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Man of Medan Recensione: il nuovo horror dagli autori di Until Dawn

Man of Medan sarà presto disponibile su PC, PS4 e Xbox One. Scopriamo nella nostra recensione com'è questo nuovo horror, figlio di Until Dawn.

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a cura di Nicola Armondi

In sintesi

Man of Medan è un'avventura cinematografica horror, primo capitolo della The Dark Pictures Anthology. È sviluppato da Supermassive Games.

Supermassive Games non è un nome particolarmente famoso presso il largo pubblico videoludico. La software house inglese, fondata nel 2008, ha lavorato per vari anni a piccoli giochi o come team di supporto nell’ecosistema PlayStation, trovando poi uno spazio sotto i riflettori grazie ad Until Dawn (PS4, 2015), avventura narrativa cinematografica dal taglio horror. Dopo di che, il gruppo si è dedicato di nuovo a produzioni minori, perlopiù per la VR. Ora, Supermassive torna alla ribalta con un nuovo progetto che è praticamente figlio di Until Dawn: The Dark Pictures Anthology. Quest’ultimo non è un gioco ma, come il nome fa perfettamente intuire, una raccolta di opere indipendenti che condividono lo stesso stile. Il 30 agosto uscirà su PS4, Xbox One e PC il primo titolo di questa antologia: Man of Medan. Vediamo di cosa si tratta.

Man of Medan, si inizia con l’acqua alla gola

Al pari di ogni opera futura, Man of Medan si basa su miti e leggende reali. Questo capitolo, senza fare spoiler, verte attorno a una nave sperduta nel pieno oceano Pacifico. Tutto però inizia un po’ prima, su una barca per immersioni e con un gruppo di giovani che stanno organizzando una vacanza all’insegna dell’avventura.

Prenderemo il controllo di cinque personaggi: Alex, Brad, Conrad, Julia e Fliss. Brad è il fratello di Alex, il quale è fidanzato con Julia, sorella di Conrad. Fliss, invece, è la skipper assunta per guidarli a fare immersioni. Il loro obbiettivo è un relitto di un aereo, perduto in mezzo alle acque dell’oceano. La vicenda subirà rapidamente un piega drammatica e porterà i personaggi su una nave della seconda guerra mondiale, dove la paura e la morte saranno in attesa.

Esattamente come in Until Dawn, il nostro scopo sarà guidare i personaggi, decidere cosa far dire loro (tra due scelte disponibili), influenzare i loro rapporti e tentare di farli sopravvivere… sempre che sia quello che vogliamo. Ogni scelta, in Man of Medan, ha una significativa conseguenza: sia chiaro, non lo diciamo con leggerezza. La nuova opera di Supermassive Games è veramente densa di eventi unici e conseguenze particolari legate alle nostre azioni. Anche la più piccola variabile concorrerà a modificare il destino dei personaggi, i luoghi che andranno a visitare e la composizione del gruppo.

In Until Dawn avevamo “l’effetto farfalla”, mentre in Man of Medan abbiamo la “moralità”, rappresentata da una bussola nella quale si “sommeranno” tutte le decisioni legate tra loro, così da permetterci di tenere traccia di quello che sta accadendo e capire cosa ha determinato un certo risultato.

Man of Medan può contare su molti scenari ed eventi unici, ma ovviamente il nucleo principale della trama, che fa da base alla leggenda della nave fantasma, rimarrà invariato. Proprio quest’ultimo è, purtroppo, il punto più debole della narrazione del gioco. Non possiamo garantire che sia così anche per voi, ma nel nostro caso abbiamo capito cosa fosse successo dieci minuti dall’inizio del prologo, a causa di una scena fin troppo chiara ed esplicita. Sotto questo punto di vista, Until Dawn era molto più strutturato e sorprendente, visto che mescolava molteplici elementi horror e ingannava (in senso positivo) il giocatore più volte, prima di fargli scoprire cosa stesse veramente succedendo.

Tutto da buttare, quindi? Assolutamente no. Per iniziare, parte importante del gioco è ciò che sta accadendo ai cinque protagonisti e al loro viaggio d’orrore. Indipendentemente da quale sia la minaccia, è oggettivo che i giovani sono in pericolo e vorremo scoprire in che modo potranno cavarsela. Inoltre, attorno al nucleo della trama gravitano una moltitudine di dettagli sugli ultimi giorni e ore della ciurma, la quale ha lasciato in giro per le varie ambientazioni più di cinquanta indizi da trovare.

Nota dopo nota, appunto dopo appunto, tracceremo le ultime ore di vita di decine di persone. Il lavoro di scrittura di Supermassive Games è notevole e sarà piacevole collegare tutti gli avvenimenti l’uno all’altro. Questo è anche facilitato dal gioco stesso in due modi. Per iniziare, il menù dedicato agli indizi li propone in uno schema che raduna a blocchi le scoperte legate a uno stesso fatto. Non solo potremo percorrerli con comodità, ma questi si aggiorneranno in automatico, proponendo descrizioni extra man mano che troviamo indizi collegati, così da spiegarcene nel dettaglio il significato. Inoltre, in specifici punti del gioco i personaggi discuteranno di quello che sta accadendo, facendo il punto della situazione basandosi sugli indizi che abbiamo recuperato: proseguire con tranquillità, cercare tutti i “collezionabili” ed evitare di avanzare in fretta è propedeutico a un’esperienza ludica di maggiore qualità.

