Boldrini parla ancora di Web e infiamma la Rete

L'incontro di ieri a Montecitorio doveva porre le basi per arginare il fenomeno della violenza verbale e psicologica, ma si è trasformato in uno scontro tra politici e difensori della libertà della rete.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Ieri a Montecitorio si è tenuto un seminario per presentare la campagna "No Hate Speech" promossa dal Consiglio d'Europa (http://www.nohatespeechmovement.org/). Erano presenti il Presidente della Camera Laura Boldrini, Stefano Rodotà e altri personaggi in vista del mondo politico e culturale. L'obiettivo era prendere posizioni contro il cosiddetto "linguaggio dell'odio", ma in molti ci hanno visto un attacco al Web.

I due interventi che hanno fatto più discutere sono stati quelli di Rodotà e Boldrini, in particolare su Twitter, con l'hashtag #nohatespeech. L'ex Garante per la Privacy ha riscosso l'apprezzamento del pubblico quando ha sottolineato che il problema è culturale, che bisognerebbe intervenire profondamente a partire dalla scuola.

"Il problema non è Internet, siamo noi", ha detto infatti Rodotà. Boldrini in qualche modo gli ha fatto eco affermando a più riprese che nessuno vuole censurare il Web, e però ha anche sottolineato più volte che esiste un problema specifico della Rete. La Rete non è uno sconfinato spazio di libertà" ha affermato infatti il Presidente della camera, per poi aggiungere che "può anche diventare luogo di istigazione all’odio".

Ed ecco che "la Rete" si è scatenata. Dai personaggi più influenti ai gregari più iperattivi, nessuno si è sottratto al j'accuse: Laura Boldrini starebbe preparando il terreno per leggi liberticide. Magari senza volerlo, sfrutta il dolore per far passare l'idea che la Rete sia pericolosa e vada messa sotto controllo.

Qualcuno poi ha gridato allo scandalo quando sono stati chiamati i genitori di figli vittime di bullismo, perché il loro racconto – era inevitabile - accusava Facebook e tutta la Rete, quegli schermi che dentro le pareti di casa hanno spinto una bambina al suicidio.

Laura Boldrini

Per Vittorio Zambardino -  giornalista e blogger di lunga esperienza - è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. A suo parere i testimoni non sono tali, ma vittime utilizzate per altri scopi. Così si alza e se ne va, perché avrebbe voluto un approccio più ragionato. La strumentalizzazione delle vittime, almeno un po', c'è stata.

Ed ecco che #nohatespeech viene etichettato come fallimento in fretta e furia, gli osservatori parlano di farsa e di montatura politica, e tutto si chiude nel solito teatrino di buoni contro cattivi. Forse si dovrebbe ammettere che non ha vinto nessuno, chi stava sul palco e chi sparava ad alzo zero con la tastiera.

Quanto è accaduto ieri, se possibile, ha affossato ancora di più le vittime del bullismo, dell'odio razziale, della violenza di genere e del femminicidio. Perché ieri nessuno si è ricordato davvero di loro. Tutti troppo presi a bisticciare per ricordarsi che il linguaggio dell'odio esiste per davvero, e che per davvero ha trovato nel Web un strumento di amplificazione.

Stefano Rodotà

Bullismo e odio c'erano anche prima della rete e dei social network? Naturalmente. Abbiamo già le leggi che servirebbero? Assolutamente sì, non ne servono altre. Ma abbiamo anche la volontà e la cultura necessarie per creare una società migliore? A quanto pare no.