Corna analogiche, moralismi digitali e scarsa sicurezza

Non è soltanto questione di corna e moralismo. L'attacco al sito di incontri per adulteri Ashley Madison tocca il nervo scoperto della sicurezza informatica e mette sotto accusa le aziende che non investono adeguatamente per proteggere i dati sensibili degli utenti.

Avatar di Pino Bruno

a cura di Pino Bruno

A completare il feuilleton Ashley Madison arrivano anche i suicidi. Utenti che si sarebbero tolti la vita per non essere travolti dallo scandalo sessual-digitale. Indagini ancora in corso, dice la polizia canadese, ma tanto basta per ridare vigore alla morbosità planetaria. L'attacco informatico alla piattaforma per adulteri, che ha svelato identità, mail e gusti sessuali di 32 milioni di iscritti, è stato l'evento ghiotto del gossip ferragostano.

Mappa del tradimento 2015

Corna esposte al pubblico ludibrio dai (presunti) hacker di Impact Team, un gruppo finora sconosciuto il cui intento – a quanto pare – è stato quello di denunciare l'ipocrisia che si nasconde dietro l'infedeltà coniugale. Poco importa ai responsabili dell'attacco che quei 9,7 Gb di informazioni rese disponibili sui siti crittografati del Deep Web vengano usati anche per ricattare gli adulteri potenziali e addirittura costringerli al suicidio

Senza tener conto che in molti paesi le abitudini sessuali "difformi" sono punite con carcere e lapidazione. Insomma non c'è traccia, in questa azione, dell'approccio che caratterizza gli hacker etici sempre in prima linea per sbugiardare multinazionali e poteri forti. Non si tratterebbe di hacker bensì di criminali comuni, che hanno agito con destrezza e professionalità sospette, come sottolinea la BBC. Delinquenti che potrebbero aver sollevato il polverone di moralismo mediatico per nascondere il vero intento di far soldi con le estorsioni

Ashley Madison

Non sappiamo se la taglia di 500mila dollari promessa dai proprietari di Ashley Madison permetterà di accelerare l'identificazione dei responsabili del furto. Quello che ci preoccupa di più è constatare ancora una volta che le aziende che custodiscono i nostri dati sensibili non fanno abbastanza per proteggerli. Cioè non fanno investimenti adeguati per tutelare reti e server dagli attacchi di una criminalità sempre più agguerrita e competente.

Ben venga dunque la sentenza emessa ieri dalla Corte d'appello federale degli Stati Uniti, che dà mandato alla Federal Trade Commission (FTC) di perseguire le aziende che non difendono le informazioni di utenti e consumatori. Chi sbaglia perché non vuole tirar fuori soldi per la sicurezza informatica non potrà più cavarsela con un buffetto sulla guancia.