Deficit dell'attenzione e uso dei media moderni. Uno studio e la parola dell'esperto

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a cura di Manolo De Agostini

Secondo un nuovo studio realizzato da ricercatori della University of California, i giovani che passano molto tempo sui media digitali (social, video, ecc.) sembrano evidenziare un aumento dei sintomi di disturbo da deficit di attenzione / iperattività (ADHD). L'analisi ha interessato un gruppo di quasi 2600 adolescenti delle scuole superiori negli Stati Uniti per due anni.

Gli studenti che hanno usato più tipi di media digitali per più volte al giorno hanno fatto registrare circa il doppio delle probabilità di riportare sintomi di ADHD rispetto ai compagni meno attivi digitalmente, secondo quanto pubblicato sul Journal of the American Medical Association.

Altre ricerche in passato avevano collegato i media digitali (come i social network) a cambiamenti nella salute mentale; l'uso di Facebook, ad esempio, è stato correlato a un calo del benessere psicologico, ma è difficile stabilire quale sia la causa. Gli studi sulla depressione dicono ad esempio che le persone depresse che trovano difficile socializzare sostituiscono l'interazione reale con quella virtuale, ma non è Internet la causa scatenante della depressione.

La nuova indagine non esclude che sintomi emergenti di ADHD spingano i più giovani verso la gratificazione istantanea data dei media digitali. Al tempo stesso potrebbe significare che le costanti distrazioni date dai media rendano più difficile agli adolescenti acquisire la virtù della pazienza, controllare gli impulsi e la concentrazione, tutte cose che portano a determinare il deficit.

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Jenny Radesky, assistente professore di pediatria all'Università del Michigan, ritiene che sebbene lo studio concluda che "c'è stata una statisticamente rilevante ma modesta associazione tra la maggiore frequenza nell'uso dei media digitali e i susseguenti sintomi di ADHD", siamo ben lontani dal sancire che il mondo virtuale danneggi seriamente la psiche dei giovani.

Si tratta tuttavia della prima indagine a dare uno sguardo lungo termine all'ADHD nel mondo moderno, dove l'uso dei media è diventato preponderante, con gli smartphone che offrono distrazioni immediate - che le si voglia oppure no.

Per arrivare a questa tiepida conclusione i ricercatori guidati da Adam Leventhal, professore di medicina preventiva della University of Southern California, hanno intervistato gli studenti del secondo anno di 10 differenti scuole nella contea di Los Angeles. Oltre 2800 hanno completato un questionario sui sintomi dell'ADHD e un altro sul loro uso dei media digitali.

L'indagine sull'ADHD ha richiesto agli studenti di valutare se affermazioni come "sono facilmente distratto" o "non ascolto quando mi si parla direttamente" si applicassero al loro caso. I giovani hanno anche dovuto compilare un sondaggio in cui elencavano la frequenza con cui usavano 14 diversi tipi di media digitali, come i siti di social media, l'invio di messaggi agli amici, la visione di TV o contenuti in streaming e i videogiochi.

Gli studenti che avevano già sintomi ADHD rilevanti sulla base del primo sondaggio sono stati eliminati dall'indagine perché i ricercatori volevano capire cosa c'era a monte: i sintomi oppure l'uso dei media. I quasi 2600 studenti che non hanno evidenziato sintomi rilevanti del deficit hanno continuato a essere analizzati, rispondendo alle stesse domande periodicamente per due anni.

Il team ha riscontrato che quasi l'81% degli studenti ha dichiarato di usare almeno una forma di media digitale più volte al giorno - spesso social e messaggi. L'aggiunta di qualsiasi piattaforma di media digitale usata con frequenza - streaming e giochi per esempio - ha segnato una maggiore probabilità di sperimentare i sintomi dell'ADHD.

