Dove va il diritto d'autore?

Il diritto d'autore sta per compiere 300 anni, una buona occasione per tirare qualche somma.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

300 anni fa la regina Anna d'Inghilterra introduceva il concetto di copyright. Chissà se qualcuno immaginava, allora, dove si sarebbe andati a finire. I nemici di questo "diritto" si sono moltiplicati molto in fretta, dalla fotocopiatrice, che fu (paradosso?) brevettata la prima volta nel 1938, fino ai moderni sistemi di file sharing.

A difendere il copyright ci pensano le major, con denuncie e altre strategie legali. Sono passate dal portare gli utenti in tribunale al cercare accordi con governi e ISP, spingendo questi ultimi ad agire da poliziotti della rete.

Si tratta della famosa "legge Sarkozy" detta anche "dei tre colpi". L'Irlanda si è già attivata, e in Francia se ne discute. Si prevede che agli ISP la novità costerà 70 milioni di euro, che, di sicuro, si trasformeranno in rincari sulle tariffe per gli utenti. L'isola di Mann, invece, ha scelto di applicare un piccolo rincaro ai costi dell'abbonamento telefonico, e usarlo per pagare i diritti d'autore.

300 anni di copyright. Forse è vero che qualcosa dovrebbe cambiare.

L'articolo di Ettore Livini, uscito oggi su Repubblica (versione cartacea) spiega che ogni anno vengono scaricati 40 miliardi di brani,  vale a dire circa il 95% del totale. Le major affermano che un CD scaricato è un CD non venduto, ma è una posizione per lo meno discutibile (l'articolo in questione, invece, lo fa sembrare un fatto cristallino).  

Si prevede che la legge Sarkozy ridurrà i download illegali del 65-70%, che difficilmente diventeranno introiti per le major. Chi pagherà saranno gli utenti, con i sovraprezzi che gli ISP applicheranno. Poi, però, potranno serenamente uscire e comprare un CD in negozio, pagando il dovuto.

Il copyleft, una valida alternativa, tranne per chi vuole arricchirsi in fretta con opere discutibili.

Tra le faccende legali che potrebbero segnare il futuro, ricordiamo il processo a The Pirate Bay e lo scontro tra YouTube e Mediaset.  

C'è però chi va controcorrente, avanguardie di un gruppo di artisti sempre più numeroso, che difendono copyleft e Creative Commons: sono, per esempio, il collettivo Wu Ming, i Radiohead, i Pearl Jam e Gilberto Gil, che è stato anche Ministro della Cultura, in Brasile.  Tutti loro hanno deciso di diffondere le loro opere, o una parte, liberamente, limitandosi a chiedere a chi le usa di non specularci sopra.

Insomma, il diritto d'autore ha evidentemente bisogno di una rinfrescata. Non sembra pensarla così chi ha scritto il famoso decreto mille proroghe, nel quale si ritrovano tracce di nuove tasse su penne USB, telefoni cellulari e lettori MP3.

Napster, che ha dato origine alla baraonda sul P2P. Venne fatto chiudere, e fu la fortuna di muli e torrenti.

Mentre si applicano timbri ai discorsi del papa, al rombo delle Harley Davidson, al Kalashnikov e alla frase "Yes we can", vale la pena di considerare cosa significherebbe un crollo del diritto d'autore. Non vogliamo annoiarvi con le ipotesi, solo con un paio di parole: brevetti e farmaci.

Fa specie, però, sapere che se si tratta di far marketing, un'azienda si senta in diritto di passare sopra ai diritti d'autore più importanti, quelli sui nostri atteggiamenti, comportamenti e preferenze. A far parlare del tema sono i pannelli pubblicitari che si stanno sperimentando a Parigi: osservano le persone, selezionano le pubblicità, e possono anche mandare messaggi via Bluetooth.  Anche chi viaggia in metro dovrebbe avere le sue major, che accorrano in difesa dei suoi diritti, o no?