupilli di Xavier una vitalità impagabile. Merito soprattutto di un modo accorato di ritrarre tematiche attuali trasferendole con delicatezza su personaggi mai banali, presentando evoluzioni emotive e di rapporti personali capaci di sfidare una certa rigidità, strizzando anche l’occhio a nuove suggestioni provenienti da altri media, inserendo elementi tipici della grammatica soap o della fantascienza cinematografica del periodo.

Claremont non accetta di rendere gli X-Men una semplice allegoria dell’adolescenza come era nel loro concepimento, ma declina l’universo mutante sotto diversi aspetti. Se da un lato preserva il loro tratto teen creato i Nuovi Mutanti (seppure adeguando il tratto adolescenziale alla generazione contemporanea) dall’altro mira a creare momenti più drammatici ed attuali, utilizzando personaggi come Kitty Pride o Wolverine. Supportato da una serie di disegnatori del calibro di Cockrum, Byrne, Smith e Barry Windsor-Smith, Claremont si concede momenti rivoluzionari all’interno del canone narrativo marveliano, non solo tramite grandi archi narrativi, ma anche nella valorizzazioni delle piccole crisi quotidiane dei suoi mutanti, arrivano a realizzare dei gioielli come Il Professor X è un idiota, e dando maggior spessore alle figure femminili.

Trattandosi di una gestione piuttosto datata, il linguaggio del periodo può risultare oggi folkloristico, per via della traduzione italiana dell’epoca che cercava egregiamente di creare un’affinità all’immaginario nostrano di un linguaggio urbano colorito e al passo coi tempi. Va da sé che il recupero di una così lunga gestione può risultare complesso, e se da una lato è possibile grazie alla riproposizione di questo fortunato rinascimento mutante da parte di panini con la collana formato bonellide Integrale, dall’altro il consiglio è quello di recuperare i voluminosi ma completi Omnibus, sempre editi da Panini Marvel Italia.

L’EVENTO

 La Saga di Fenice Nera

Nella rivoluzione di Claremont, la delineazione dei ruoli femminili fu parte integrante della sua evoluzione del mondo mutante. Solitamente relegate alla seconda fila, le eroine in Claremont passano invece in primo piano sovente, che si tratti di avere un punto di vista privilegiato sull’adolescenza (Kitty Pride) o mostrare un taglio più adulto, esigenza cucita sulla donna per eccellenza del mondo mutante: Jean Grey. Sin dalla prima apparizione degli X-Men, Jean era l’unica donna del gruppo. Un ruolo che, specchio della mentalità dell’epoca, la aveva resa il centro dell’attenzione dei suoi compagni di corso. E anche del suo mentore, Xavier, che pur conoscendola sin da bambina, come si scoprì in seguito, non rimase insensibile al suo fascino, anche se questo slancio stile Nabokov venne dimenticato con sorprendente rapidità.

Jean Grey non era la classica ragazzina. Non solo per via dei suoi ovvi poteri mutanti, ma anche per il suo desiderio di non essere una semplice donzella in pericolo. Sin dal primo numero ostenta sicurezza nel mostrarsi a livello dei suoi compagni, ma inevitabilmente finisce per essere la damigella da salvare in alcune storie. Ma nella prima fase della storia degli X-Men, Jean assume importanza anche per via del rapporto che nasce con Scott ‘Ciclope’ Summer, che diventa una delle più amate e tormentata love story del mondo Marvel.

Se per gli X-Men la gestione Claremont è stata un nuovo inizio, per Jean è stata una vera rinascita, l’occasione di andare oltre quelle che sono le limitazioni di un personaggio tradizionale, per dare spazio a una concezione più moderna e, se vogliamo, autenticamente ribelle. La Jean de La Saga di Fenice Nera, nel suo andare oltre il limite, afferma la propria libertà, anche di rompere gli schemi e di mostrare una propria femminilità aggressiva. La forza di Fenice diventa per Jean un momento di rivoluzione. Come il mitologico animale, anche lei rinasce, priva di alcuni dei blocchi, mentali ed emotivi, che la avevano caratterizzata. Claremont la ritrae come un adonna più consapevole, non solo dei propri poteri ma anche di ciò che desidera e di come vuole esser realmente. La sua ritrosia nel mostrare il proprio potere, una delle sue caratteristiche tipiche, viene meno, sostituita da una voglia di affermarsi come donna padrona dei propri poteri. Mutamento che si riflette anche nel rapporto con Scott, che diventa quasi il transfert emotivo del lettore che assiste a questo cambiamento di Jean. Una Jean che diventa seducente, appassionata, finalmente libera dei limiti che erano stati i suoi freni negli anni precedenti.