I 495 giovani che hanno riportato un uso infrequente dei media digitale hanno evidenziato una chance del 4,6% di riportare i sintomi dell'ADHD nei successivi sondaggi. Tale probabilità è quasi raddoppiata, salendo al 9,5%, per i 114 studenti che hanno indicato l'uso frequente di sette delle 14 piattaforme di media digitali. La possibilità è salita al 10,5% per i 51 che hanno affermato di aver usato tutte e 14 le piattaforme più volte al giorno.

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Lo studio, così come svolto, ha chiare limitazioni: per prima cosa l'analisi è frutto di risposte da parte del campione analizzato. Come si sa, le persone possono non ricordare alla perfezione tutti i dettagli o essere riluttanti ad ammettere sintomi e comportamenti che sono stigmatizzati. Lo studio inoltre non è stato approfondito, arrivando a spiegare cosa potrebbe esserci alla base dell'aumento dei sintomi del deficit. Leventhal e i suoi colleghi hanno però alcune teorie.

Per esempio le continue notifiche potrebbero impattare sull'attenzione dei ragazzi e rendere ancora più difficile sviluppare le competenze di cui hanno bisogno per concentrarsi, causando un incremento dei sintomi. È anche possibile che avere la facilità d'uso e accesso a contenuti d'intrattenimento e sociali possa abituare alla gratificazione immediata, portando a uno sviluppo limitato della pazienza.

Non è da escludere che vi sia altro a portare i ragazzi sui media digitali e a interferire con la loro capacità di concentrazione. "I più grandi sono la povertà o lo stress psicosociale o la disfunzione familiare. Tutti questi sono correlati all'uso pesante dei media e tutti sono correlati a problemi dell'attenzione", ha spiegato Jenny Radesky.

smartphone scuola

Insomma, una conclusione certa non c'è ancora e la ricerca è solo agli inizi. Gli stessi ricercatori consigliano ai genitori di non entrare nel panico, di non stigmatizzare i nuovi media e di prendere lo studio come una possibilità di parlare con i propri figli in modo da capire perché usano i media digitali e quanto lo fanno, per capire se è possibile trovare un equilibrio.

Parola all'esperto

Per approfondire abbiamo chiesto un parere sullo studio a Ivan Ferrero, psicologo dei nuovi media e psicoterapeuta. Direttore tecnico e scientifico del portale www.bullismoonline.it, nonché autore di libri, e specialista nell'aiutare i genitori, i loro figli e i docenti a vivere in modo corretto e consapevole la nuova era digitale, anche tramite progetti e interventi on site.

Tom's Hardware: lo studio si pone di capire se l'uso frequente delle moderne piattaforme digitali come i social, è associabile all'insorgenza di sintomi di ADHD durante l'adolescenza.

La conclusione è che c'è stata una statisticamente rilevante ma modesta associazione tra le due cose e si rimanda a maggiori approfondimenti. Che ne pensa? Dobbiamo allarmarci? È uno studio che bisogna perseguire in base alla sua esperienza?

ivan ferreroÈ uno studio sicuramente interessante in quanto è uno dei pochi che effettua un'analisi longitudinale del fenomeno, anche se in un arco di tempo molto ristretto. In passato sono stati effettuati molti studi sull'argomento, ma la maggior parte di essi aveva trovato solamente una corrispondenza tra utilizzo dei social media e problemi mentali, ADHD, oppure deficit nella presa di decisioni e gestione delle proprie emozioni, senza essere in grado di dirci che cosa generi cosa.

Ciò che mi auspico è che vengano effettuati ulteriori studi sulla scia di quello citato in questo articolo, e che comprendano un periodo di tempo più lungo, andando così a rimediare ad una debolezza di questa ricerca.

Infatti se da una parte due anni sono un range di tempo apprezzabile, risultano comunque essere ancora troppo pochi se consideriamo la particolare fascia di età che vuole studiare.

