Caccia all’uomo, in Svizzera addestrano i robot

Il nostro futuro è fatto di molte macchine autonome, che ci circonderanno in ogni momento della nostra vita. Ma hanno bisogno di vederci molto bene, e anche di poterci riconoscere e seguire per soddisfare i nostri bisogni. Ci stanno lavorando in Svizzera.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Più i robot si evolvono e più aumentano dubbi e paure, e probabilmente molti proveranno un brivido nel sapere che all'Università di Zurigo (Svizzera) stanno insegnando alle macchine come inseguire una preda imitando il meccanismo dei predatori. Più precisamente l'obiettivo è insegnare ai robot come inseguire gli esseri umani, ma per i primi esperimenti stanno usando un altro robot.  

Digerito l'iniziale spavento, però, ci si può rilassare pensando che è una ricerca a fin di bene. L'obiettivo infatti non è prepararsi a una nuova edizione de L'Implacabile (The Running Man, 1987) o una revisione di The Hunger Games. No, si tratta di creare robot che possano essere più efficienti nel servirci.

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Questo addestramento infatti serve affinché il robot impari a guardarsi intorno e sappia individuare il suo padrone tra la folla, eventualmente per seguirlo. Si tratta quindi di sviluppare un'avanzata visione artificiale e abbinarla a precisi algoritmi.

Nella pratica lo si potrebbe applicare a una valigia che ci possa seguire in aeroporto, invece di essere noi a tirarcela dietro. Un prodotto simile oggi esiste, ma più che il proprietario segue il suo smartphone, a cui si collega tramite Bluetooth. O potrebbe essere il carrello della spesa, o un drone con cui stiamo realizzando un video. E ovviamente c'è l'idea di grandi gruppi di robot che ci muovono insieme - pensiamo ai veicoli autonomi su strada.

L'idea, come ha suggerito Tobi Delbruck dell'Institute of Neuroinformatics (prezzo l'Università di Zurigo) è "meno simile a preda e predatore e più simile alla pastorizia, o a genitore e figlio". Per il momento tuttavia ci si accontenta di imitare i predatori, in particolare con un occhio artificiale che imita quello umano.

È lo stesso Delbruck ad aver inventato quest'occhio, insieme ai colleghi che hanno lavorato al progetto VISUALISE, finanziato dall'Unione Europea. Conferisce al robot una vista capace di misurare molti parametri a livello del singolo pixel, e di trasmettere le informazioni in tempo reale al sistema, grazie a una vera e propria retina artificiale.

È una differenza notevole rispetto a una normale telecamera, che è più lenta nel trasmettere i singoli frame che andranno poi elaborati. Di questa operazione si occupa una rete neurale di deep learning che può automigliorarsi di continuo e offrire quindi risultati sempre migliori, almeno in quelle situazioni che conosce. In quelle nuove, invece, i risultati possono essere del tutto imprevedibili come sottolinea il dottorando Diederik Moeys.