Nel dare corpo a questa vicenda, Claremont inserisce aspetti non solo di emotività personale, ma gioca in modo accorto con l’ampio contesto narrativo dei mutanti, introducendo figure, come gli Shi’ar, che esaltano il comparto sci-fi degli X-Men. Anzi, proprio appoggiandosi a questo tratto della vita mutante riesce ad arrivare a un climax emotivo con cui assistiamo a una scena di sacrificio che, negli anni a venire, avrebbe influenzato in modo evidente diversi personaggi della X-family.  Ironicamente, proprio nel primo capitolo dell’arco narrativo poi noto come Saga di Fenica Nera, Dio protegga l’innocente, compare quella che sarebbe divenuta la ‘nuova’ Jean Grey per i nuovi X-Men, Kitty Pride. Quasi un passaggio di testimone tra la Marvel Girl del 1963 e questa adolescente alla scoperta di un nuovo mondo, che negli anni a venire avrebbe seguito un percorso di evoluzione interiore che avrebbe risentito spesso dell’influenza della figura di Jean.

Judgment Day

Un evento moderno, in cui la presenza di altre forze dell’universo Marvel viene legato alla sorte dei mutanti, andando a scavare nuovamente nella genesi dei loro poteri. Se nel concept iniziale dei personaggi era l’era atomica a caratterizzare la comparsa del gene mutante, nel corso degli anni diversi autori hanno fornito interpretazioni personali, ma è durante Judgment Day che abbiamo un momento particolarmente intenso per le sorti degli X-Men. Apparentemente, il gene mutante è una derivazione di una contaminazione di origini aliena che per alcuni Eterni rende i mutanti dei Devianti, un’anomalia genetica che mette a rischio il grande disegno che servono. Motivo per cui alcuni decidono di avviare una purificazione dei mutanti quando il segreto dei Protocolli di Surrezione diviene di pubblico dominio, rendendo quindi pressoché immortali i mutanti.

Kieron Gillen, supportato dai disegni del nostro Valerio Schitti, non manca di legare le sorti del mondo mutante a una lotta eterna che si basa su principi moralmente solidi, come la preservazione della vita e il ben noto pericolo dello ‘sterminio per paura’ che da sempre accompagnata i mutanti. Un conflitto che si sposta all’interno pianeta (quindi coinvolgendo diverse testate di altri eroi marveliani), ma anche nuovamente pone il mondo mutante in ruolo preminente, ricordando momenti epocali in cui le sorti dei Figli dell’Atomo portano sia a scelte complicate in seno alla stessa comunità mutante, che nei rapporti con gli altri eroi del Marvel Universe.

 

LA GEMMA DEL PASSATO

 Dio ama l’uomo uccide

La prima graphic novel del mondo mutante, datata 1982, rimane uno dei capitoli più accorati non solo della gestione Claremont. Pur avendo impostato il suo mondo mutante su una forte connessione al mondo reale, è con Dio ama, l’uomo uccide che Claremont mostra ai lettori la vera faccia di una società razzista e meschina, scevra di ipocrisie. Nel dare corpo a un villain lontano da quelle che erano i classici avversari degli X-Men, Claremont offre un ritratto graffiante e concreto della società americana, mettendo alla berlina telepredicatori e retaggi socio-culturali da cui gli States cercano sempre di distanziarsi, con scarso successo.

Una minaccia incredibile incombe sugli X-Men. La paura dei mutanti diventa un’ossessione per il reverendo William Stryker. Il suo odio per gli homo superior ha una radice profonda e personale, fonte di una determinazione che lo spinge a creare una setta che mira ad uccidere i mutanti, primo passo di una crociata che mira a rendere i mutanti il bersaglio di un odio razziale senza eguali. Gli X-Men si ritrovano ad affrontare una minaccia che non fa appello solo al loro eroismo, ma che li colpisce sul vivo, sul piano emotivo e sulla loro aspirazione ad esser finalmente accettati in un mondo che continua a vederli come scherzi di natura, come una minaccia.