L'adolescenza è il periodo dei forti cambiamenti e della crescita repentina. È il tempo delle tempeste ormonali, il periodo in cui ci si inizia ad affacciare al mondo e si inizia a scoprire la durezza della realtà che ci aspetta. Inoltre aumentano le pressioni sociali, le aspettative da parte dei genitori e della Società di riferimento.

Tutti fattori che ormai sappiamo essere legati all'insorgenza di fenomeni quali l'autoreclusione, i cosiddetti Hikikomori, oppure di molti disturbi alimentari, ed altri.

Ed è anche il periodo in cui i nostri ragazzi iniziano ad utilizzare maggiormente lo smartphone, aiutati dal fatto che spesso a questa età iniziano a possederne uno di loro proprietà e per via di una mente che sta crescendo di complessità e di autonomia, per cui si sentono naturalmente portati ad esplorare questo nuovo mondo più di quanto non facessero fino a pochi anni prima. Ad esempio da consumer diventano anche producer. Tutto questo comporta un maggiore utilizzo di questa tecnologia.

Bisogna quindi indagare se l'aumento di ADHD rilevato da questa ricerca sia effettivamente da imputare all'utilizzo maggiore del digitale, oppure se si tratti di due trend che crescono in parallelo.

Probabilmente se avessero monitorato anche i ragazzi che già presentavano segni di ADHD, anziché escludere questa parte di campione, avremmo avuto più elementi per risolvere questo dubbio.

Altro buon accorgimento sarebbe quello di monitorare questi ragazzi in un arco di tempo più lungo, ossia fino all'uscita dell'adolescenza, per osservare se questo aumento di ADHD è duraturo oppure solamente un fenomeno legato a questa particolare fascia di età, e quindi non collegabile all'utilizzo dei social media.

Detto questo allarmarsi, per quanto comprensibile, è inutile.

Il digitale è qui per restare ed evolversi, potremmo dire che fa ormai parte della naturale evoluzione dell'Essere Umano, e sarà sempre più presente nelle nostre vite e nelle vite dei nostri figli.

Quindi anziché allarmarsi io suggerisco di focalizzarsi sul come fare in modo che il digitale sia una risorsa, anziché percepirlo come un problema, il mostro da uccidere.

Lo studio è stato svolto negli Stati Uniti, in Italia secondo la sua esperienza i risultati sarebbero simili?

ivan ferreroMolto probabilmente sì. Per quanto la Cultura e la Società USA non siano esattamente le stesse dell'Italia, la globalizzazione e il digitale tendono a ridurre le distanze e i tempi, facilitando la commistione tra le diverse Culture e allineando i popoli.

Inoltre noi Italiani siamo soliti assorbire le usanze e i costumi provenienti da altri Paesi, soprattutto dagli USA.

A questo aggiungiamo che la cosiddetta ADHD è un fenomeno emergente anche nel nostro Paese, con numeri che crescono di anno in anno. Anche se ci sarebbe da aprire un capitolo a parte sull'appropriatezza o meno di alcune di queste certificazioni, si tratta comunque di un trend in crescita, tanto che in alcuni casi ci si chiede quanto questa ADHD non sia altro che una naturale evoluzione delle nuove generazioni, che sono sempre più veloci nel pensiero, e quindi più in grado di noi di passare da un compito all'altro in minore tempo.

Anche per ciò che riguarda l'utilizzo dello smartphone i numeri sarebbero allineati con le analisi USA, considerando che noi siamo uno dei Paesi con la più alta diffusione dei cellulari, e l'età in cui i nostri figli accedono a questo strumento si abbassa di anno in anno.

Cosa si sente di consigliare ai genitori spaventati di vedere i figli usare troppo lo smartphone, i social, i servizi in streaming? Vietarli, moderarli o proporre attività alternative e forse più utili allo sviluppo?

ivan ferreroSpesso genitori e docenti mi chiedono fino a quale età dovrebbero proibire ai loro figli l'utilizzo dei dispositivi elettronici. Io rispondo sempre domandando a mia volta perché mai dovrebbero impedirlo, e soprattutto per chi è veramente il problema, se per l'adulto o per il bambino.