Possiamo quindi tranquillamente affermare che Man of Medan non è un gioco per frettolosi, sia per la questione suddetta, sia perché “nasconde” buona parte del proprio valore dietro la rigiocabilità. Un’opera come Until Dawn può facilmente soddisfare dopo una sola partita: qualcuno vive, qualcuno muore, la trama viene svelata quasi nella propria completezza senza trovare i collezionabili, e gli extra sono a completo appannaggio dei completisti. Man of Medan, invece, “pretende” più run, più tentativi, per poter soddisfare. Lo ripetiamo, il fulcro della trama sarà chiaro fin da subito ma la forza narrativa risiede nella scrittura dei dettagli e nelle scene potenziali che ci siamo persi.

Non volendo fare spoiler alcuno, non è semplice farvi intuire come è strutturato il gioco, ma in termini generali basta fare un confronto di questo tipo: in Until Dawn un personaggio si trova obbligatoriamente in un certo luogo e può morire o meno; in Man of Medan un personaggio può trovarsi in un certo luogo oppure no, se effettivamente è lì può trovarsi in pericolo di vita oppure no, e se effettivamente è in pericolo di vita può morire oppure no. Con una sola partita non è possibile intuire la varietà e la profondità del lavoro di Supermassive: tutti coloro che normalmente abbandonano questo tipo di giochi dopo una sola run potrebbero quindi uscirne insoddisfatti.

Ad invogliarci a fare nuove partite ci sono i dipinti: esattamente come i totem di Until Dawn, sarà possibile trovare in giro per gli ambienti dipinti di navi e mari burrascosi che ci suggeriranno possibili avvenimenti; sarà molto difficile vederli tutti alla prima partita, quindi si istillerà dentro di noi una certa curiosità. Inoltre, la longevità tutt’altro che elevata è in questo caso un vantaggio: in circa quattro ore (poco più, poco meno, a seconda del tempo speso alla ricerca degli indizi) completeremo una partita. È anche possibile evitare di ripetere il prologo, scevro di scelte importanti e utile unicamente come tutorial, per velocizzare i nuovi tentativi.

Spaventi per tutti

Se non bastasse, sono disponibili due modalità multiplayer: una online, per due giocatori, e una in locale, da due a cinque persone. Nel primo caso potremo vivere l’intera avventura insieme a un amico (non esiste il matchmaking, dobbiamo “conoscere” il secondo giocatore). Questa modalità si chiama “Storia condivisa” ed è parecchio interessante. Durante il gioco potremo imbatterci in due tipi di sequenze: tutti i personaggi sono radunati assieme, oppure i personaggi sono divisi in due gruppi. Nel secondo caso, ogni giocatore controlla uno dei personaggi del gruppo a lui assegnato esattamente come farebbe in single player e gioca in solitaria: quando le sezioni (perfettamente sincronizzate) sono complete, i due gruppi si riuniscono e ogni giocatore scopre cosa è accaduto ai personaggi dell’altro.

La parte più interessante arriva però quando i personaggi sono tutti riuniti: in tal caso, il giocatore numero uno controlla lo stesso personaggio che utilizzerebbe se fosse da solo, mentre il secondo giocatore guida un altro personaggio. Questo permette di rivivere buona parte dell’avventura da un punto di vista diverso, facendo scelte per un personaggio che, altrimenti, sarebbe guidato dall’IA, la quale prende decisioni in base alle relazioni che abbiamo instaurato fino a quel momento: un personaggio è affezionato ad un altro? Lo aiuterà a rialzarsi se cade a terra, ma se è presente un secondo giocatore si tratterà di una scelta umana, variando le carte in tavola. Rigiocare l’avventura come secondo giocatore dà quindi un motivo in più per ributtarsi nel mondo di Man of Medan.

Abbiamo infine la modalità in locale, “Serata al cinema”. In questo caso, fino a cinque giocatori potranno decidere quali personaggi controllare: il gioco si limiterà a mettersi in pausa in automatico quando è il momento di passare il controller a un altro giocatore. Alla fine di ogni atto, inoltre, il gioco ci assegna dei titoli basati sulle azioni da noi compiute: saranno nomi del tipo “Mani di burro”, “Cercatore di morte” o cose simili. In verità, questi titoli non hanno un vero scopo: la modalità “Serata al cinema” non è nulla più di una partita single player dove si gioca di meno. Può essere divertente se vissuto come una sorta di party game horror con più amici che non conoscono l’opera e che cercheranno di far sopravvivere il proprio personaggio a tutti i costi, a discapito di quello altrui.

