Canone TV in base al reddito, la ricetta tedesca

In Germania si discute di abbandonare la tassazione dei dispositivi, per passare ad una generica tassa sui media. In cambio la TV di Stato abbandonerà la pubblicità.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

La Germania vuole rivedere il concetto di canone televisivo. Da una tassa che grava su televisori, radio e computer, si vorrebbe passare ad un'imposta "sui media", che non tenga più conto dei dispositivi posseduti, ma solo del reddito.

Sede RAI.

Oggi i cittadini tedeschi pagano poco meno di sei euro al mese per la radio, e diciotto euro, sempre al mese, per la televisione. Alcuni, tuttavia, ritengono che l'approccio "per dispositivo" sia obsoleto, e che lo sarà sempre di più, perché diventa ogni giorno più difficile capire come i cittadini accedono all'informazione, e con che tipo di prodotto.

Secondo Pau Kirchhof (pdf), già consulente per il governo Merkel, un generico contributo per i media, diverso a seconda del reddito familiare, sarebbe più equo e moderno, ed eliminerebbe le ambiguità. In cambio le televisioni nazionali dovrebbero abbandonare del tutto la pubblicità, come accade in Spagna dal primo gennaio di quest'anno (dove però lo stato finanzia TVE direttamente, e il cittadino non paga canoni diretti).

Tra i vincoli, Krichoff suggerisce anche che l'ammontare del canone sia mantenuto lo stesso, affinché la variazione non diventi una scusa per un aumento indebito. La riforma, che sembra destinata all'approvazione, potrebbe diventare effettiva dal 2013.

La TV tedesca ha qualche vecchia gloria.

Un dibattito analogo, prima o poi, dovrà aprirsi anche in Italia. Il canone TV, infatti, più e più volte è stato oggetto di critiche, campagne di disobbedienza civile e tema politico. Ad oggi, quindi, anche da noi si sente il bisogno di rivedere il modo in cui si finanziano i canali pubblici, e come questo grava sui cittadini. Buona parte delle televisioni nazionali, in Europa, hanno abbandonato, o stanno abbandonando, la pubblicità.  Si può fare anche da noi? Forse, ma non è così semplice.

La situazione italiana, fino ad oggi, è però più complessa, a causa del duopolio di fatto, quando si tratta di raccolta pubblicitaria. Il passaggio ai canali digitali, con più operatori, e l'ingresso di SKY sul digitale terrestre (La UE schiaffeggia Mediaset, Sky vince sul DTT), tuttavia, potrebbero stimolare la riflessione su questo tema.