Bernabè dice addio a Telecom: buonuscita da 6,6 milioni

Bernabé ieri ha lasciato Telecom Italia.

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a cura di Dario D'Elia

Franco Bernabè ieri pomeriggio ha rassegnato le dimissioni dalla carica di presidente esecutivo di Telecom Italia. Una stretta di mano all'amministratore delegato Marco Patuano e una valigetta 24 ore pronta ad accogliere i 6,6 milioni di euro di buonuscita. In azienda sono tempi duri ma questo è quanto prevedeva il contratto: stipendio fino al termine del mandato, benefit e patto di non concorrenza da ben 2,9 milioni. Se ne va per evitare la paralisi poiché non ha "trovato in necessario supporto dei soci riuniti in Telco" per una nuova iniezione di capitali.  

"Né c’è stata sufficiente attenzione da parte delle istituzioni per la salvaguardia di un patrimonio che è prima di tutto un patrimonio della collettività", scrive Bernabè nella nota di commiato. "Voi tutti sapete che non mi sono mai tirato indietro di fronte all’inevitabilità di un confronto anche aspro".

Bye bye Bernabè

Insomma, lascia la cabina di comando perché la barca non risponde più. Dopo averla ormeggiata all'inglese per di più a vela e senza motore, il suo compito è finito. Adesso toccherà al presidente ad interim Aldo Minucci, fino a quanto i cacciatori di teste non avranno selezionato un nuovo manager. In pole position c'è Massimo Sarmi, attuale amministratore delegato del Gruppo Poste Italiane, che però non ha ancora incontrato i soci di Telco.

Il consiglio di amministrazione di ieri è durato quasi cinque ore, ma dei piani futuri si è parlato ben poco. Rimangono sul tavolo le questioni dello scorporo della Rete, le cessioni sudamericane, la querelle con l'AGCOM, etc. Proprio sullo scorporo ieri si è fatta sentire la voce di Maximo Ibarra, AD di Wind. "Lo scorporo della rete Telecom, qualora ci fosse sarebbe un progetto di buon senso e potrebbe creare valore per il sistema paese". Della stessa opinione il presidente della Cassa Depositi e Prestiti Franco Bassanini, che si dice pronto a "investire nella realizzazione di una rete in fibra per accrescere la competitività del paese".

A questo punto non resta che attendere il piano di Cesar Alierta, il presidente di Telefonica, che non prevederebbe un sostanzioso aumento di capitale (come avrebbe voluto Bernabè) ma una via alternativa. Per prima cosa un pellegrinaggio presso le più importanti società di rating per evitare un ulteriore declassamento del debito di Telecom. Dopodiché sarà fondamentale l'investitura di un presidente esecutivo gradito alla politica e alle istituzioni di garanzia.

Lavori in corso

L'unico nodo irrisolto è quello del conflitto di interessi in Argentina e Brasile, dove Telefonica e Telecom Italia sono concorrenti. Se ne riparlerà nel 2014 quando la società spagnola potrà convertire le azioni salendo al 64% dei voti e modificando a suo favore la governance della holding di Telco. I frondisti saranno messi a tacere, Tim Brasil sarà venduta, il titolo salirà in Borsa e i soci italiani potranno uscire con la scissione delle quote e del debito.

Sempre che non arrivino le modifiche alla normativa sulle OPA e l'introduzione dei golden power per gli asset strategici nazionali come la rete in rame e in fibra.