AGCOM: rischiamo la serie B della banda larga

La Relazione annuale al Parlamento dell'AGCOM sottolinea i ritardi dello sviluppo broadband. Il Presidente Corrado Calabrò propone di estendere l'intervento pubblico a tutte le aree del paese e non solo a quelle a fallimento di mercato.

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a cura di Dario D'Elia

L'Italia rischia di rimanere indietro nello sviluppo della banda larga. Il monito giunge direttamente dal presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Corrado Calabrò, che poche ore fa ha terminato la Relazione annuale al Parlamento.

''La percentuale di abitazioni connesse alla banda larga (fisso e mobile) è inferiore al 50%, a fronte di una media europea del 61% […] esiste ancora un 4% di digital divide da colmare, cui si aggiunge circa il 18% della popolazione servita da ADSL sotto i 2 Mbit al secondo'', ha dichiarato Calabrò. Senza contare un tasso di penetrazione del 22%, contro la media UE del 26,6%.

Presidente AGCOM Calabrò

Insomma, lo scenario è talmente grave che ''potrebbe anche precludere all'Italia la possibilità di estendere il servizio universale alla banda larga'' – uno degli obiettivi dell'Agenda Digitale UE.

Ecco quindi la proposta di non limitare "l'intervento pubblico alle sole aree a fallimento di mercato", ma estenderlo ulteriormente pur rispettando il quadro regolatorio europeo. Nello specifico la UE potrebbe a breve eliminare qualche paletto sul tema degli investimenti pubblici per la NGN, considerati da molti come troppo restrittivi.

Proprio qualche giorno fa il presidente esecutivo di Telecom Italia, Franco Bernabè, si è espresso sulla questione paventando il rischio di un ritorno a un passato statalista. "Da nessun'altra parte c'è un intervento diretto del pubblico. Ma se lo Stato vuole tornare ad essere imprenditore, va benissimo: ha Infratel e lo faccia per conto suo. Sia chiaro che così torniamo indietro di 15 anni al ministero delle Poste e telecomunicazioni", aveva dichiarato Franco Bernabè al Corriere della Sera.

Il ministro dello Sviluppo economico ha già risposto che ''lo Stato non si mette a fare nessuna concorrenza alle aziende italiane di TLC, ma contribuisce a favorire il mercato''.

"È ormai tempo che vengano assunti precisi impegni contrattuali che assicurino la convergenza sull'obiettivo, con investimenti condivisi'', ha aggiunto il presidente AGCOM. "Determinante sarà il ruolo che vorrà giocare la Cassa Depositi e Prestiti". E questo senza dubbio è il solito nodo della questione, poiché non è ancora chiaro di quali cifre si stia parlando.

Quando alle regole per la NGN Calabrò ha ricordato che ''é in consultazione una combinazione di rimedi attivi e passivi con un approccio innovativo che pone l'Italia nel solco delle best practice europee''. Soluzione che però è sgradita a Telecom Italia. 

Da rilevare, come riporta oggi l'esperto TLC Stefano Quintarelli, che Bernabè dopo aver scritto una lettera di protesta al Governo ha deciso di rivolgersi anche a Neelie Kroes - la responsabile UE per l'Agenda Digitale. Secondo l'ex-monopolista, l'AGCOM starebbe puntando su un regolamento troppo sfavorevole.