Metroid Dread ci sta conquistando | Provato

Abbiamo provato Metroid Dread per qualche ora e ne siamo rimasti letteralmente affascinati. Il re dei Metrodivania è ufficialmente tornato?

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a cura di Andrea Maiellano

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Questa storia comincia in maniera analoga a molte altre: ci siamo seduti comodamente, abbiamo imbracciato la nuova Nintendo Switch modello OLED e abbiamo avviato Metroid Dread per sfruttare l'ora e mezza che ci è stata messa a disposizione per provare il nuovo capitolo della serie. Quello che non ci aspettavamo era di non percepire lo scorrere del tempo da quando abbiamo avviato  il gioco, riemergendo dall'esperienza offerta dalla nuova avventura di Samus esclusivamente quando l'assistente alla prova ci chiedeva se tutto stesse andando per il meglio.

Fin dai primi istanti di gioco la nostra mente si è trovata in costante conflitto fra l'emozione di ritrovarsi nuovamente in compagnia del re delle produzioni del genere Metroidvania e il comprendere cosa Nintendo voglia dimostrare con questo quinto capitolo, uscito a distanza di quasi vent'anni dal precedente Metroid Fusion, o Metroid 4 per i puristi.

Per quanto sia vero che le varie console del colosso di Kyoto abbiano ospitato differenti iterazioni del franchise negli anni successivi all'uscita di Fusion, è anche vero che Metroid Dread si pone come seguito diretto di Fusion, ignorando volutamente il cambio di genere intrapreso dalla serie Prime (che ricordiamo si pone fra il primo e il secondo capitolo) e provando a riguadagnarsi quel posto nel firmamento delle produzioni in due dimensioni, da sempre spartito con Castlevania.

Nel mentre che questi pensieri ci occupavano la mente sullo schermo scorreva celere il filmato introduttivo di Metroid Dread. Una cinematica ben confezionata che, se ci permettete il paragone estremo, ci ha riportato alla mente lo stile narrativo di Spider-Man - Un Nuovo Universo. Analogamente al film di Sony, Metroid Dread si premura in pochi minuti di compattare tutte le informazioni necessarie a chi non abbia mai messo mano a un titolo della serie, per comprendere cosa sia successo dal 1986 a oggi.

Non viene fatta leva esclusivamente sui fan e non c'è nulla di lasciato alle conoscenze pregresse di chi ha spolpato ogni capitolo della serie. Metroid Dread in pochi minuti illustra chi è Samus Aran, cosa le sia successo fino a oggi e come mai si diriga sul pianeta ZDR in cerca di risposte.

Decisamente un ottimo lavoro di sintesi, che mostra chiaramente quello che già sospettavamo: Metroid Dread vuole essere il punto di unione fra i fan di vecchia data e chi scoprirà Samus Aran con questo nuovo capitolo, offrendo una produzione che si distacchi dal comodo reboot, o remake, e tenti di rinnovarsi per conquistare chi il genere Metroidvania lo ha scoperto con produzioni più recenti e celebri.

Senza anticiparvi nulla in merito alla storia di Metroid Dread (per quello ci dilungheremo in fase di recensione), passiamo subito al gameplay del gioco, vero punto di forza della serie fin dai suoi albori. non vi neghiamo che eravamo timorosi di ritrovarci di fronte a una produzione molto conservatrice e derivativa, che facessse per l'appunto leva sui fan per proporre un impianto ludico ben confezionato ma non perfettamente in linea con le produzioni del genere attuali.

E invece, è bastato muovere Samus Aran per qualche stanza per comprendere quanto Metroid Dread sia confezionato in maniera certosina, riuscendo a offrire una pletora di meccaniche di gioco atte a sfruttare appieno quello stile grafico ribattezzato dai giocatori: 2.5D.

Come da tradizione per il genere, e per la serie, Metroid Dread sfrutta tutte le mecaniche tipiche dei giochi bidimensionali. Le aggiunte rispetto al passato sono tutte pensate per rendere meno "limitante" l'impianto di gioco, Samus ora può sparare in tutte le  direzioni semplicemente inclinando l'analogico in quella direzione e se fosse necessaria una maggior precisione di tiro basta premere il dorsale L per far ancorare la cacciatrice di taglie al suolo e permetterle di prendere la mira a 360° per sparare con più precisione.

