AGCOM, rete in fibra solo con Telecom collaborativa

L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha presentato i risultati del Programma “Infrastruttura e servizi a banda larga e ultra larga”: ci vogliono 13,3 miliardi di euro per portare la fibra al 50% della popolazione. Telecom Italia è fondamentale per lo switch-off.

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a cura di Tom's Hardware

Immaginare una rete in fibra ottica in Italia senza il coinvolgimento di Telecom è praticamente impossibile. La conferma arriva dal Programma "Infrastruttura e servizi a banda larga e ultra larga" (ISBUL), curato dall'AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) in collaborazione con Università italiane e straniere. 

Il presidente Agcom Corrado Calabrò

"Il futuro è nell'ultra banda, nelle reti di nuova generazione in fibra ottica con capacità di trasmissione sopra i 50 Megabit. Le autostrade delle nuove comunicazioni sono il fertilizzante principale di quell'economia della conoscenza che si attesta come nuovo paradigma di modello capitalistico", ha dichiarato il presidente Agcom Corrado Calabrò.

Il problema però è che secondo gli ultimi dati per una rete in fibra ottica (FTTH/P2P) in grado di coprire il 50% della popolazione ci vuole un investimento di circa 13,3 miliardi di euro - qualcosa di più rispetto al vecchio Piano Caio. Ecco perché "la bassa redditività nel breve periodo" è un rischio che può essere contenuto solo con  "poche regole, chiare e semplici, ma precise".

La ricetta AGCOM è quindi basata su "la promozione del risk-sharing fra investitori; l'adeguato riconoscimento in tariffa del risk premium per chi investe; la disciplina della migrazione da rame a fibra; le condizioni tecniche ed economiche per l'accesso alla rete". Elementi strategici che non posso prescindere da Telecom Italia, gestore unico di più del 90% dell'infrastruttura nazionale.

Insomma, l'Authority "è pronta a fa la sua parte" regolando tariffe e condizioni di cessione all'ingrosso della fibra con tanto di pianificazione dello switch-off  ma "[…] la sostituzione dei doppini non può dunque essere imposta da alcuna norma di legge nazionale o regionale". Per Calabrò "si tratta di una scelta tecnologica rimessa all'autonomia imprenditoriale dei soggetti che operano sul territorio ed in particolare di chi ha la proprietà della rete".

Gli operatori devono collaborare fra loro e con gli enti locali, ma è evidente il peso degli interessi di Telecom sulla questione. Per altro il Programma ISBUL ha valutato che un eventuale affiancamento (e non completa sostituzione) della rete in fibra a quella in rame graverebbe negativamente sui costi complessivi e metterebbe a rischio gli stessi investitori. Si presume infatti che alcuni clienti "pur raggiunti dalla fibra, potrebbero decidere di rimanere connessi alla rete in rame".