Conseguenze sul piano pratico

Creare un falso account su Facebook o simili non è solo proibito dalle politiche del social network ma può anche essere un reato grave. Fingersi un'altra persona per danneggiarla o per trarne un vantaggio personale, infatti, può portare a conseguenze legali molto serie.

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a cura di Tom's Hardware

Conseguenze sul piano pratico

Posto che, a norma dell'art. 4 del D.lgs n. 196/03 (Codice della privacy), l'immagine di una persona è da qualificarsi come "dato personale", l'illecita pubblicazione di immagine altrui senza previo consenso, assume rilevante importanza sotto il profilo civile, penale e amministrativo.

Sul piano civile, il soggetto che ha subito la lesione del diritto all'immagine ha la possibilità di richiedere in sede giudiziale il risarcimento del danno patrimoniale e non, ma per ottenerlo dovrà necessariamente provarlo, diversamente potrebbe essere valutato in via equitativa.

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Immagine: kantver/Depositphotos

Le criticità si verificano in particolare quando il soggetto che ha subito la lesione non sia un personaggio pubblico e non vi sia quindi un "valore commerciale" di riferimento per la propria  immagine: infatti, in tali ipotesi il rischio è quello che un eventuale giudice possa non riconoscere il giusto patimento subito in occasione della pubblicazione delle immagini, non avendo un parametro di riferimento di tali foto.

Lo stesso vale anche per il danno non patrimoniale, inteso come ogni lesione di un valore inerente alla persona protetto dalla Costituzione - come può essere la reputazione - da cui derivino pregiudizi non suscettibili di valutazione economica quale conseguenza della pubblicazione della propria immagine.

Per quel che concerne il profilo penale invece, come sancito dalla Suprema Corte di Cassazione, la divulgazione di immagini altrui attraverso un profilo Facebook creato illegittimamente appare idonea ad integrare il reato di diffamazione aggravata di cui all'art. 595, comma 3, c.p. La sentenza in questione, n. 4741, statuiva, a tal proposito, che: «il reato di diffamazione aggravata è configurabile anche quando la condotta dell'agente consista nell'immissione di scritti o immagini, lesivi dell'altrui reputazione, nel sistema "internet", sussistendo, anzi, in tal caso, anche la circostanza aggravante di cui all'art. 595, comma 3, c.p.».

Oltre alla disposizione appena citata, è possibile individuare un'altra norma che punisce penalmente il soggetto responsabile della divulgazione dell'altrui immagine. Si tratta dell'art. 167 del Codice Privacy, il quale, in materia di trattamento illecito di dati, prevede il soggetto agente una pena che può arrivare sino ai 24 mesi di reclusione. Nelle ipotesi appena menzionate occorre tuttavia che il soggetto abbia agito al solo scopo di "trarne per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno", che rende quindi necessario provare l'effettiva sussistenza di tali elementi (si tratta del cd. dolo specifico)

Per ultimo oltre alle conseguenze sotto il profilo risarcitorio e penale occorre evidenziare la possibilità per l'autore della pubblicazione e diffusione dell'altrui immagine, di incorrere in sanzioni amministrative, per altro molto salate: l'art. 162 del predetto codice, al comma 2 bis individua sanzioni che possono arrivare sino ai 120.000 euro nei casi più gravi per l'autore del reato di cui all'art. 167.