First Playable Fund e Decreto Rilancio, vi spieghiamo tutto nel dettaglio

Il Decreto Rilancio ha interessato anche il mondo dei videogiochi. Vi spieghiamo nel dettaglio il First Playable Fund e come funziona.

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a cura di Lorenzo Quadrini

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Il Decreto Rilancio, fresco di approvazione da parte del Presidente della Repubblica, ha interessato anche il mondo dei videogiochi. Cercando di evitare discussioni politiche o analisi di opportunità sulla manovra del Governo, che non appartengono a questi lidi, risulta opportuno dare un’occhiata più da vicino al testo legislativo, per poter offrire ai lettori un quadro preciso della situazione, ovviamente per quel che concerne l’industria videoludica.

Una premessa è d’obbligo: il testo in esame è un Decreto Legge, il quale come noto è contraddistinto da “necessità ed urgenza”. Le disposizioni in parola, quindi, andranno a decadere tra 60 giorni, a meno che il Parlamento non le approvi convertendo il disposto in legge. A giudicare dalla situazione politica della maggioranza attuale e della mole incredibile di incentivi inseriti nel DL, sembra remota l’evenienza che lo stesso possa decadere, ma rimane buona prassi evitare di considerare la norma come già definitiva.

Nasce il First Playable Fund

Punto centrale della nostra disamina è la creazione del First Playable Fund, un fondo di 4 milioni di euro (ma il DL specifica che si tratta di una cifra prevista solo per il 2020 e, quindi, destinata a rimpolparsi negli anni futuri) dedicato al mercato dell’intrattenimento digitale nazionale. Il riferimento normativo è l’articolo 38, titolato Rafforzamento dell’ecosistema delle start-up innovative, ai commi dal 12 al 17. Il Fondo è sotto il controllo del Ministero dello Sviluppo Economico, il quale sarà il destinatario delle diverse domande di richiesta di accesso, nonché il principale organo di controllo dei requisiti di ammissibilità.

Requisiti delle “spese ammissibili”

Il comma 13 specifica che il Fondo è dedicato a tutte le imprese in fase di concezione e pre-produzione di videogames, con obiettivo quello della realizzazione di prototipi di gioco. Le somme erogate, inoltre, sono a fondo perduto. Per quanto concerne la percentuale di spesa coperta, la norma parla del 50%, con un importo compreso tra 10’000 e 200’000 euro.

Il comma 14 delinea il concetto di spesa ammissibile, che rappresenta uno degli aspetti più importanti per tutte le SH interessate. Si parla di prestazioni lavorative e professionali interne o esterne all’azienda, spese hardware o software, il tutto però espressamente finalizzato alla realizzazione dei prototipi di cui sopra. Il videogioco oggetto di prototipo, a parola del comma 15, deve essere chiaramente destinato ad uso commerciale.

Requisiti delle imprese richiedenti

Altro punto fondamentale è quello del comma 16, che specifica i requisiti di accesso per le imprese. La legge apre il Fondo alle imprese con capitale sociale e patrimonio netto non inferiori a 10’000 euro, sede legale nello Spazio Europeo, soggette a tassazione in Italia e con classificazione ATECO 58.2 o 62. Ricordiamo che la classificazione ATECO rappresenta un indice ISTAT di categorizzazione dell’attività economica.

Infine il comma 17 specifica le tempistiche di realizzazione del prototipo, una volta avuto accesso al Fondo: 18 mesi dal momento del riconoscimento di ammissibilità della domanda.

Un ottimo primo passo

Questi, quindi, i punti chiave della regolamentazione del First Playable Fund. Alla luce di questa prima lettura, perciò, la domanda è: si tratta di un provvedimento utile ed efficace? Indubbiamente un primo grande risultato è quello di aver fatto trovare spazio, all’interno del panorama legislativo del nostro Paese, al videogioco, quale categoria economica non più ignorabile dalla politica nazionale. In tal senso vanno inoltre riconosciuti i meriti di IIDEA, l’associazione di categoria che ha lavorato in prima linea per l’approvazione della misura di sostegno contenuta nel DL. Un sintomo evidente della presa di coscienza del legislatore nei confronti del mondo videoludico.

Sicuramente meno impressionante, al netto delle dichiarazioni ad effetto, è il quantum della manovra. I 4 milioni di euro del Fondo, rispetto al giro di affari miliardario del medium in Italia, non possono che essere un primo passo verso riconoscimenti più importanti e meritevoli del peso del settore nella nostra economia. Infine una piccola critica va mossa anche alla timidezza con il quale sono state coinvolte solo imprese già rodate, capaci di aver investito un capitale sociale “classico” (i 10’000 richiesti per le SRL ordinarie, per esempio). Escluse dal novero tutte le piccole software house a capitale ridotto, come le SRLS, che però rappresentano indubbiamente una realtà da dover, prima o poi, incentivare. Permangono inoltre dubbi sulla valutazione di ammissibilità della domanda, ancorata a questo concetto di “prototipo” che, si spera, non vada ad escludere lavorazioni già in corso o produzioni “satellitari”.

In conclusione è evidente che il First Playable Fund funge da strumento di tutela, più che di incentivo alle imprese videoludiche, ponendosi come misura anti-crisi per tutte quelle SH già abbastanza rodate, che abbiano necessità di fondi economici per coprire spese lavorative o tecniche. La sua importanza è innegabile, soprattutto dal punto di vista concettuale. L’augurio, però, rimane quello di vedere il Fondo, da qui a qualche anno, come un semplice first step, verso un riconoscimento politico e legislativo ancora più corposo ed in linea con l’importanza del settore.