Claremont lavora mirabilmente nell’enfatizzare l’emotività dei suoi personaggi. Ci mostra una Kitty Pryde che perde le staffe per colpire un ragazzo che appoggia pubblicamente Stryker, un contrasto forte con la figura delicata e quasi fanciullesca che caratterizzava Sprite, nonostante il suo ruolo centrale in Giorni di futuro passato (avvenuto cronologicamente prima di Dio ama, l’uomo uccide). Soprattutto, fa effetto vedere il cedimento apparente di Xavier una volta catturato da Stryker. L’umanizzazione dei personaggi è un tratto essenziale della scrittura di Claremont, che in Dio ama, l’uomo uccide tocca vette uniche. Abituati a vedere l’ostinazione di Xavier nel perseguire il suo sogno di convivenza pacifica, ritrovare questa figura essenziale del mito dei mutanti alle prese con dubbi e la tentazione di cedere è spiazzante, ma ha il merito di rendere ancora più avvincente il suo ruolo.

 LA GEMMA DEL PRESENTE

X-Men Legends

Opera ibrida, in cui autori che hanno lasciato un’impronta rilevante nella mitologia mutante durante gli anni ’90 tornano per raccontare capitoli apparentemente dimenticati di quell’epoca aurea degli X-Men. Inserendosi all’interno di cicli cult o di momenti apparentemente ininfluenti, i racconti brevi di X-Men Legends vanno oltre la mera operazione nostalgia, dando ulteriore contesto a un periodo essenziale della storia dei Figli dell’Atomo, inserendo dei piccoli riferimenti ad eventi recenti,  consolidandone la rilevanza.

 

IL WHAT IF…?

House of M

Direttamente dall’Era Bendis del Marvel Universe fumettistico, un arco narrativo che ha mostrato una realtà differente in cui i mutanti sono passati da specie sottomessa a vera e propria casta reale della Terra. Sulla scia di un maxi-evento come Vendicatori Divisi, i poteri fuori controllo di Wanda Maximoff diventano il punto di rivoluzione per l’interno universo della Casa delle Idee, una funzione che rende inevitabilmente i mutanti centrali in questa catena di eventi. L’artefice della caduta dei Vendicatori, seppure protetta a Genosha dal padre Magneto e dal fratello Pietro e curata dai poteri psichici di Charles Xavier, è come un’arma nucleare pronta a esplodere, con i suoi poteri di alterazione della realtà al centro delle preoccupazioni della comunità metaumana. Un timore che crea una spaccatura tra chi vorrebbe estirpare il problema alla radice e coloro che intendo proteggere Wanda, decisione che viene rimandata all’arrivo su Genosha, dove mentre gli eroi si ritrovano a dover fronteggiare questo lacerante dilemma, accade l’incredibile: il mondo cambia.

Al loro risveglio, Vendicatori, X-Men e gli altri metaumani si ritrovano in una realtà totalmente diversa. Wolverine si ritrova agente di punto di uno S.H.I.E.L.D. comandato da Sebastian Shaw, Peter Parker vive un’esistenza felice con la moglie Gwen e i suoi adorati zii Mary e Ben, Scott Summer e Emma Frost sono sposati e Stephen Strange è uno pischiatra. Ma soprattutto, i Mutanti non sono minacciati, ma hanno preso il controllo del mondo, relegando l’homo sapiens a un ruolo subalterno. L’ascesa dell’homo superior agognata da anni da Magneto è finalmente realtà, con buona pace dell’utopia della convivenza sognata da Xavier, dando vita a un dominio della Casa di Magnus, da cui anche il titolo: House of M, dove la M sta per Magneto. Una visione del mondo incredibile, in cui si sentono solo due voci discordanti: quella di Logan, che ha ricordi del mondo ‘reale’, e quella della giovane mutante Layla Miller, capace di libera i veri ricordi delle persone. Toccherà a loro risvegliare gli eroi e costringerli a una scelta: vivere il loro sogno o tornare nella realtà?

