Broadband italiano ufficiosamente disastroso

Svelati nuovi agghiaccianti dettagli del rapporto Caio sul digital divide italiano

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a cura di Dario D'Elia

I dati ufficiali sul broadband italiano sono negativi, ma la verità è più agghiacciante. Secondo Francesco Caio, il super-consulente incaricato dal Governo di studiare il problema del digital divide nazionale, la copertura della rete broadband sarebbe sovrastimata.

Nel suo rapporto – non ancora diffuso, ma svelato parzialmente da Panoramaviene infatti evidenziata la differenza sostanziale tra la reale connettività broadband e la banda larga di paccottiglia."Se calcolata sulla base della popolazione telefonica allacciata a centrali abilitate alla banda larga, la copertura del servizio risulta superiore al 95 per cento", scrive Caio. Peccato che in molte zone d'Italia quello che il marketing vende come "banda larga" è un servizio preistorico da meno di un 1 Megabit/sec.

"Eliminando le zone dove la copertura non è disponibile per problematiche tecniche o dove il servizio è solo marginale (banda minima inferiore a 1 Mb), la popolazione in digital divide  sale al 12 per cento, pari a 7,5 milioni di cittadini", continua Caio.

Per far fronte alla situazione, com'è risaputo, Caio ha proposto tre strategie. Quella basata sullo scorporo della rete infrastrutturale di Telecom Italia, comunque, non potrà prescindere da un intervento di finanza pubblica. Le previsioni di Caio, infatti, indicano che per assicurare una velocità minima di 2 Megabit/s al 99% della popolazione entro il 2011, vi sarebbe bisogno di circa

1,2-1,3 miliardi di euro (700 milioni per la rete fissa, 600 per quella mobile). E il tutto partendo da giugno di quest'anno.

Per quanto riguarda la copertura in fibra ottica "la velocità di investimento osservata non appare sufficiente per assicurare al Paese una posizione di leadership internazionale". E il motivo è semplice, poiché "non sembrano esserci motivi perché i gestori accelerino i piani annunciati, e anzi la crisi economica rischia di rallentare domanda e investimenti".

Telecom Italia e Fastweb sono le uniche aziende ad essersi impegnate nell’infrastruttura in fibra, ma la mancanza di competizione, la risicata domanda, e gli ingenti costi di implementazione hanno congelato lo sviluppo.

Insomma, "esiste il rischio di fare troppo affidamento sulla rete in rame i cui limiti strutturali verranno sicuramente testati nei prossimi anni".

Per una svolta, secondo uno studio della Alcatel-Lucent citato nel rapporto, ci vorrebbero 10,4 miliardi di euro: 2,2 per dotare di fibra i 5,5 milioni di cittadini che vivono nelle aree urbane, 7,2 per i 14,3 milioni che vivono in aree suburbane e 1 miliardo per chi vive in aree rurali.