Samus può ora arrampicarsi sulle pareti e sfruttarle per compiere dei salti intermedi, sfruttando le superfici verticali come trampolino, così come può compiere degli attacchi melee per spintonare gli avversari più coriacei, o compiere dei "parry" che le permettano di effettuare una potente controffensiva nei confronti dei nemici storditi, e scivolare in rapidità nei condotti più angusti, semplicemente premendo ZL mentre si corre.

Per quanto il concept originario, basato sulla ricerca di power-up che permettano di accedere ad aree il cui accesso era precedentemente precluso, rimanga invariato, il rinnovato sistema di movimento proposto da Metroid Dread riduce notevolmente quella sensazione di avere fra le mani una protagonista limitata nei movimenti, offrendo un'esplorazione maggiormente dinamica, frenetica e assuefacente.

Il level design rimane fedele al genere. Si girovaga all'interno di mappe dalle dimensioni considerevoli e interconnesse fra di loro, cercando di ricordarsi le aree inaccessibili in principio per ritornarci una volta ottenuto il giusto potenziamento. Come da tradizione Nintendo, l'architettura delle aree e curata in ogni dettaglio portando il giocatore a ritrovarsi quasi sempre al posto giusto nel momento giusto, sfruttando condotti e dislivelli nelle aree in grado di rendere fluida e armoniosa la progressione del gioco, riducendo al minimo la pesantezza delle sezioni di backtracking.

Volendo muovere un'incertezza preliminare, il design della prima area di gioco ci è sembrato particolarmente anonimo. Ricco di dettagli a schermo e in pieno stile Metroid Fusion ma poco ispirato in termini puramente artistici. Siamo curiosi di scoprire come le aree successive riusciranno a smuoversi in tal senso, restituendo quell'alchimia fra "desolazione spaziale" e "natura aliena incontaminata" che da sempre ha adornato i titoli in due dimensioni della serie.

Per quanto concerne i nemici "base" che abbiamo incontrato nelle varie aree di gioco durante la nostra prova, ci sono sembrati tutti molto fedeli ai canoni della serie, con pattern d'attacco leggibili in maniera molto chiara e il giusto ritmo fra offensive, finestre per contrattaccare e momenti in cui la guardia veniva abbassata. Il rinnovato ventaglio di attacchi a disposizione di Samus, inoltre, ha permesso di sperimentare differenti approcci offensivi verso le varie creature restituendoci delle ottime sensazioni in termini di varietà del combat system di Metroid Dread.

Discorso completamente differente, invece, per i temibili E.M.M.I., la vera new entry del titolo in grado di offrire quella giusta dose di "effetto Nemesis" che mancava nel genere dei Metroidvania. Questi sette robot antropomorfi sono ripartiti in altrettante aree del pianeta ZDR e, per motivi che non vi anticipiamo, braccheranno costantemente Samus ogniqualvolta entreranno in contatto visivo con lei.

Gli E.M.M.I. sono androidi corazzati, immuni a ogni offensiva di Samus, dalla forma antropomorfa, dai movimenti sciolti, dinoccolati, con un design asettico e disturbante, possono adattarsi a ogni tipo di superficie, percepiscono i movimenti di Samus e una volta ottenuto un contatto visivo iniziano a spostarsi su ogni superficie in maniera rapida e sinuosa, mostrando una discreta intelligenza artificiale che tenta di prevedere i movimenti del giocatore.

Una volta raggiunta Samus si potrà solo tentare di sfruttare due finestre di reazione di una manciata di millisecondi per poter sfuggire alla letale presa e darsi alla fuga, in caso di fallimenti si incapperà in un Game Over istantaneo, ritrovandosi a ripartire dall'ultimo checkpoint raggiunto. L'unico modo per fermarli e ottenere un power-up monouso che permetta prima di divellere le protezioni metalliche e in seguito di colpirne il nucleo centrale.

