Asta frequenze TV, perchè pagano solo le TLC?

L'amministratore delegato di Tiscali, Renato Soru, si domanda per quale motivo nella prossima asta per le vecchie frequenze TV debbano pagare solo le società delle TLC. I broadcaster concorreranno tramite beauty contest, quindi senza sborsare un euro.

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a cura di Dario D'Elia

Perché l'asta per le vecchie frequenze TV è a pagamento per i gestori telefonici e gratuita per i broadcaster televisivi? Se lo domanda Renato Soru, AD di Tiscali, che ieri durante la tavola rotonda di Business International ha posto la questione senza fronzoli di fronte al gotha delle TLC italiane. 

"Io vorrei capire perché quando si assegnano frequenze alla telefonia le gare sono a pagamento, mentre quando si va in asta per dare frequenze alla Tv sono gratuite", ha tuonato Soru. "[…] oggi è inammissibile spiegare perché è considerato servizio pubblico un ennesimo canale digitale che non guarda nessuno e non si metta a disposizione degli operatori di TLC e quindi degli utenti la possibilità di avere accesso ad internet in banda larga a buon prezzo".

La Crociata di Soru

"È ora di dare le frequenze o tutte gratis o tutte a pagamento ed è ora di organizzare la convergenza tra la rete mobile e quella fissa".

Com'è risaputo le vecchie frequenze della TV analogica verranno riutilizzate per la TV digitale terrestre e per attivare nuovi servizi wireless broadband. Cinque multiplex DTT saranno assegnati tramite beauty contest, quindi a costo zero, mentre le frequenze del dividendo digitale esterno saranno messe all'asta. Insomma alle televisioni un regalo, alle TLC l'onere di contribuire con circa 2,4 miliardi alla Legge di Stabilità (Asta vecchie frequenze TV, Tremonti ruba la borsa).

Anche Vincenzo Novari di 3 Italia ha sposato la linea Soru. "[…] c'è chi ha sempre pagato e chi le ha sempre avute gratis: quando si tratta di TLC si pagano, quando si tratta di tv sono gratuite", ha sottolineato l'AD, ricordando per di più che la sua azienda in questo momento non avrebbe liquidità per partecipare all'asta. "Se spegnessimo 200 tv non ci sarebbero proteste particolari, se spegnessimo i telefonini non so cosa uscirebbe fuori".

Gabriele Galateri di Telecom Italia si è detto solidale. "Le frequenze sono indispensabili per garantire lo sviluppo: bisogna quindi che l'asta si faccia, ma siamo un'azienda privata ed è ovvio che meno le paghiamo e più soldi abbiamo per fare gli investimenti più rapidamente", ha commentato il presidente. Qualcuno poi si è ricordato che Telecom partecipa anche al beauty contest per le frequenze TV, e quindi scordiamoci che scenda mai in barricata per questa storia.

Il Commissario Agcom Stefano Mannoni ha confermato la disparità di trattamento. A tutti gli effetti vi sono "600 TV locali che godono di una protezione feroce". Il motivo è che "in Italia da 30 anni la priorità è stata il pluralismo televisivo. Si ritiene che, siccome il mercato della TV è molto meno remunerativo e redditizio di quello delle TLC, l'unico sistema sia fare entrare nuovi soggetti senza far pagare le frequenze". 

"Se per 30 anni si è fatto così non significa che non si possa cambiare e guardare non al passato, ma al futuro", ha risposto Soru.