Digital divide italiano: Meridione a posto, il Nord non ha soldi

Per risolvere il problema del digital divide il Centro Nord ha bisogno di 400 milioni di euro: è iniziata la ricerca. In Meridione la questione non si pone grazie ai Fondi UE. A giugno sarà presentato il decreto DigItalia.

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a cura di Dario D'Elia

Il Governo Monti è convinto che con il decreto DigItalia di giugno sarà in grado di rispondere adeguatamente al problema del digital divide italiano. Oggi i dati dicono che quattro famiglie su dieci non possono attivare servizi ADSL residenziali. La media UE delle abitazioni con accesso Internet è del 73%; noi non andiamo oltre il 62%. Praticamente ci ritroviamo con una Pubblica Amministrazione con quasi il 100% dei servizi online, e solo il 10,7% della cittadinanza che ne ha usufruito negli ultimi tre mesi.

L'Agenda Digitale che sarà elaborata dalla cabina di regia del Governo Monti dovrà occuparsi di più fronti, su tutti la copertura finanziaria. Per raggiungere gli obiettivi europei del 2013 (azzeramento digital divide) il gruppo "Infrastrutture e sicurezza" guidato da Roberto Sambuco si è già attivato. Il Centro Nord ha bisogno di circa 400 milioni di euro, mentre il Sud ha già i fondi stanziati dall'Unione Europea. In primavera nel Mezzogiorno partiranno i primi bandi di gara per assegnare i lavori, dopodiché cantiere e scavi dovrebbero aprirsi di lì a breve.

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Non meno importante sarà la creazione di un nuovo Computer emergency response team (CERT) italiano, una sorta di squadra di emergenza per far fronte ad attacchi informatici. Non è chiaro se andrà ad affiancare gli altri (come quello della Difesa) o se verrà realizzato una sorta di coordinamento nazionale. 

Infine si parla anche di alfabetizzazione informatica: secondo l'ISTAT il 41,7% delle famiglie italiane non dispone di un accesso Internet perché non ha sufficienti competenze. Il gruppo di lavoro di Giovanni Biondi sta pensando a nuovi progetti per le scuole: formando 9 milioni di studenti sarebbe molto facile raggiungere (indirettamente) i nuclei familiari.

E poi detta tutta da qualche parte dovranno pur arrivare quegli 80mila nuovo specialisti che entro il 2015, secondo IDC, andranno a lavorare per il cloud computing italiano. Si passerà da 67.500 a 152mila addetti. 

"Una comune ed errata percezione attribuisce al cloud computing la responsabilità di contribuire alla contrazione dei posti di lavoro, mentre in realtà esso favorisce la nascita di nuove figure professionali, poiché si tratta di una tecnologia capace di dare impulso all'innovazione e di generare nuove competenze in tutto il mondo, oltre che in grado di ridurre i costi IT", ha dichiarato l'AD di Microsoft Italia Pietro Scott Jovane.