Suddetto power-up potrà essere rinvenuto in differenti metodologie: esplorando, sconfiggendo un mid-boss, in determinati punti della storia e così via. Viene da se che gli E.M.M.I., in via puramente teorica, ricoprano quella minaccia costante che, in numerose produzioni uscite negli ultimi anni, si ponga l'obbiettivo di generare un costante senso di ansia nel giocatore, impedendogli di concentrarsi sull'esplorazione e obbligandolo a intraprendere, costantemente, percorsi alternativi per evitare di ritrovarcisi di fronte.

Come fare, quindi, a inserire una minaccia di tale portata senza intaccare il fortissimo focus sull'esplorazione che da sempre ha caratterizzato la serie? Semplicemente confinando gli E.M.M.I. a delle aree di dimensioni corpose dalle quali non possano uscire, obbligando il giocatore a percorrerle, a trovare un sistema per sconfiggere questi ineluttabili androidi ma evitando tutte quelle situazioni in cui l'esplorazione viene sacrificata in virtù di una costante "fuga dalla morte".

Nelle varie arre del pianeta ZDR si troveranno, difatti, delle aree in cui i differenti E.M.M.I. saranno di pattuglia. Queste aree non sono opzionali e sarà richiesto di oltrepassarle più e più volte per poter reperire i potenziamenti necessari per proseguire. Se un E.M.M.I. entrerà in contatto con Samus le porte di quest'area verranno bloccate e si riapriranno solo quando l'androide non percepirà più la presenza della cacciatrice.

Un escamotage tanto semplice quanto efficace per bilanciare sapientemente l'esperienza di gioco senza precludere ne il piacere dell'esplorazione compassata e ragionata ne i momenti altamente ansiogeni offerte dalle aree pattugliate dagli E.M.M.I., riuscendo a generare quella sensazione di disagio ogni qualvolta si intravedrà la porta che indica la presenza di uno degli androidi nell'area successiva.

Non vi neghiamo che, molto egoisticamente, non abbiamo voluto anticiparci troppo nemmeno noi e dopo un'abbondante oretta spesa assieme a Metroid Dread abbiamo concluso la nostra prova con due E.M.M.I. sconfitti e un bagaglio di impressioni ben più che positivie. Tutto in Metroid Dread sembra essere al posto giusto: rimandi al passato, fan service, gameplay assuefacente e un occhio di riguardo per i nuovi giocatori.

Tecnicamente il gioco si mostra ben più che convincente, con una cura dei dettagli tipica delle produzioni first party di Nintendo. Animazioni ben realizzate, ambientazioni ricche di dettagli, colonna sonora ben confezionata e un inedito doppiaggio in italiano che pare stia diventando lo standard per le produzioni principali del Colosso di Kyoto.

Su Nintendo Switch modello OLED, Metroid Dread ci ha conquistato sotto ogni aspetto. Il nuovo pannello restituisce dei colori vibranti e un'immagine pulita e ben definita. La stanza in cui abbiamo svolto la prova sembrava pensata per farci sfruttare la nuova modalità "tabletop" offerta dal rinnovato supporto posteriore della console e non possiamo che riconfermare che giocare in questa modalità con Nintendo Switch modello OLED è un'esperienza che si rivela finalmente comoda e naturale. Si sfilano i Joy-Con, si inclina la console a piacimento e si gioca in totale comodità. Il nuovo pannello da 7", infine, offre quel minimo di dimensione aggiuntiva necessaria per offrire un'esperienza convincente a distanze non ravvicinate.

In conclusione, Metroid Dread si pone indubbiamente in una posizione di teorico svantaggio a causa di un brand poco noto, di una scelta stilistica che può spingere i giocatori attuali a pensare a una produzione dal budget minore e un mercato saturo di esponenti del genere, molti dei quali, attualmente, molto più celebri della saga di Metroid. La nuova avventura di Samus, però, potrebbe rivelarsi l'ennesimo "must have" per i possessori di Nintendo Switch, non solamente in virtù dell'importante nome che porta ma, soprattutto, per la capacità di offrire un'esperienza differente nel panorama dei Metroidvania.