Se ci si concentra sullo smartphone allora il timore di molti genitori è comprensibile, soprattutto per quei genitori che, come me, hanno vissuto quella che io definisco "Era pre-Web".

Noi che abbiamo vissuto il prima e adesso stiamo vivendo il dopo dell'Internet tendiamo ad assumere un atteggiamento funzionale del Digitale, e a concepire lo smartphone come uno strumento che ci serve in funzione della produzione di un risultato, come ad esempio rimanere in contatto con gli amici oppure gestire un documento di lavoro on the go.

Di conseguenza è normale per noi non capire, e neanche concepire, quale utilizzo potrà mai farsene un bambino di pochi anni, e guardiamo con sufficienza l'utilizzo che ne fanno i nostri adolescenti.

Questa visione è anche ciò che ci porta ad alimentare il gap generazionale tra noi e le nuove generazioni, perché abbiamo due modi differenti di concepire lo stesso elemento.

Possiamo sbloccarci da questa situazione nel momento in cui usciamo dalla concezione funzionale dello "strumento smartphone" ed espandiamo il nostro punto di vista al senso di questa tecnologia, ossia passiamo al "digitale come luogo di senso e di significato", che è il punto di vista delle nuove generazioni.

Del resto gli interventi che hanno dato i risultati migliori per problemi quali cyberbullismo e dipendenza da Internet sono proprio quelli che si approcciano al Web come ad un "ambiente cognitivo".

Le nuove generazioni sono nate e vissute in un mondo in cui non esiste soluzione di continuità tra analogico e digitale, in cui Internet non è né una tecnologia né uno strumento, ma semplicemente è qualcosa che c'è. Punto.

Esattamente come noi non ci alziamo la mattina chiedendoci se ci sarà aria, loro non si chiedono se ci sarà Internet, perché lo danno per scontato. Altro elemento da tenere in considerazione è che Internet è un artefatto culturale prodotto della nostra Società.

Gli adulti di ogni Società di ogni Tempo producono artefatti culturali che tramandano alle nuove generazioni.

Queste nuove generazioni, a loro volta, avendo avuto la possibilità di sperimentare il nuovo artefatto sin da piccoli, imparano a padroneggiarlo, solitamente giocandoci, smanettandoci, ed è proprio grazie a questa padronanza che saranno in grado di migliorare l'artefatto in questione, o addirittura trascenderlo e inventare qualcosa di completamente nuovo.

I dispositivi digitali e Internet sono i nostri artefatti culturali del 2000 dC. Privare i nostri ragazzi di questi artefatti significa bloccare o rallentare il nostro stesso processo evolutivo. Inoltre il digitale è il loro futuro. Ha quindi davvero senso privare ai nostri piccoli di queste opportunità?

Forse esiste un'altra soluzione: focalizzarsi sulla qualità, anziché sulla quantità. Il digitale non è uno strumento: il digitale è un ambiente, e come tale è fatto di strade, di luoghi, di cose che accadono.

Ed è il mondo che i nostri ragazzi vivranno quando saranno più cresciuti. Che senso ha impedirgli di esplorare questo mondo?

Oppure non è meglio aiutarli ad esplorarlo nel modo giusto, rendendo i nostri figli consapevoli dei rischi ma anche delle opportunità, esattamente come facciamo quando iniziamo ad uscire con loro di casa e iniziamo a spiegargli come devono attraversare le strade e che non devono "accettare caramelle dagli sconosciuti"?

Perché solamente così avremo delle generazioni abbastanza smaliziate da essere in grado di riconoscere il pericolo digitale quando gli si presenterà, e abbastanza "sveglie" da potere prendere questa pesante eredità e svilupparla per donare al genere umano nuove prospettive.