Rimanendo sempre in tema rigiocabilità (a questo punto crediamo che abbiate intuito quanto sia rilevante all’interno del gioco), c’è da sottolineare che Man of Medan nasconde buona parte delle sequenze dietro certe combinazioni di scelte, ma come ogni avventura narrativa ci chiede di completare certe fasi tramite i classici QTE. Rispetto ad Until Dawn, dove anche le azioni più basilari richiedevano l’utilizzo di un QTE, Man of Medan è più cauto nel proporli, relegandoli a poche azioni e rendendoli quindi molto più rilevanti. In molte situazioni, sbagliare la pressione di un singolo tasto significa la morte di un personaggio o la perdita di un oggetto utile per accedere a sezioni particolari. I QTE di Man of Medan sono inoltre più difficili da completare rispetto a quelli di gioco simili. È comunque possibile ricaricare uno specifico capitolo per ritentare da quel punto e ottenere il risultato desiderato senza dover ripetere l’intera avventura.

A questo punto però molti si staranno facendo una domanda: Man of Medan fa paura? Fermo restando che ognuno ha il proprio concetto di “paura”, l’opera di Supermassive non può certo definirsi terrificante. Non mancheranno vari jump scare che, come da definizione, ci faranno saltare sul posto e, in termini generali, saremo pervasi da una sufficiente tensione, ma girare per la nave non sarà un’esperienza da infarto.

L’ambientazione è oscura e macabra, ma al tempo stesso un po’ ripetitiva: il fulcro della vicenda, come detto, è sulla nave e per quanto l’interesse rimanga alto fino alla fine, è innegabile che gli innumerevoli corridoi e stanzoni nebbiosi siano un po’ tutti uguali e rischieranno di venire a noia, sopratutto dopo più partite. Anche in questo caso, Until Dawn poteva contare su più varietà.

Al tempo stesso non possiamo negare l’alta qualità visiva di tali ambienti. La riproduzione del metallo, i riflessi della luce della nostra torcia e la sensazione soffocante generata dalla nebbia sempre presente concorrono a creare un quadro tecnico di ottimo livello, che segna alcuni passi in avanti rispetto ad Until Dawn. Lo stesso è per i personaggi: l’espressività, così come la resa delle pelle e dei vestiti è notevole e sarà un piacere da vedere, sopratutto sulle macchine da gioco più prestanti. Purtroppo tutto questo paga lo scotto: nella versione da noi provata (PS4), il gioco soffriva di regolari cali di frame rate, con addirittura alcuni mini-freeze; a livello ludico non è un problema, visto che non è un gioco action, ma comunque è fastidioso. È probabile che in poco tempo Supermassive rilascerà una nuova patch per sistemare il problema, ma in ogni caso per ora è un limite da tenere in considerazione.

Ovviamente texture e poligoni non bastano per rendere un’avventura horror interessante: l’audio è altrettanto, se non più, importante. Man of Medan non delude sotto questo punto di vista. Il rumore dei passi sul metallo, gli scricchiolii e cigolii in lontananza e gli improvvisi acuti dei jump scare sono sempre ben gestiti. Per quanto riguarda il doppiaggio, nelle nostre quattro partite abbiamo messo alla prova sia l’italiano che l’inglese, preferendo il secondo, ma non per una questione di qualità. Il doppiaggio italiano è ben realizzato e perfettamente godibile, ma Man of Medan è un gioco prodotto completamente in motion capture: in inglese il labiale è perfetto, mentre in italiano è fuori sincrono in modo sensibile. Nulla di preoccupante, ma nel nostro caso abbiamo preferito puntare a un lip sinc migliore. I sottotitoli, per di più, possono essere colorati, così da distinguere al volo chi sta parlando anche solo leggendo.

Voto Recensione di Man of Medan - PS4


8.2

Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • - Grande varietà di scelte

  • - Perfetto da rigiocare

  • - Multiplayer online innovativo

  • - Prezzo "budget" molto onesto

Contro

  • - Ambientazione un po' ripetitiva, alla lunga

  • - Problemi con il frame-rate su PS4

  • - Trama principale troppo diretta che non lascia sorprese

Commento

Man of Medan è un’avventura cinematografica di qualità, che però svela troppo velocemente le proprie carte, facendoci intuire il fulcro della trama fin dall’inizio. Il gioco rimane comunque divertente e interessante, sopratutto se si parte con il presupposto di rigiocare più volte. Se invece siete giocatori da “una botta e via”, allora l’opera di Supermassive rischia di sembrarvi (ingiustamente) poco interessante. Qualche problema tecnico legato al frame-rate rovina l’ottimo lavoro in termini di texture e poligoni, ma non inficia la giocabilità. L’online è inoltre un’aggiunta ottima, visto che amplia gli scenari e dà un motivo in più per ritornare sulla nave fantasma di Man of Medan. Si tenga anche in considerazione che il gioco è in vendita a un prezzo "budget" molto onesto, considerando i valori produttivi. In conclusione, si tratta di un buon primo capitolo per la The Dark Picture Anthology e non possiamo non essere intrigati all’idea di cosa ci riserverà in futuro.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Man of Medan - PS4

Man of Medan - PS4