Facebook cancella il tuo profilo? Oggi deve risarcire i danni!

Cosa succede se Facebook dovesse cancellare erroneamente un nostro profilo e, soprattutto, come potremmo tutelarci e farci risarcire da eventuali danni economici? Come sempre ce lo spiegano i nostri consulenti legali.

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a cura di Redazione Diritto dell’Informatica

Il re dei social network è di nuovo nell’occhio del ciclone, questa volta, però, non per i soliti motivi di privacy.

Se in tantissimi casi Facebook ha subito duri colpi a causa delle contestazioni in tema di raccolta ed utilizzo dei dati personali, questa volta avrebbe peccato di eccesso di zelo nel liberarsene troppo in fretta!

Nonostante si tratti di un colosso del digitale, che potrebbe facilmente intimorire, questo non è stato il caso di un utente italiano, che ha portato alla luce una problematica quanto mai attuale: che valore ha la nostra identità digitale?

Decisamente alto, stando alla pronuncia del Tribunale di Bologna, grazie alla quale Facebook è stato condannato al risarcimento danni causati dalla cancellazione di un profilo social – insieme a due pagine ad esso collegate.

Quando improvvisamente il tuo profilo Facebook scompare: il caso

Cosa fareste se improvvisamente il vostro profilo Facebook scomparisse senza apparente motivo?

Difficile da credere, ma da questa strana ipotesi ha preso vita l’ordinanza del Tribunale di Bologna del 10.03.21.

Un avvocato bolognese si è visto sparire nel nulla il proprio profilo Facebook, oltre a due pagine ad esso collegate, fonte per lui non solo di semplice svago, bensì di costanti e proficue interazioni sociali.

Si pensi alla quantità e alla diversità dei contenuti che si possono creare, condividere, commentare sulla piattaforma in questione: una mole indefinita di informazioni che rappresenta molto più che semplici “post”.

Quando l’utente lo ha interpellato per conoscere la motivazione di questa inspiegabile cancellazione, Facebook non solo non ha chiarito i dubbi, ma la sua risposta ha aperto altri problematici scenari.

È infatti emerso che:

  • Facebook aveva eliminato tutte le informazioni relative al profilo e alle pagine;
  • A causa di tale cancellazione non si poteva più risalire al reale motivo che aveva portato alla cancellazione;
  • l’utente si ritrovava ad aver perso un decennio di rapporti sociali istaurati attraverso il social, oltre che una miriade di informazioni di ogni genere, che non potevano essere più recuperate.

La notizia ha creato così scalpore proprio perché uno spiacevole imprevisto di questo tipo avrebbe potuto coinvolgere chiunque tra gli utenti Facebook.

Ormai la nostra vita digitale rappresenta, infatti, il normale prolungamento di quella reale e subire la perdita di un decennio di vita non può non avere conseguenze.

È proprio per questo che si è reso necessario l’intervento di un giudice, che ha confermato quanto tutto questo sia ormai un mondo che necessita di avere gli adeguati strumenti di tutela per poterne sfruttare al meglio tutte le potenzialità intrinseche, ma anche trasversali.

Reale e virtuale si eguagliano nel danno da cancellazione del profilo

Reale e virtuale: due facce della stessa medaglia! Chi può dire di non aver mai usato un social in vita sua? Attualmente questa cerchia va via via restringendosi sempre di più, mentre proporzionalmente si allarga quella che utilizza le piattaforme digitali non solo come luogo di svago, ma anche per attività professionali e di interazione sociale.

Sono queste le basi sulle quali il Tribunale di Bologna ha riconosciuto pari dignità a questi aspetti, non più legati alla sola dimensione umana reale, ma sempre più connessi alla realtà digitale.

Io esisto anche in rete!

Banali operazioni quotidiane dimostrano questo assunto come un vero dato di fatto. Se voglio sapere di più su qualcuno, i primi strumenti che utilizzo sono i social network quale specchio e rappresentazione degli interessi e dell’immagine di una persona: ed è anche questo che si intende per identità digitale.

Quello che noi “produciamo” astrattamente sulle piattaforme digitali influenza la nostra sfera soggettiva reale in un modo che sarebbe stato impensabile prevedere solo qualche decennio fa: la nostra reputazione, l’immagine che la società ha di noi, le potenzialità che possiamo esprimere attraverso strumenti rapidi ed interconnessi sono la nuova frontiera dell’affermazione di un soggetto e di conseguenza necessitano di una tutela adeguata.

È ormai superato il concetto che riserva alle attività sul web un ruolo di meri strumenti di svago e il cambiamento di prospettiva sembra si stia concretizzando anche nelle aule di tribunale.

Si legge, quindi, nero su bianco, che il soggetto è meritevole di un risarcimento danni qualora subisse una violazione anche se nella sfera meramente “virtuale” della sua vita.

La parola al giudice

Il Tribunale di Bologna ha statuito su un tema dai plurimi risvolti e punti critici, con un’ordinanza che sta facendo già molto parlare di sé.

I presupposti giuridici, di natura civilistica, si dimostrano calzanti anche se il terreno di gioco è il mondo digitale, permettendo di arrivare ad una conclusione favorevole per l’utente.

A differenza di ciò che può essere stato finora considerato il tallone d’Achille di Facebook, ossia il rischio di ledere la privacy degli utenti, a volte anche con l’aggiunta di nuove funzionalità, in questo caso il social sembra aver violato altri peculiari aspetti della normativa sulla protezione dei dati personali, oltre che aver posto in essere “una condotta contrattuale scorretta”.

È inspiegabile, e del tutto immotivato, il comportamento assunto da Facebook, decidendo autonomamente quando porre fine al “contratto” stipulato con l’utente – perché di questo si tratta - e non riuscendo neppure a fornire una valida spiegazione per motivare quanto fatto.

Risulta gravemente compromesso anche il diritto ad una libera manifestazione del pensiero, e il giudice non ha mancato di sottolinearlo, essendo un diritto costituzionalmente garantito, qualsiasi sia lo strumento utilizzato.

Sono questi i presupposti fondamentali su cui si è basata anche la quantificazione del danno, che ammonta a 10.000 euro per la cancellazione del profilo, più 2.000 euro per ognuna delle due pagine collegate: pura utopia fino a qualche giorno fa!

E nella sfida, apparentemente persa in partenza, l’utente ne esce vincitore, facendo emergere un altro aspetto assai critico nella gestione dei dati personali da parte del colosso Facebook.

Conclusione

La pronuncia in questione porta con sé quel sapore di innovazione che sicuramente non era scontato aspettarsi. Il riconoscimento di un valore così alto alle interazioni che ognuno di noi riesce a creare sui social è il punto di partenza per un vero e proprio cambiamento di pensiero, ormai diventato doveroso.

Un utente medio che utilizza Facebook ne fa il perno delle sue relazioni sociali, per non parlare poi di chi lo utilizza a livello professionale e con scopi che vanno oltre il semplice scambio di messaggi.

Tutto questo mondo non può più essere ignorato, perché rappresenta, sempre con più evidenza, una quotidianità che ha bisogno di essere tutelata, anche a livello giuridico.

Per maggiori informazioni sul caso, rimandiamo al sito di dirittodellinformatica.it.