ADSL con poca concorrenza: colpa del Garante delle TLC

L'Istituto Bruno Leoni ha sonoramente bocciato l'operato del Garante delle Telecomunicazioni: in 7 anni Telecom Italia detiene ancora il 50% del mercato complessivo e il 54% di quello broadband. Ci vuole una svolta, magari con lo scorporo della rete dai servizi.

Avatar di Dario D'Elia

a cura di Dario D'Elia

L'AGCOM ha lavorato male in questi anni, almeno secondo l'ultima ricerca dell'Istituto Bruno Leoni. La concorrenza nel mercato TLC residenziale è ai minimi, se si guarda all'Europa, e certamente l'incremento dei ricavi legato all'affitto della rete non ha prodotto un adeguato aumento degli investimenti nella fibra ottica. "La regolamentazione delle telecomunicazioni. Un bilancio dell'Agcom 2005-2012 e l'agenda per il prossimo settennato" di IBL non fa sconti al garante. E i numeri parlano chiaro: l'indice delle liberalizzazioni nel campo TLC è passato dal 40% del 2007 al 45% del 2012.

Eppure l'AGCOM di oggi, pur con un rinnovato board, rimanda le accuse al mittente. "Alcune delle più importanti decisioni pro-concorrenziali sono state assunte dall'Autorità negli ultimi anni. Un esempio per tutti: la disciplina della portabilità del numero è stata oggetto di numerosi interventi che hanno ridotto a meno di due giorni lavorativi i tempi di attivazione (erano in media circa 10 a fine 2005). Il risultato: 40 milioni di casi di portabilità complessivamente  nella telefonia  mobile, che collocano l’Italia al primo posto assoluto in Europa", si legge nella nota del Garante.

Il lato oscuro della Forza

Il problema infatti è nel residenziale. Negli ultimi quattro anni l'unbundling è cresciuto di listino da 7,64 euro a 9,28 euro al mese per utenza, mentre l'attivazione di nuove linee in affitto da parte degli OLO è crollata a un terzo. Le previsioni di investimento Telecom nella fibra (Fiber to the home) si sono dimezzate: nel 2009 si puntava a 953mila case, nel 2012 saranno 580mila. Evidente considerato che alla fine si è preferito il Fiber to the Cabinet, quindi raggiungere solo le cabine di zona e non gli appartamenti.

"L'aumento del canone della rete fissa riconosciuto dall'AGCOM, secondo alcuni, avrebbe dovuto portare Telecom Italia a investire di più nella fibra, così non è stato", ha commentato il ricercatore Massimiliano Trovato dell'Istituto Bruno Leoni.

E dire che l'AGCOM è nata nel 1997 proprio per "governare il passaggio dal monopolio al mercato". Fino al 2005 secondo IBL sono state "emanate importanti decisioni in tema di accesso" ma dopo la portabilità del numero e la liberalizzazione dell'ultimo miglio la macchina si è fermata. Si chiede all'AGCOM di "offrire un contributo rilevante alla condivisione delle infrastrutture". Perché il monopolio sulla rete è rimasto quello di sempre.

Ecco quindi la grande occasione dello scorporo Telecom Italia, con la separazione dell'infrastruttura nazionale dai servizi. A patto però che la governance della futura newco sia indipendente. In caso contrario Telecom consoliderà ulteriormente quel 50% del mercato complessivo che detiene e quel 54,1% del segmento broadband - contro la media degli incumbent europei che è al 43,3%.

"Premesso che il numero delle linee in unbundling (oltre 5 milioni) colloca l’Italia al terzo posto in Europa, si ricorda che le tariffe di unbundling sono determinate attraverso l’applicazione di modelli di costo che non utilizzano i dati di contabilità regolatoria di Telecom, ma valutano i costi di fornitura dei servizi di accesso da parte di un ipotetico operatore efficiente che costruisce ex-novo una rete di accesso", ha aggiunto l'AGCOM.

"Questa metodologia, lo ha ribadito il Commissario europeo per l’attuazione dell'Agenda Digitale Neelie Kroes, è la più affidabile per  fornire i corretti segnali di buy or build al mercato e promuovere così gli investimenti in reti di accesso di nuova generazione da parte di tutti i soggetti interessati".

Su questo ultimo punto l'AGCOM ha ragione, ma dimentica che Neelie Kroes si rivolge a quei mercati che sulla liberalizzazione hanno già compiuto almeno un giro di pista. Non ai doppiati che si illudono di far parte del gruppo di testa.