Come ti stronco Google: gli operatori pensano di bloccare la pubblicità

Gli operatori mobili stanno pensando di impiegare tecnologie capaci di bloccare le pubblicità: sarebbe un notevole danno per Google e non solo.

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a cura di Dario D'Elia

"Come si sconfigge Google?" si devono essere chiesti gli operatori di telefonia mobile. La risposta è segandogli le entrare pubblicitarie. Quindi non ci si deve stupire se sono iniziate a filtrare indiscrezioni sulla possibile adozione di tecnologie che domani potrebbero essere impiegate per filtrare le campagne pubblicitarie del colosso statunitense e non solo.

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Shine

Un operatore mobile, che ha preferito rimanere anonimo, ha confidato al Financial Times di aver già istallato software specifici nei suoi datacenter e di aver deciso di attivarli entro la fine del 2015. Queste applicazioni dovrebbero essere in grado di bloccare il caricamento della maggior parte dei tipi di campagne (non solo banner) su pagine web e app senza interferire con quelle embeddate di piattaforme come Facebook e Twitter.

La tecnologia in questione è stata sviluppata dalla startup israeliana Shine, che fra i suoi azionisti include anche include Horizon Ventures, il fondo di investimenti del magnate Li Ka-shing (Hutchison Whampoa). Non sappiamo il nome dell'operatore mobile che ha conversato con il quotidiano anglosassone, ma molto lascerebbe presupporre che potrebbe trattarsi di H3G, con tutte le cautele del caso.

"10 milioni di abbonati mobili nel mondo opteranno per il blocco della pubblicità entro la fine dell'anno", ha commentato Roi Carthy, chief marketing officer di Shine. "Se dovesse scalare potrebbe avere un impatto devastante per l'industria della pubblicità online".

È probabile che gli operatori che adotteranno un sistema di blocco lo renderanno opzionabile: insomma, gli utenti potranno decidere in autonomia se attivarlo o meno. Altri potrebbero spingersi oltre è bloccare di default ma rischierebbero problemi di stampo legale e attriti nel settore.

Per Shine eliminare la pubblicità invasiva è un diritto del consumatore anche se può nuocere al modello di business degli editori online. Secondo le stime della startup israeliana pop-up, auto-playing video e altre forme di capagne digitali possono consumare tra il 10% e il 50% dei piani dati, a seconda dei casi.