Caso Telecom, Copasir: a rischio la sicurezza nazionale

La rete nazionale è davvero a rischio con l'arrivo di Telefonica?

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a cura di Dario D'Elia

La rete di Telecom Italia in mano a Telefonica diventa un problema di sicurezza nazionale. Secondo  il presidente del Copasir Giacomo Stucchi vi sarebbero gravi rischi poiché "la rete Telecom è la struttura più delicata del paese, attraverso cui passano tutte le comunicazioni dei cittadini italiani ed anche quelle più riservate". Al più presto vi sarà una riunione con gli addetti ai lavori e sarà chiesto l'intervento del direttore del dipartimento delle informazioni per la sicurezza Giampiero Massolo per i dettagli dell'operazione.

Stupisce un po' tutti questa dura presa di posizione, non tanto per la legittimità dell'analisi bensì per i toni. Telefonica, anche se oggi prende in mano la governance, è stata pur sempre azionista di peso in Telco (la holding di Telecom Italia). Dopodiché sollevare il problema della sicurezza delle reti perché arrivano gli spagnoli, quando gli italiani del Tiger Team hanno intercettato illegalmente mezza Italia per attuare ricatti di ogni tipo fa un po' sorridere. Ok, siamo ancora a sentenze di primo grado, ma il materiale in mano alla Procura rimane scottante.

Rischio sicurezza nazionale?

Non di meno il totale disinteresse nei confronti della nostra rete mobile, la cui implementazione infrastrutturale è totalmente in mano ai cinesi. Aziende come Huawey e ZTE negli Stati Uniti, Regno Unito, India e altri paesi sono state escluse dal partecipare ad appalti di importanza nazionale. Da noi la questione non si è neanche posta, fermo restando il fatto che non si tratta di colpevolizzare nessuno, bensì valutare.

Il dibattito politico sulla questione Telecom si è infervorato. Il commento del presidente del consiglio Enrico Letta probabilmente non ha aiutato. "Guardiamo, valutiamo, vigileremo sul fronte occupazionale, ma bisogna ricordare che Telecom è una società privata e siamo in un mercato europeo", ha ricordato, pur sapendo che riferirà alla Camera martedì primo ottobre.

"Tuttavia vorrei ricordare a tutti quelli che stanno parlando in queste ore che Telecom è stata privatizzata, e che di tutte le privatizzazioni italiane non credo sia stata uno dei più grandi successi. Quindi anche se arrivassero dei capitali europei credo potrebbe aiutare Telecom a essere migliore rispetto agli ultimi 5 anni".

Tutti i partiti si attendono risposte e hanno espresso preoccupazione. I sindacati ovviamente hanno il timore che l'operazione su Telecom possa avere esiti negativi sull'occupazione. Prevedibile quindi che si inizi a parlare di "golden share", ovvero la possibilità per il Governo di attivare quei poteri speciali di intervento previsti per le grandi società ex-pubbliche, ormai privatizzate. Il problema è che la riforma Monti attuata l'anno scorso sulla normativa (per non incorrere nelle sanzioni della UE) prevede situazioni di eccezionale minaccia per gli interessi pubblici. Dalla sicurezza al funzionamento delle reti e degli impianti; senza contare la  continuità delle forniture.

Dopodiché per quanto riguarda la possibilità di esercitare il potere di veto nei casi di cambio di proprietà bisogna ricordare che per straniero lanzichenecco si considera solo un extra-europeo, non certo uno spagnolo.

"L'importante è che si trovi un assetto per gli investimenti necessari per continuare a mantenere la qualità della rete", ha dichiarato Francesco Caio, AD di Avio e commissario al governo per l'attuazione dell'Agenda digitale.

"Gli anni a venire si chiamano internazionalizzazione, standard aperti. Telecom nel futuro farà parte di un grande gruppo come altri gestori italiani. Si tratterà di assicurare, attraverso la regolamentazione e strumenti quali per esempio la golden power di cui il governo dispone, che un asset strategico come la rete di telecomunicazioni continui a ricevere gli investimenti necessari per la sua qualità".

Ecco finalmente il buon senso di un addetto ai lavori che guarda avanti. Secondaria la questione della nazionalità, se poi i capitani coraggiosi italiani non hanno denaro da investire. E storicamente tutto questo è già avvenuto in passato: possibile che nessuno abbia ancora imparato la lezione?

Il vero nodo della questione comunque è un altro, e al solito riguarda un tecnicismo poco comprensibile all'opinione pubblica e quindi raramente spiegato con chiarezza sui media. Ci prova oggi Luigi Zingales, professore dell’università di Chicago Booth e leader dei consiglieri indipendenti della Telecom, sulle pagine de La Repubblica. "È con disappunto che i consiglieri indipendenti di Telecom osservano come l'ordinamento italiano non contempli strumenti di tutela della maggioranza degli azionisti, quando pacchetti in grado di conferire il controllo di fatto finiscono nelle mani di azionisti in conflitto con l'interesse sociale. È questo il caso di Telefonica, un concorrente diretto di Telecom in Argentina e Brasile, che rischia di forzare Telecom Italia alla dismissione di asset preziosi per il rilancio della società".

In pratica grazie a un "buco normativo" Telefonica con il solo 14,5% di Telecom Italia riesce a tenere in pugno l'azienda. L'offerta per tutti gli investitori è prevista solo nel caso in cui un’azionista abbia oltre il 30% di una società. È il giochino di Telco, la holding dell'ex-monopolista. E così anche nella migliore delle ipotesi Telefonica potrà procedere con l'acquisto sborsando complessivamente non più di 850 milioni di euro.