Capacità distintiva e originalità

Creare un'impresa in Italia vuole dire inventarsi un marchio. Ecco quali regole bisogna seguire ancora prima di cominciare a progettare il proprio marchio. Un simbolo che deve identificare in modo univoco un'azienda o un prodotto, ma anche trasmettere un'idea e un'emozione.

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a cura di Tom's Hardware

Capacità distintiva e originalità

Il marchio deve in primo luogo trasmettere un messaggio ovvero consentire di distinguere i beni e servizi dei diversi produttori e per questo i tecnici del diritto parlano di funzione distintiva e da essa fanno discendere il c.d. diritto di esclusiva d'uso del marchio. Per comprenderne il motivo non è necessaria alcuna acrobazia intellettuale, è sufficiente operare una semplice constatazione: se più soggetti potessero indistintamente usare il medesimo marchio lo stesso non sarebbe più idoneo a distinguere o individuare nulla.

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Detta in altri termini, un marchio che non soddisfa i requisiti di identificazione invia un messaggio fuorviante ai consumatori integrando un vero e proprio inganno.

La funzione distintiva ricopre un ruolo di tale importanza da essere ad esempio vietata la registrazione di marchi generici. Ciò nondimeno sono ammessi i fenomeni di c.d. secondary meaning e di volgarizzazione.

Il secondary meaning, introdotto nel nostro sistema giuridico dal 1992, altro non è se non l'acquisto del carattere distintivo da parte di un marchio generico ovvero carente del prescritto requisito di originalità.

Si parla di Secondary Meaning quando un marchio non originale, generico, con il tempo acquista un proprio valore e significato.

Peccano in originalità tutti i marchi che contengono denominazioni generiche, indicazioni meramente descrittive dei caratteri essenziali e della provenienza geografica, i segni divenuti di uso comune. È una mancanza che interessa normalmente i cosiddetti marchi deboli, cioè quelli che hanno una ridotta capacità distintiva con la conseguenza che non potrà impedirsi a nessuno di utilizzare la parte generica della denominazione. Sono tipicamente deboli i marchi farmaceutici che solitamente propongono nella denominazione il nome del principio attivo utilizzato. Celebri esempi di secondary meaning sono invece quelli di National Geographic, Mont Blanc, Divani&Divani, Autogrill: erano originariamente deboli ma poi si sono evoluti in marchio forte attraverso la diffusione e affermazione nel mercato.

Al contrario la volgarizzazione è il fenomeno che conduce alla perdita dei diritti su un marchio quando ciò consegue a una sopravvenuta incapacità distintiva dello stesso. La capacità distintiva può essere smarrita anche a seguito della mancata reazione alle contraffazioni o all'inserimento in dizionari o enciclopedie. Marchi come Nutella e Aspirina hanno in proposito ottenuto di vedere apposto anche nei dizionari che li hanno rubricati il simbolo ® (marchio registrato). Classici esempi di marchi volgarizzati sono invece Premaman o Nylon o Walkman che hanno subito un radicale mutamento giungendo a identificare non più una precisa azienda, ma piuttosto una categoria di prodotti con caratteristiche analoghe.

Novità, liceità e verità

Ai fini della registrazione il marchio, oltre che avere carattere distintivo e originalità, dovrà soddisfare i requisiti di novità, liceità e verità.

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La novità, diversa dall'originalità, implica che il marchio adottato sia nuovo o non adoperato da altri come marchio o, più in generale, come altro segno distintivo quale, ad esempio, il nome a dominio. La questione è di estrema rilevanza e implica la necessità di una ricerca di anteriorità utile ad escludere, entro il territorio di interesse, che non vi siano marchi identici o simili anche sul piano concettuale, fonetico o visivo come 2020 e ZOZO.

Con riguardo alla liceità basta dire che tra i marchi cui si è rifiutata la registrazione vi sono esempi quali IbizaFukingisland, Vafanqulo, Cannabis, Cojones, ETA. Il C.P.I. non consente infatti di registrare segni contrari alla legge, all'ordine pubblico, al buon costume o in ogni caso idonei a ingannare il pubblico in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti e/o servizi, nonché i segni il cui uso costituirebbe violazione di un altrui diritto d'autore o altro diritto esclusivo di terzi. Inutile dire che alcune valutazioni in merito alla liceità del marchio lasciano dubbi per il margine di discrezionalità usato in concreto.

Il codice prevede altresì che marchio possieda la qualità della verità ovvero la inidoneità a ingannare i consumatori con riguardo alla provenienza e/o natura e/o qualità di beni e servizi.