Conclusioni

Quando si scrive o si commenta un contenuto presente su Internet, di chi è la responsabilità?

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a cura di Tom's Hardware

Conclusioni

Alla luce del nuovo orientamento giurisprudenziale - di gran lunga più severo rispetto al passato - è senz'altro lecito continuare ad esprimere un'opinione personale o critiche, purché si utilizzi un linguaggio sì deciso, ma garbato, non denigratorio o insinuante e, soprattutto, senza la volontà e la consapevolezza di offendere l'altrui reputazione.

Emblematico sul punto è il caso della giornalista de L'Unità, Marina Morpurgo, rinviata a giudizio con l'accusa di diffamazione per aver criticato sulla propria pagina Facebook una scuola professionale che aveva diffuso una campagna pubblicitaria - avente come protagonista una bambina bionda con un rossetto in mano e la frase "Farò l'estetista, ho sempre avuto le idee chiare" - ritenuta dalla giornalista lesiva della dignità della donna.

La giornalista, in particolare, decideva di pubblicare un commento sul suo profilo personale di Facebook, in cui - impiegando una citazione tratta dai vecchi fumetti di zio Paperone - affermava che "chi concepisce un manifesto simile andrebbe impeciato ed impiumato". La prima udienza del processo è prevista per il 15 maggio 2015, in occasione della quale il giudice dovrà decidere se si tratti davvero di diffamazione a mezzo stampa.

Accanto ai commenti su Facebook, particolare rilievo, sotto il profilo della diffamazione, sta assumendo più di recente anche il fenomeno del c.d. "retweet". Un retweet consiste nel condividere con i propri followers, attraverso il proprio account Twitter, un messaggio già condiviso da altri. Questo messaggio potrebbe contenere in sé o la frase offensiva, oppure un link ad una pagina web dal contenuto diffamatorio: nel primo caso, responsabile della diffamazione potrà essere considerato sia l'autore del tweet originale che l'autore del retweet, essendo peraltro giuridicamente irrilevante l'aver inserito, sul proprio profilo, l'inciso "reetweets are not endorsement" (letteralmente: i retweet non costituiscono approvazione); nel secondo caso potrà, invece, assumere rilevanza, in funzione di "scusante", il fatto che chi ha ritwittato abbia realmente letto o meno la pagina linkata.

È dunque opportuno che l'utente della Rete, il quale decida di manifestare online la propria opinione - ad esempio "postando" un commento sul proprio profilo Facebook - in relazione ad un politico, ad un personaggio noto, ad un amico, ad un prodotto, ad un servizio o alla campagna pubblicitaria di un'azienda, eviti l'uso di espressioni offensive, denigratorie o anche dubitative o allusive, tali da sfociare in attacchi personali che, direttamente o indirettamente, possano incidere sull'altrui sfera morale e privata. 

La Dott.ssa Alessandra Tiripicchio è laureata in Giurisprudenza presso l'Università di Bologna. Collabora con lo Studio Legale Associato Fioriglio-Croari e si occupa, in particolare, di tutela dei consumatori.