DDLStorage oscurato: business pirata da 1,3 milioni di euro

L'operazione "Italian Black out" della Guardia di Finanza ha consentito la chiusura di DDLStorage, il più importante cyberlocker pirata italiano. Si stima un business di 1,3 milioni di euro legato agli abbonamenti premium.

Avatar di Dario D'Elia

a cura di Dario D'Elia

DDLStorage, il primo cyberlocker pirata italiano, è stato oscurato tramite blocco IP e DNS dalla Guardia di Finanza per ordine della Procura della Repubblica di Cagliari. Oggi durante la conferenza stampa le Fiamme Gialle hanno illustrato nei dettagli quella che è stata battezzata come operazione "Italian Black out".

In pratica gli investigatori hanno scoperto che la piattaforma consentiva l'accesso a milioni di opere protette dal diritto d'autore: film, telefilm, serie TV Sky, videogiochi, riviste, eccetera. Se l'anno scorso era stato inibito l'accesso a DDLHits, in questi giorni è stato appurato un collegamento societario con la piattaforma di storage pirata. Si parla di ben 120 server dislocati inizialmente in Francia e poi successivamente in Olanda. Una migrazione che è avvenuta "congiuntamente ad una cessione del servizio DDLStorage a una società lussemburghese" anche se il controllo continuava a essere italiano.

DDLStorage

Insomma, secondo gli inquirenti si tratta della prima operazione che svela il legame diretto tra sito vetrina (già sequestrata) e il cyberlocker di riferimento. Un meccanismo che per altro puntava a fidelizzare gli utenti tramite compenso.

Si stima che l'attività pirata abbia generato in poco più di un anno di attività oltre 1,3 milioni di euro "tramite la vendita di abbonamenti premium" al servizio storage. I donwload hanno raggiunto quota 460 milioni ed è probabile che anche la pubblicità abbia contribuito a far crescere il business complessivo. I file complessivi avevano raggiunto 11,4 milioni di unità.

Al momento si contano 20 indagati in tutta Italia, che avrebbero alimentato il database di contenuti pirata. Hanno subito in queste ore perquisizioni, ispezioni informatiche e sequestri. Da rilevare infatti che solo il 3% degli utenti della piattaforma era direttamente coinvolto nell'uploading. E di questo lo 0,2% riceveva un compenso relativo al successo del materiale caricato.

"È fondamentale comprendere come la gestione di attività criminali di questo genere abbia un rilevante impatto sul mercato e sull'offerta legale in rete. Non si può parlare di attività di fruizione marginale in casi così sofisticati, in cui l'obiettivo diventa lo sviluppo di un mercato parallelo molto lucrativo", ha commentato Enzo Mazza, presidente di FIMI.