Continuum: crimini e viaggi temporali

Un poliziesco che mischia fantascienza, tematiche sociali e viaggi nel tempo. Un mix riuscito? Non del tutto, ma merita la visione.

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a cura di Andrea Balena

Insieme alle produzioni cinematografiche americane e ai prodotti più coraggiosi provenienti dalla Gran Bretagna, altri paesi si sono affacciati col tempo nel proficuo mondo delle serie Tv. Uno di questi è il Canada, che - pur senza raggiungere i livelli produttivi dei vicini di casa - ha creato alcuni buoni prodotti con un ottimo seguito: negli ultimi anni con lo storico Vikings e il particolare Orphan Black oppure con le serie di Stargate, un franchise divenuto un piccolo cult della fantascienza anni '90.

Fra le produzioni originali degli ultimi anni a farsi notare è stato sicuramente Continuum, la serie di fantascienza ideata da Simon Barry, che mette al centro della storia viaggi temporali, paradossi e futuri distopici, conditi con una grande quantità di azione al cardiopalma. Attualmente presente sul catalogo Netflix, offre una visione interessante, soprattutto se siete alla ricerca di qualcosa di classico-ma-non-troppo nel panorama seriale.

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Anno 2077: dopo decenni di guerre civili e crisi economiche e ambientali, il governo ha lasciato a ricche multinazionali il compito di riformare la società. Sotto il controllo di queste aziende private, il Canada (e presumibilmente anche il mondo) è diventato uno stato dove la privacy è gestita dalla polizia con il consenso dei cittadini, per evitare crimini e disordini. La città di Vancouver è il nuovo polo del mondo, una ricca metropoli composta da gigantesche cattedrali di vetro e immensi pannelli al neon - in pieno stile Blade Runner ma più scintillante e meno orientale.

Eppure il crimine non cessa di esistere, e in questo caso assume la forma del gruppo anarchico Liber8. Arrestati e condannati a morte dopo un attentato al Congresso, il gruppo riesce a fuggire con una misteriosa macchina del tempo, che li riporta al 2012 con l'obiettivo di modificare gli eventi futuri. Ciò che non avevano previsto è che con loro avrebbe viaggiato pure la poliziotta Kiera Cameron (Rachel Nichols), la nostra eroina. Separata dalla famiglia e persa in un'epoca a lei estranea, l'agente sarà aiutata dal giovane hacker Alec Sadler (Erik Knudsen), colui che nel futuro sarà a capo del Congresso.

Lo show, una volta superato il lungo ed esaltante pilota, assume i connotati di un poliziesco procedurale: tramite l'intervento di Alec, Kiera riesce a entrare nella polizia di Vancouver per continuare legalmente la caccia ai terroristi. Ogni puntata rappresenta il classico caso della settimana, autoconclusivo nella sua risoluzione ma che diventa un tassello fondamentale nella trama orizzontale della stagione. Le parti ambientate nel futuro continuano ad essere presenti nello show principalmente come flashback (o dovremmo dire flashforward?) della protagonista e degli antagonisti.

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Questi ultimi risultano funzionali sia per caratterizzare il mondo del 2077 sia per chiarire in cosa consiste il controllo della polizia. Quando però, puntata dopo puntata, sono narrati i retroscena nella vita della protagonista diventano evidenti dettagli che risultano in contrasto con l'assunto iniziale: scopriamo allora che Kiera è sì un'agente attento e meticoloso nel suo lavoro, ma già si poneva domande sulla realtà in cui viveva e sulla liceità delle azioni del governo del futuro.

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Il personaggio di Alec è particolarmente interessante, anzi da timido nerd diventa sempre più audace dopo aver appreso il suo ruolo negli eventi futuri. La buona recitazione dell'attore renderà evidente il suo conflitto interno sulla strada da percorrere: diventerà il distruttore della società come lo dipingono i terroristi oppure sfrutterà la situazione per cambiare il destino del mondo?

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Se il cast dei "buoni" risulta ben caratterizzato ed omogeneo, a non brillare sono decisamente i cattivi, le cui motivazioni e ideali rimangono agli occhi dello spettatore sempre troppo confusi e a volte contraddittori. È il tallone d'Achille di molte produzioni popolari, dove il male è sempre edulcorato o banalizzato da intenti buonisti, e trasforma gli antagonisti in macchiette che difficilmente spiegano in modo plausibile le loro motivazioni.

Quello che inizialmente è un po' il cavallo di battaglia dello show, ovvero il viaggio temporale, alla lunga diventa un'arma a doppio taglio della sceneggiatura, come è spesso accaduto in produzioni simili: giocare con il continuum degli eventi, specialmente senza reali basi scientifiche, rischia di appesantire inutilmente le vicende. Similarmente a quanto avvenuto in Fringe, Simon Barry inserisce più personaggi e amplia a dismisura l'universo narrativo, rinnovando la formula della serie ma rischiando al tempo stesso di rendere difficile la comprensione dell'intreccio da parte dello spettatore.

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Il tutto rimane comunque visivamente piacevole, con scene d'azione credibili - pur non memorabili - e ben costruite registicamente, condite da buoni effetti speciali come nel caso della tuta di battaglia della protagonista. Certamente la visione delle quattro stagioni dello show scorre senza particolari intoppi, a patto di tenere a freno la propria incredulità.