Y: L’Ultimo Uomo, dal fumetto alla serie tv

Il fumetto Y: L'Ultimo Uomo diventa una serie tv, ma cambiando il contesto sociale di uscita l'effetto dei due prodotti è diverso. Una analisi.

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a cura di Giovanni Zaccaria

Dopo una attesa lunga anni, è arrivato il momento del debutto sul piccolo schermo (leggete la nostra recensione dei primi 3 episodi della serie TV che hanno debuttato su Disney+ lo scorso 22 settembre) anche per il fumetto Y: L’ultimo Uomo ed è un ottimo momento per analizzarlo e capire quanto i due media siano importanti nel contesto temporale e sociale in cui nascono.

Io adoro Brian K. Vaughan, davvero, non ricordo di aver mai letto niente di suo che mi abbia deluso in questi venti anni e oltre di attività. E se Saga (eleviamo preghiere agli antichi dei affinché riprenda in maniera regolare, grazie) è forse la sua opera più famosa, il fumetto di Y: L’ultimo Uomo è senza dubbio quello che gli ha permesso di affermarsi come autore di successo nel comicdom americano, permettendogli anche di fare qualche saltino in televisione.

Era il 2002, esisteva ancora Vertigo, anzi erano anche anni piuttosto buoni per l'etichetta diretta da Karen Berger, visto che contemporaneamente al fumetto di Y: L’ultimo Uomo uscivano serie importantissime come Fables di Bill Willingham, si concludevano le vicende di Spider Jerusalem in Transmetropolitan di Warren Ellis o continuavano le run di Hellblazer e molti altri ancora. Più o meno un anno più tardi il mercato americano del fumetto avrebbe conosciuto quello che poi sarebbe diventato uno dei titoli post-apocalittici più popolari e di successo di sempre: The Walking Dead di Robert Kirkman (Image Comics).

Ma il nostro uomo di Cleveland, pur senza inventare nulla di trascendentemente originale, ci è arrivato un pochino prima a mostrare l’apocalisse mondiale e proprio sulle pagine del fumetto di Y: L’ultimo Uomo.

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Il fumetto Y: L'Ultimo Uomo, la nascita

Ora che la carta stampata si è trasformata in un serial televisivo per Star (al momento della scrittura del presente articolo sono disponibili i primi tre episodi su Disney+), il plot lo avrete letto sicuramente in giro: improvvisamente, senza una apparente ragione, tutti gli esseri viventi di sesso maschile muoiono, preda di profonde emorragie. Non si salva nessuno, nemmeno gli embrioni o gli stessi spermatozoi.

Una tragedia immane, quasi una piaga biblica che sconvolge e condanna l’esistenza stessa sul pianeta. Chiunque sia dotato di un cromosoma Y cade stecchito a terra in una pozza di sangue. Il mondo tuttavia cerca di rialzarsi, di fingere che sia tutto recuperabile, che ci sia una spiegazione, una possibile via di uscita, un modo per continuare la riproduzione sulla Terra.

E forse un modo c’è per davvero, perché il protagonista del fumetto Y: L’ultimo uomo è Yorick, di fatto l’ultimo essere umano di sesso maschile ancora in vita. E la sua scimmietta da compagnia, il vispo Ampersand.

Perché sono vivi? Stanno semplicemente aspettando di crepare improvvisamente (a scoppio ritardato) senza rendersene conto? E quali sono le conseguenze di tutto ciò?

Beh, riguardo quest’ultima domanda, bisogna fare una precisazione: Yorick Brown è uno scapestrato che ancora fatica a mantenersi da solo, appassionato di escapologia, perennemente perso tra le nuvole e nel suo disordine, innamorato della sua migliore amica Beth, tanto da volerla raggiungere in Australia per poterle chiedere la mano, ma è anche (e soprattutto ai fini della nostra storia) il figlio della senatrice Jennifer Brown, rappresentante dell’Ohio al Congresso e, beh, una volta ammazzati tutti gli uomini, diretta detentrice del titolo di Presidente degli Stati Uniti d’America.

Già alla fine del primo volume (dobbiamo aspettare la terza puntata della serie tv) ci incammineremo verso un road trip che porterà il nostro protagonista e la sua scimmietta, assieme all’agente segreto 355, alla scoperta di una possibile spiegazione della sua esistenza, di una cura, di una fidanzata, di un’altra fidanzata e infine della verità.

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Il fumetto Y: L'Ultimo Uomo, prima di molti

Anche se le scene iniziali di morte e putrefazione improvvisa possono ricordare The Walking Dead, non confondete i due prodotti. I protagonisti della mitica serie di Kirkman hanno caratteri e ruoli fortemente impattanti. Rick Grimes è un leader, Herschel un uomo saggio e compassionevole, molto altruista, Negan un villain di prim’ordine.

Yorick Brown non è niente di tutto questo. Anzi, in mezzo ad un intero pianeta di donne si scopre insicuro, fragile, confuso, determinato solo per scopi personali e non certo per il bene del mondo. Il protagonista che dovrebbe seguire un percorso netto molto spesso si lascia trascinare dagli eventi o dai propri compagni di viaggio, alterna scatti di moderato eroismo a momenti di abbattimento totale.

Yorick, il protagonista del fumetto Y: L’ultimo Uomo è davvero uno qualunque, anzi per la prima parte della storia è pure qualcosa di meno. E poi The Walking Dead abbonda di combattimenti e azione, a volte pure al limite, mentre in Y: L’ultimo Uomo non è poi così tanta.

Ma allora, mi chiederete voi, perché è così bello questo fumetto da essere diventato una serie tv ma soprattutto da essere ricordato come una delle migliori sceneggiature di Brian K Vaughan?

