Cyberlegs: le gambe bioniche della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa

La Scuola superiore Sant'Anna di Pisa coordina il progetto europeo Cyberlegs, che punta a sviluppare arti bionici capaci di fornire una camminata fluida.

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a cura di Dario D'Elia

Era il 1980 quando su Italia 1 andava in onda "L'uomo da sei milioni di dollari". La serie TV raccontava le vicende del colonnello Steve Austin, un uomo che poteva contare su gambe, braccio destro e occhio sinistro bionici. Beh, oggi le gambe bioniche sono realtà grazie al progetto Cyberlegs coordinato dall'Istituto di Biorobotica della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa. La Commissione europea l'ha finanziato con 2,5 milioni di euro a dimostrazione che c'è grande fiducia nei risultati.

cyberlegs

cyberlegs inferiore

D'altronde dai primi timidi passi oggi si contano almeno 11 persone con gambe bioniche Cyberlegs. "Abbiamo messo insieme più tecnologie che aiutano a tornare a camminare in modo naturale", ha spiegato il coordinatore del progetto, Nicola Vitiello, a La Repubblica.

La novità sostanziale rispetto ad altre tecnologie è che un amputato (al di sopra del ginocchio) può ottenere fluidità di movimento e una riduzione del rischio caduta. Da agosto scorso presso la Don Gnocchi di Firenze i test hanno confermato la bontà degli assunti del 2012, quando l'allora rettore Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa Maria Chiara Carrozza decise di impegnarsi per avviare il progetto.

Cyberlegs si basa sullo studio e sviluppo di vari tipi di protesi. Il tutore robotizzato del bacino assiste il movimento e permette di flettere e di estendere l’anca. Per altro tutto è contenuto in una sorta di zainetto ergonomico che non altera la postura. L'autonomia delle batterie al momento è di 3 ore.

cyberlegs bacino

cyberlegs supporto

"A ogni passo l’ortesi robotizzata fornisce all’amputato un surplus di energia e permette in questo modo di ripristinare un cammino più fisiologico. Durante il progetto questo dispositivo è stato testato con successo da sette amputati, che hanno potuto interagire con il dispositivo in maniera intuitivo e, al tempo stesso, sperimentando un cammino più fisiologico", ha spiegato Vitiello.

La protesi transfemorale motorizzata invece permette di camminare, di sedersi, di salire o di scendere le scale. In abbinamento con il tutore attivo di bacino ecco quello che i ricercatori definiscono "orto-protesi". Un conto è la protesi, che sostituisce l'arto, un conto il dispositivo che fluidifica il movimento.  

"Nel lungo periodo è possibile immaginare che queste tecnologie saranno adottate in maniera progressiva e che il loro impatto sulla società sarà tangibile. Le persone amputate potranno contare su una nuova generazione di sistemi robotici leggeri per ottenere una più alta mobilità, unita a una migliore qualità della vita", ha concluso Vitiello.