DNA schedati anche in Italia, ma per ora non li usiamo

Negli Stati Uniti impazza la polemica sulle misure che mettono a rischio la tutela della privacy per motivi di sicurezza nazionale. L'ultima frontiera del datagate è la schedatura del DNA dei cittadini. Anche in Italia c'è una banca dati, ma per ora manca una legge che permetta di usarla.

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a cura di Elena Re Garbagnati

Il DNA, il codice genetico che identifica ciascuno di noi, rischia di diventare una sorta di impronta digitale del ventunesimo secolo. L'allarme arriva dal New York Times, che allarga la portata del datagate denunciando che le forze dell'ordine d'oltreoceano stanno schedando il DNA di centinaia di migliaia di cittadini sospettati di attività criminali o sovversive.

Anche in Italia c'è una banca dati del DNA, il Laboratorio nazionale del DNA situato all'interno del carcere romano di Rebibbia e costato 16 milioni di euro. Il Sole 24 Ore precisa che è stato istituito in conformità al trattato di Prüm, che prevede lo scambio dei dati relativi al DNA dei condannati per reati sul territorio dei paesi aderenti.

Una banca dati del DNA aumenta la sicurezza nazionale?

Le informazioni finora archiviate in Italia però non sono mai state usate perché manca una legge che ne regolamenti l'impiego. Il testo scritto dal Comitato nazionale di Biosicurezza e Biotecnologia istituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri precisa che la raccolta delle informazioni genetiche è consentita solo per i detenuti che sono stati condannati con sentenza definitiva per delitti non colposi, arrestati in flagranza di reato o sottoposti a misure detentive alternative al carcere.

Il problema in Italia quindi al momento non si pone. La situazione è ben diversa negli Stati Uniti, dove secondo le fonti non viene raccolto solo il codice genetico di persone colpevoli di reati gravi, ma a volte anche quello delle vittime innocenti. Capita sovente che la schedatura venga fatta senza che i donatori ne siano consapevoli.

In Italia si scheda solo il DNA di chi è stato condannato con sentenza definitva per reati non colposi

Secondo l'FBI si tratta di un'operazione di "sorveglianza nel rispetto della legge", ma sta di fatto che i dati vengono raccolti presso i laboratori di decine di agenzie locali di polizia, gestite con regole proprie che permettono alle forze dell'ordine un margine di manovra più ampio rispetto a quello previsto dal regolamento federale.

Il dibattito sull'efficacia di soluzioni come questa nella lotta alla criminalità è aperto da tempo, e probabilmente saranno necessari molti anni per avere una casistica abbastanza ampia da tirare conclusioni definitive.

Resta da mettere sulla bilancia il rapporto fra sicurezza e privacy, che sta impazzando negli Stati Uniti sulla scia delle dichiarazioni di Edward Snowden. Il DNA non permette solo di identificare univocamente una persona, ma anche di tracciare un codice genetico da cui estrapolare informazioni sensibili che, nelle mani sbagliate, potrebbero influenzare tutta la nostra vita. Ne vale la pena?