House of M divenne uno dei tasselli fondamentali del percorso di rinnovamento pianificato da Bendis. La figura di Wanda diventa sempre più centrale, tanto che proprio a lei lo scrittore riserva una battuta nell’atto finale di questo arco narrativo, che avrà un grosso impatto sui Figli dell’Atomo: Basta mutanti. Vedendosi utilizzata come uno strumento da tutti, Wanda infatti matura la convinzione che i mutanti siano un pericolo, un cancro per la sicurezza del mondo, come lei stessa ha dimostrato con i suoi poteri privi di controllo. Con quell’urlo rabbioso, Bendis lascia che Wanda porti i mutanti all’esistenza, lasciando solo 198 mutanti ancora tali nel mondo, privando dei poteri nomi amati come Bobby ‘Uomo Ghiaccio’ Drake o il fratello Pietro, alias Quicksilver. n momento epocale, che segna l’inizio di una nuova era per gli X-Men, passati dall’essere sull’orlo di essere una forza sociale riconosciuta al ruolo di specie in via di estinzione, con la Scuola di Xavier trasformata in una sorta di eremo.

IL VOLUME PER IL NEOFITA

Noi siamo gli X-Men

Nell’avvicinarsi ai personaggi Marvel, la collana di antologie introduttive Io sono rappresenta uno dei modi migliori per recuperare i tasselli essenziali di queste figure complesse, spesso caratterizzate da momenti epocali di difficile recupero. Anche per gli X-Men è stato realizzato un volume simile, Noi siamo gli X-Men, in cui la presenza di storie cult e fondanti per la cronologia del mondo mutante è accompagnata da un comparto redazionale accurato che non si limita a contestualizzare la specifica storia all’interno della vita editoriale dei personaggi, ma si arricchisce di nozioni legate al percorso creativo e alla rilevanza all’interno del mosaico dell’universo della Casa delle Idee.

IL VILLAIN

Magneto

Il nemico per eccellenza dei Figli dell’Atomo, sin dalla loro prima apparizione, Erik Leshner, meglio noto come Magneto, è stato a lungo il lato oscuro del sogno mutante. Reduce dai campi di concentramento della Seconda Guerra Mondiale, Magneto è inizialmente compagno di Xavier nel suo progetto di pacifica convivenza, salvo poi maturare una diversa idea di integrazione. Non un villain monolitico, capace di andare oltre la semplice caratterizzazione di villain ma mostrando una vena a tratti messianica, arrivando a maturare una crescita personale che lo avvicina alle posizioni degli X-Men all’occorrenza, specialmente dopo gli anni ’80, quando si va oltre la facile distinzione buoni/cattivi. Saghe come L’Era di Apocalisse, il sogno di Genosha o l’attuale caratterizzazione dell’Era di Krakoa ci consegnano un Magneto mai banale o scontato. Complesso e ricco di lati da scoprire, ispiratore e affascinante, capace di instillare il dubbio sulla concretezza del sogno di Xavier anche nei suoi pupilli, muovendo fili e trame con una lucida precisa.

Per comprendere al meglio Magneto si potrebbero citare decine di storie, ma la vera origin story del personaggio può essere ricondotta a Testamento, racconto firmato da Greg Pak per i disegni di uno strepitoso Carmine di Giandomenico. Niente X-Men, niente eroi, torniamo nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, non vediamo Magneto ma Erik, siamo testimoni dei drammi e delle sofferenze rendono un ragazzo con un dono un uomo soffocato dall’odio e in cerca di una vendetta, dando vita al villain conosciuto nei comics degli X-Men, ma raccontando una struggente storia delle origini

LA FINE

X-Men The end

Dopo averne raccontato per anni le storie, nel 2004 Chris Claremont torna nel mondo mutante per raccontare un what if…? atipico, che svela un potenziale finale della saga dei mutanti. Proiettato in un futuro non troppo lontano, gli X-Men devono affrontare una minaccia che riunisce alcune delle minacce più letali della loro storia, che Claremont unisce in un racconto equilibrato e capace di unire diverse ere della storia mutante. Diviso in tre capitoli (Sognatori e demoni, Eroi e Martiri, Men e X-Men), questo arco narrativo rappresenta un convincente endgame per il mito mutante.

Presentato in Italia da Panini tramite volumi brossurati di piccola foliazione, X-Men: The End è stata suddivisa in tre libri, ognuno diviso in tre capitoli. Difficile reperire questa chicca del mondo degli X-Men, ma la ricerca di quest’ultima avventura dei pupilli di Xavi