Apologia di un matematico, una vita che fa riflettere tutti

Apologia di un matematico è un libro breve e intenso che fa riflettere sullo scorrere del tempo e sul contributo che ciascuno di noi può dare nell'ambito del suo lavoro e delle sue passioni.

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a cura di Elena Re Garbagnati

Tutti invecchiamo, ma qual è esattamente il momento in cui iniziamo a sentirci vecchi? C'è chi lo pensa quando si sente più stanco di un tempo, chi associa questa condizione naturale agli acciacchi, chi invece a un certo punto si rende conto di non poter più contribuire attivamente allo sviluppo della passione di una vita.

Se state pensando che l'età mi abbia fatto andare di volta il cervello e che io abbia scambiato la rubrica di Scienza per una di filosofia vi sbagliate, perché il libro di cui voglio parlare oggi è un libro di matematica. Anzi uno dei più bei libri di matematica di sempre, scritto nel 1940 da Godfrey H. Hardy.

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Lasciate perdere la data: anche se sono passati 77 anni il contenuto è attuale e non soffre per niente il passare degli anni, al contrario dell'autore, grande matematico britannico che ha dato un contributo importante alla teoria dei numeri primi e all'analisi matematica, che passò la vita al Trinity College a studiare la matematica. E che a un certo punto si è reso conto di non poter più contribuire efficacemente alla ricerca matematica. "Nessun matematico può dimenticarsi che la matematica, più di qualsiasi altra arte o di qualsiasi altra scienza, è un'attività per giovani". Una presa di coscienza sconvolgente per un uomo che ha dedicato tutta la vita a questa materia, e che lo porta a tentare il suicidio.

All'età di 62 anni scrive "Apologia di un matematico" che come suggerisce letteralmente il titolo è una difesa della materia che ha amato per tutta la vita, e in cui si identifica, per cui diventa anche una difesa di sé stesso. Un libro che non spiega che cos'è la matematica, che è discorsivo e narrativo, e solo nell'ultima parte autobiografico.

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Godfrey Harold Hardy

Un testo che si lascia leggere anche da chi di matematica sa poco, che include solo due dimostrazioni unicamente funzionali a far capire al lettore la bellezza della matematica. Allora di cosa parla Hardy? Hardy riflette fra sé e sé, coinvolgendo il lettore e rendendolo partecipe, sul ruolo che ha la matematica nella (sua) nostra vita, di come questa disciplina possa essere utile.

Per i molti studenti che si chiedono a cosa mai serviranno gli insegnamenti scolastici l'autore ha una risposta: ci sono due "livelli" di matematica, quello banale, noioso e scolastico e quello vero, universitario, che trova una reale utilità pratica, oltre a una bellezza esaltante.

Proprio sulla bellezza si concentra un'ampia parte del libro, in cui il lettore capisce che esiste una matematica non meccanica, ma creativa, che può essere paragonata al lavoro di un artista, e che è quella a cui Hardy ha dedicato la vita. Una matematica semplice, perché "una buona dimostrazione deve assomigliare a una costellazione semplice e nettamente delineata, non a un ammasso stellare".

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Un libro breve scritto con grande onestà intellettuale, che fa riflettere sulla vita e che, con un'adeguata comprensione del testo, ci fa vedere anche la nostra vita sotto una luce diversa, anche se non siamo matematici.

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