Europa: dalla pirateria nessun danno per la musica digitale

Secondo una recente ricerca commissionata dall'Unione Europea la pirateria e lo streaming non danneggiano in alcun modo i profitti di chi vende musica in formato digitale. Anzi, in alcuni casi potrebbero persino aiutarli.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Per la Commissione Europea il download illegale non danneggia il mercato della musica digitale, ma piuttosto può rappresentare una piccolissima spinta per gli affari di iTunes e simili. Conclusioni simili per i servizi di streaming online, mentre si ammette la possibilità che la vendita di dischi fisici risenta dei file illeciti - tema non affrontato dalle statistiche UE.

Il documento (PDF) è frutto di una ricerca su 16.000 utenti e 2759 siti che propongono download legali, streming e contenuti illegali. Partendo da tale base, si sono misurati i click degli utenti sui vari siti presi in considerazione; per quanto un click non sia sinonimo di un'azione vera e propria (visitare Amazon non significa comprare qualcosa), s'ipotizza che le proporzioni siano costanti.

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Lo studio è rilevante perché si tratta, per quanto ne sappiamo, della prima ricerca finanziata da un ente governativo di grandi dimensioni come la Commissione Europea, e quindi una delle poche che si possono considerare prive d'interessi nascosti, almeno in teoria. L'obiettivo era capire se e quanto il download pirata e lo streaming danneggiano il commercio di musica digitale, un argomento sul quale non si sono mai tratte conclusioni definitive.

Le conclusioni dello studio, al quale vi rimandiamo per i dettagli, affermano sostanzialmente che la pirateria e lo streaming non danneggiano il mercato della musica digitale, ma anzi può verificarsi un leggero effetto positivo: se non ci fossero stati i siti per scaricare musica illegalmente le vendite legali sarebbero state più basse del 2%.

"I nostri risultati dimostrano che la pirateria musicale non influenza gli acquisti legali digitali" si legge quindi nelle conclusioni della ricerca. "Ciò significa che sebbene esista una violazione della proprietà digitale (copyright), difficilmente c'è un grosso danno nei profitti della musica digitale".

Resta da vedere tuttavia l'impatto sulle vendite di dischi fisici, che non è stato misurato con questo studio. È infatti "importante notare che il consumo di musica in formato fisico finora ha rappresentato la parte del leone nei profitti. Se la pirateria porta a sostanziali cali delle vendite, potrebbe avere un generale effetto negativo sui guadagni del settore musicale".

In ogni caso, l'aumentare dei fatturati per la musica digitale ci dice che "la pirateria musicale non andrebbe vista come una preoccupazione crescente per i detentori di copyright nell'era digitale". Questi ultimi sono rappresentati da diversi gruppi nazionali e internazionali, tra i quali l'italiana FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana). Il presidente Enzo Mazza ha commentato i dati pubblicati dalla Commussione Europea. 

"La ricerca EU si sofferma solo sul click sui siti e non è in grado di affermare se tali click si tramutano in acquisti o meno, cosa un po' curiosa, conoscendo quanto gli utilizzatori della rete utilizzino le piattaforme anche solo per informarsi sulle nuove pubblicazioni", afferma Mazza, aggiungendo anche che "in ogni caso, la ricerca conferma che la miglior risposta è stata la creazione di importanti alternative legali, con modelli di business innovativi. Non è un caso che oggi il fenomeno più interessante sia proprio lo streaming, citato anche nella ricerca, una vera e propria alternativa alla pirateria e al file sharing".

La voce ufficiale dei detentori di copyright quindi, almeno per il momento, non si sforza di smentire le affermazioni dei ricercatori, ma si limita a sottolineare uno dei dati evidenziati, e ciò quanto, almeno per Italia e Spagna, le visite a siti di natura illecita superi ancora abbondantemente le alternative legali.