Ebbene sì, su Urano e Nettuno piovono diamanti!

Su Urano e Nettuno, a causa di pressione e temperature, si verifica uno strano fenomeno che chiamiamo pioggia di diamanti Di che si tratta?

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a cura di Alessandro Crea

A prima vista, Urano e Nettuno sono solo pianeti insipidi e noiosi composti di molecole poco interessanti. Ma nascondendosi sotto gli strati esterni di quei mondi, potrebbe esserci qualcosa di spettacolare: una pioggia costante di diamanti. Per comprendere di cosa stiamo parlando bisogna partire dall’inizio: Urano e Nettuno sono comunemente definiti come giganti di ghiaccio, ma il nome che gli astronomi usano per classificare i pianeti più esterni del sistema solare non ha molto a che fare con il ghiaccio nel senso in cui normalmente lo conosciamo.

Il termine è infatti utilizzato per distinguerli dai giganti gassosi come Giove e Saturno, costituiti quasi interamente da gas: idrogeno ed elio. È attraverso il rapido accrescimento di quegli elementi che questi enormi pianeti sono riusciti a gonfiarsi fino alle loro dimensioni attuali. Al contrario, Urano e Nettuno sono fatti principalmente di acqua, ammoniaca e metano. Gli astronomi chiamano comunemente queste molecole "ghiacci", ma in realtà non c'è una buona ragione per questo, tranne che quando i pianeti si sono formati per la prima volta, quegli elementi erano probabilmente in forma solida.

In profondità sotto le cime verdi o blu delle nuvole di Urano e Nettuno, c'è molta acqua, ammoniaca e metano. Ma questi giganti di ghiaccio probabilmente hanno nuclei rocciosi circondati da elementi che sono probabilmente compressi in stati quantistici esotici. Ad un certo punto, quella stranezza quantistica si trasforma in una "zuppa" super-pressurizzata che generalmente si assottiglia man mano che ci si avvicina alla superficie.

Ma a dire il vero, non sappiamo molto riguardo alle zone interne dei giganti di ghiaccio. L'ultima volta che abbiamo ottenuto dati ravvicinati di questi due mondi è stato tre decenni fa, quando Voyager 2 ha sfrecciato nelle loro vicinanze nella sua missione storica. Da allora, Giove e Saturno hanno ospitato più sonde orbitanti, ma le nostre vedute di Urano e Nettuno sono state limitate alle osservazioni al telescopio.

Per cercare di capire cosa c'è dentro quei pianeti, gli astronomi e gli scienziati planetari devono prendere quei magri dati e combinarli con esperimenti di laboratorio cercando di replicare le condizioni dell'interno di quei pianeti. La modellazione matematica aiuta gli astronomi a capire cosa sta succedendo in una determinata situazione sulla base di dati limitati. Ed è attraverso quella combinazione di modellazione matematica ed esperimenti di laboratorio che ci siamo resi conto che Urano e Nettuno potrebbero avere la cosiddetta pioggia di diamanti.

L'idea della pioggia di diamanti è stata proposta, per la prima volta, prima della missione Voyager 2 che è stata lanciata nel 1977. Il ragionamento era piuttosto semplice: sappiamo di cosa sono fatti Urano e Nettuno e sappiamo che le cose diventano più calde e più dense man mano che si va in profondità in un pianeta. La modellazione matematica aiuta a riempire i dettagli, come il fatto che le regioni più interne dei mantelli di questi pianeti probabilmente hanno temperature, in alcune regioni, intorno ai 7.000° kelvin (6.727° Celsius) e pressioni 6 milioni di volte quella dell'atmosfera terrestre.

Quegli stessi modelli ci dicono che gli strati più esterni dei mantelli sono un po' più freddi (1.727° C) e un po' meno intensamente pressurizzati (200.000 volte la pressione atmosferica terrestre). E quindi, è naturale chiedersi: cosa succede all'acqua, all'ammoniaca e al metano a questo tipo di temperature e pressioni?

Con il metano, in particolare, le intense pressioni possono spezzare la molecola, rilasciando il carbonio. Il carbonio trova quindi altri atomi di carbonio, formando lunghe catene. Le lunghe catene poi si stringono insieme per formare motivi cristallini come diamanti. Le dense formazioni di diamanti poi cadono attraverso gli strati del mantello fino a quando non diventa troppo caldo, vaporizzando e galleggiando di nuovo fino a ripetere nuovamente il ciclo, da qui la definizione di "pioggia di diamanti".