Perché è stata (e rimane tuttora) una grande storia di umanità, di analisi dell’universo femminile e un prodotto di una genuinità ed efficacia pazzeschi. Insomma, in mezzo a tante paraculate contemporanee, questo fumetto brilla di una luce propria molto autentica. Era il 2002 e i media non erano tempestati di diatribe, polemiche e sfruttamenti (mediatici, appunto) sull’omosessualità o sulla identità di genere. Non c’era la necessità di montare sul carro del momento per gridare al mondo di essere a favore della libertà sessuale (come se questo rappresentasse una cosa buona e non una cosa normale e sacrosanta).

La gente non si indignava se Chris Pratt prestava la voce a Super Mario o se Morte, sorella di Morfeo di Sandman, veniva rappresentata con la pelle bianca o nera. Attenzione: non sto dicendo che al tempo si viveva meglio. Oggi per fortuna le tematiche legate alla libertà e identità sessuale si sono fatte più grandi, comuni, alla portata di tutti. Termini come LGBTQ+ e messaggi di apertura si sono fatti strada nella società e questo è un gran bene, ci mancherebbe.

Mi riferisco a quell’atteggiamento fortemente ruffiano e del tutto privo di reale trasporto umano in cui si fa a gara a chi è più (fintamente) LGBT friendly o a quanti personaggi possono cambiare colore della pelle o appartenenza etnica. E non fate i finti tonti che sapete perfettamente di cosa parlo.

Nei primi anni 2000, quindi, trovarsi di fronte ad una storia ottimamente (tanto) scritta, con uno scenario apocalittico (al quale ormai oggi siamo molto più che abituati) in cui un uomo, eterosessuale (o cisgender, se preferite), si trova ad essere l’unico rappresentante del suo genere in un mondo completamente di donne, beh era dannatamente interessante, ma senza generare quel velo di polemica e ruffianate che invece avremmo visto se fosse uscita adesso.

Non vi vedo ancora convinti, vediamo se funziona qualche esempio: mi riferisco a domande tipo: “come può un uomo bianco di Cleveland scrivere una sceneggiatura che parla anche di una donna nera impiegata nei servizi segreti e quindi soggetta all’autorità di una classe politica bianca?” oppure “ma come fa uno sceneggiatore cisgender a descrivere e quindi comprendere i sentimenti di un transgender in mezzo ad una apocalisse?”. Potrei continuare all’infinito. Nessuna di queste domande è mai venuta in mente a me o agli altri lettori del fumetto Y: L’Ultimo Uomo, tant’è che ha ottenuto molte candidature e premi, tra cui un Eisner.

Oggi le storie di apocalissi zombie e simili non tirano più; vedere i quartieri abbandonati privi di persone non impressiona. Ma se c’è la possibilità di sfruttare temi come l’emancipazione sessuale, la libertà e l’identità di genere, le comunità transgender, cisgender ecc. scattano tutti gli allarmi dell’interesse mediatico.

Il fumetto Y: L'Ultimo Uomo, che succede sullo schermo?

Ed ecco quindi che pur mantenendo intatto l’incipit e il soggetto, la serie tv ha fatto un passo più in là, introducendo dei personaggi, in particolare uno, che nel fumetto Y: L’Ultimo Uomo non esistevano.

Perché non è del tutto corretto dire che Yorick Brown è l’ultimo uomo rimasto sul pianeta; è l’ultimo uomo con cromosoma Y, perché di fatto ci sono ancora molte persone, nate donne, che hanno deciso di fare una transizione, come Sam Jordan, interpretato da Elliot Fletcher, che entra nella vicenda. Un confronto interessante in realtà, non immaginato dall’autore, ma che può essere validissimo, se trattato con una genuinità di cui oggi dubitiamo istintivamente.

Se il primo volume (sono undici in tutto e Panini DC Italia li sta ristampando proprio in queste settimane in formato brossurato e abbastanza economico) parte già in quinta, facendo incontrare Yorick con la madre e l’agente 355, in partenza per incontrare la famosa genetista dottoressa Mann, la serie tv si prende decisamente più spazi e tempi, concentrandosi molto sulle reazioni del personale politico, dei militari più che sul viaggio che comincerà dal quarto episodio in poi. Tutte cose un pochino già viste.

In questo momento la serie tv Star Original non ci ha ancora mostrato il suo vero potenziale. Questa Terra in cui vivono solo le donne non ha ancora sondato i grandi temi legati al femminismo e alle problematiche del mondo che in effetti hanno spesso uomini collegati alle stesse.

Ma ancora oggi, a quasi venti anni dalla sua prima pubblicazione, il fumetto Y: L’Ultimo Uomo brilla per una scrittura così genuina e attenta da essere di esempio. Anche i disegni di Pia Guerra, nel loro stile realistico e composto, adeguato alla narrazione, sembrano trasmettere questo mood. Pia Guerra non cerca il sensazionalismo o le splash che sembrano davvero schizzare fuori dalle pagine. Ci suggerisce invece che questa è una storia intima, ricercata, sensibile. Quanto i suoi diversi protagonisti, che alla fine si contano sulle dita di una mano, nonostante ci sia un intero pianeta ad essere coinvolto.

E non stiamo parlando di un fumetto tutto dialoghi e quesiti esistenziali: di sangue se ne vede tanto, così come i plot twist sono avvincenti e veramente sorprendenti (altra cosa a cui ci stiamo disabituando).

Al momento la serie tv, con i primi tre episodi non ci ha ancora trasmesso quel guizzo narrativo davvero particolare, ma è ancora presto per trarre conclusioni. Anzi, una cosa in termini assoluti la possiamo dire: leggete il fumetto Y: L’Ultimo Uomo, perché è un gioiellino del catalogo Vertigo da non farsi mancare in libreria.