Avatar di Alessandro Crea

a cura di Alessandro Crea

Ancora novità sul caso Cambridge Analytica e sulle presunte violazioni dei termini sulla privacy da parte di Facebook. Le preoccupazioni crescono anche in Italia. Così, mentre il Garante della Privacy in un'intervista rilasciata al Mattino si dice fortemente preoccupato, l'AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) ha deciso di passare alle vie di fatto, chiedendo a Facebook chiarimenti in merito all'impiego dei data analytics da parte di terzi.

"Dal comunicato del 19 marzo pubblicato da Facebook, è emerso che la società mette a disposizione degli utenti applicazioni sviluppate da soggetti diversi dalla piattaforma. Queste app permettono la raccolta di dati degli utenti tali da consentire la realizzazione di campagne mirate di comunicazione pubblicitaria a carattere politico-elettorale, in grado cioè di raggiungere audience profilate in base alle caratteristiche psico-sociali e di orientamento politico", si legge nel comunicato ufficiale dell'Agenzia.

102002782 facebook xlarge trans NvBQzQNjv4BqhasgUMiR rxiRxu9qBoVLQpcDfsC seRM lm2nZ7XJA[1]

"Tali tecniche di profilazione degli utenti e di comunicazione elettorale 'selettiva', peraltro, sembrerebbero essere state utilizzate nel 2012 anche su commissione di soggetti politici operanti in Italia. Nell'ambito del Tavolo tecnico istituito dall'Autorità con la delibera n.423/17/CONS, è stato sviluppato un filone specifico di attività riguardante il monitoraggio sulla parità di accesso all'informazione e la comunicazione politica per le elezioni del 4 marzo (per cui l'Autorità ha adottato specifiche linee guida) e l'istituzione di gruppi di lavoro sulla tematica dell'utilizzo di dati e informazioni per finalità di comunicazione politica. Con una precedente comunicazione, sono state già richieste informazioni circa l'acquisizione di dati relativi a servizi e strumenti messi a disposizione da Facebook, sia per gli utenti sia per i soggetti politici, durante la campagna elettorale italiana per le scorse elezioni politiche 2018. Questa seconda richiesta si inserisce pertanto in continuità con le iniziative intraprese" conclude la nota.

Intanto i contorni della vicenda sono in costante mutazione. L'informatico Chris Wylie, dalle cui rivelazioni ha avuto inizio lo scandalo, sostiene che il programma per la raccolta di dati su Facebook fu avviato dalla Cambridge Analytica sotto la supervisione di Steve Bannon, l'ex stratega di Donald Trump, nell'ambito di un progetto ambizioso che mirava a raccogliere profili dettagliati di milioni di elettori statunitensi su cui testare l'efficacia di messaggi elettorali ad hoc.

Un dato confermato anche dal nuovo video di inchiesta di Channel4News che mostra Alexander Nix, il CEO di Cambridge Analytica appena sospeso dal suo ruolo, affermare che "Ci siamo occupati di tutte le ricerche, di tutti i dati, di tutte le analisi, di tutta la profilazione, di tutta la campagna digitale e televisiva e l'intera strategia era basata sui nostri dati".

Leggi anche: Facebook, come proteggere i dati dalle app ficcanaso?

L'ondata di sdegno politico-mediatico rischia di creare enormi problemi a Facebook. Mentre infatti il fondatore Mark Zuckerberg è reclamato a gran voce un po' da tutti - dalla Commissione Parlamentare del Regno Unito, dai procuratori generali degli stati di New York e del Massachusetts e persino dal presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani - il co-fondatore di WhatsApp, Brian Acton, lancia su Twitter l'hashtag #deletefacebook.

Più equilibrato e solo apparentemente allarmistico, l'intervento di Antonello Soro sul Mattino, che non si sofferma tanto sul fatto in sé, in realtà una prassi diffusa del mercato da anni, quanto invece sulla concentrazione di enormi quantità di dati e del potere informativo nelle mani di pochi colossi. Una situazione che sta contribuendo a creare "una nuova geografia dei poteri, che tende a cambiare la natura delle democrazie moderne" e che, se non influenza direttamente i risultati elettorali, contribuisce certamente a orientare l'opinione pubblica.

"Nel gioco democratico il voto dei cittadini traduce in una scelta elettorale lo stato di consapevolezza, che si ha in quel momento, del mondo in cui vive. E se questa scelta è figlia di una lettura quotidiana e completa della realtà - dice Soro - allora possiamo parlare di libertà. Se invece è figlia di un meccanismo di conoscenza passiva, parziale, settoriale, con una spinta a farci sapere solo quello che è più vicino alle nostre aspettative, allora il percorso elettorale è diverso da quello che dovrebbe esprimere una democrazia compiuta".

Per ostacolare questo tipo di concentrazioni Soro esalta il ruolo delle istituzioni come ad esempio la Commissione europea o il board dei garanti, organi chiamati a mettere paletti ed esercitare un controllo effettivo su questi colossi prima che le cose sfuggano definitivamente di mano agli Stati.

facebooklogo[1]

Insomma una situazione estremamente delicata per Facebook, che non può che richiamare alla mente la recente profezia espressa a Davos dal magnate ungherese George Soros che faceva riferimento a "giorni contati" per i colossi del Web. Una frase piuttosto inquietante detta da uno degli uomini più ricchi del mondo, che adombra forse una lotta tra soggetti diversi. Il problema è che al centro della contesa restano i nostri dati e la volontà di utilizzarli per fini dei quali la maggior parte degli utenti, privi di adeguati strumenti critici, è del tutto inconsapevole.

Aggiornamento delle 12.42

"Siamo fortemente impegnati nel proteggere le informazioni delle persone e accogliamo l'opportunità di rispondere alle domande poste dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni": lo dice all'ANSA Stephen Deadman, Deputy Chief Global Privacy Officer di Facebook, dopo che l'Agcom ha inviato alla società una richiesta di informazioni sull'impiego dei dati "per finalità di comunicazione politica da parte di soggetti terzi".