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a cura di Manolo De Agostini

Ampere Computing, startup guidata dall'ex presidente di Intel Renée James, ha annunciato la disponibilità della sua prima generazione di chip ARM a 64 bit (ARMv8-A) per datacenter. Presentatasi al mondo lo scorso febbraio, l'azienda ha tolto i veli alla linea Ampere eMAG, già selezionati da Lenovo e diversi ODM per alcuni server.

"Abbiamo fatto enormi progressi rispetto a otto mesi fa e continuiamo a seguire lo sviluppo della nostra prima e seconda generazione di prodotti. Cosa più importante siamo in anticipo sui tempi nel realizzare una solida roadmap con più prodotti che incontri le prestazioni e le caratteristiche richieste dall'ecosistema del cloud computing", ha affermato proprio Renée James, presidente e CEO di Ampere, riferendosi alla nuova generazione di chip a 7 nanometri per piattaforme a singolo e multi-socket prevista per il 2019.

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L'azienda punta a offrire ai clienti un elevato TCO, sigla che sta a indicare il total cost of ownership, ovvero il costo totale di possesso. Questo lo si ottiene offrendo un rapporto tra prezzo e prestazioni competitivo, nonché consumi ridotti. I chip di Ampere sono due, uno con 32 core e frequenza turbo fino a 3,3 GHz dal prezzo di 850 dollari e uno con la metà dei core, frequenza massima identica e un prezzo di 550 dollari.

Le due soluzioni integrano un controller di memoria a otto canali DDR4-2667, 42 linee PCI Express 3.0 e sono realizzate con processo produttivo a 16 nanometri da TSMC, cosa che permette di contenere il TDP a 125 watt.

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Ampere Computing vuole rompere l'egemonia di Intel nel settore datacenter. Non sarà semplice, anzitutto perché non c'è più solo Intel, ma anche AMD con cui fare i conti. Complice il ritardo del processo produttivo a 10 nanometri di Intel, AMD si trova con i processori EPYC (la seconda generazione a 7 nanometri è quasi pronta al debutto) a poter guadagnare quote di mercato, offrendo alle aziende del settore non solo un'alternativa molto valida, ma anche la possibilità di usare software già ottimizzati per l'architettura x86.

Ampere offre invece chip basati su architettura ARM, la stessa dei chip per gli smartphone, anche se in veste potenziata e migliorata. Di conseguenza anche l'ecosistema software deve essere rivisto e ottimizzato.

L'azienda parte comunque da solide basi, ovvero il sostegno dell'hedge fund The Carlyle Group, una realtà che gestisce assett per un valore di 170 miliardi di dollari. Inoltre, non nasce dal nulla.

Ampere conta circa 400 dipendenti, inclusi 300 che ha incorporato da AppliedMicro Circuits. Di fatti il SoC di Ampere non è altro che un progetto di Applied Micro Circuits Corp. (AMCC) del 2015, noto come X-Gene 3.

Quel progetto non entrò mai davvero in produzione e dopo alcuni problemi finanziari, AMCC finì per essere acquista da Macom. Quest'ultima concentrò i suoi interessi su altri business di AMCC, mettendo da parte l'impegno in ambito server. Ed è a quel punto che arrivò il fondo The Carlyle Group, che ha acquisì team e progetti, per poi rinominare l'azienda in Ampere Computing e metterne a capo Renée James.

Oltre al CEO, sono tanti gli ex dirigenti e ingegneri di Intel e AMD a far parte di Ampere. Il Chief Architect è Atiq Bajwa, veterano con 30 anni di esperienza in Intel. Greg Favor, senior fellow, ha lavorato in passato con il team di AMD che è occupato delle architetture K6 e K7 e ha ricoperto il ruolo di Lead Architect presso AppliedMicro Circuits Corporation.

Anche Rohit Vadwans, vicepresidente esecutivo per l'ingegnerizzazione hardware, ha passato 26 anni in Intel a capo dello sviluppo di tutte le piattaforme. C'è anche Chi Miller, che agirà nel ruolo di direttore finanziario e operativo, in precedenza tra le fila di Intel e Apple.

Insomma, le persone sono valide, i progetti ci sono e anche i soldi, cosa che non guasta. Adesso starà al fronte marketing e a quello del supporto software trovare gli elementi giusti per convincere quanti più ODM e OEM possibili ad adottare le piattaforme Ampere.

Tra l'altro tra i primi sostenitori contiamo anche Oracle: i piani dell'azienda di Ellison non sono del tutto chiari dal punto di vista operativo, ma l'azienda ha spiegato che possiede il 20% di azioni di Ampere, quindi deve sicuramente averci visto del buon potenziale.