Fastweb: facciamoci pagare la NGN da Google

Stefano Parisi, consigliere d'Amministrazione di Fastweb, rinuncia ai soldi dello Stato per lo sviluppo della banda larga, ma chiede in cambio che sia permesso di coinvolgere gli over-the-top nelle spese. Cambio di strategia per Progetto per l'Italia.

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a cura di Tom's Hardware

Fastweb è convinta che non siano necessarie le risorse pubbliche per lo sviluppo della banda larga, basterebbe che contribuissero i fornitori di servizi – come ad esempio Google o Apple. Stefano Parisi, consigliere d'Amministrazione di Fastweb, ieri ha partecipato con l'AD di Wind Gubitosi all'audizione sulla NGN organizzata dalla Commissione Lavori Pubblici.  

La partita impossibile della banda larga italiana

Il colpo di scena è stato a dir poco eclatante. In pratica oggi scopriamo che per cablare il paese non vi sarebbe bisogno degli investimenti dello Stato. Le aziende potrebbero fare da sole a patto che il Governo attui una sorta di "moral suasion" nei confronti del Garante delle Comunicazione e magari l'Antitrust. Già, perché le galline dalle uova d'oro si chiamano YouTube, iTunes e Skype, non certo Cassa depositi e Prestiti o Fondi FAS. 

"Nel giro di 5-6 anni la rete Internet non reggerà più perché il traffico sta aumentando in maniera esponenziale e quindi occorrono investimenti ma non con soldi pubblici", ha dichiarato Parisi. Beh, ovviamente se lo Stato ha ridotto da 800 milioni (Il Governo promette 1,4 miliardi per il broadband) a circa 70 milioni (Il Governo toglie altri 30 milioni alla banda larga) il budget per la banda larga il miracolo non si può fare. E quindi?

Considerando che sono aumentati i ricavi a favore "degli operatori over the top, ossia quei fornitori di servizi che utilizzano la rete, realizzando utili, ma senza partecipare minimamente ai costi di investimento sostenuti dai fornitori di connettività", come si legge nel documento dell'incontro, la risposta è sotto gli occhi di tutti. Facciamo in modo che partecipino alle spese, lascia intuire Parisi.

E il blitzkrieg nei loro confronti è geniale perché la proposta è di "permettere forme di accordi commerciali tra gli operatori di connettività e gli erogatori dei servizi". Una prassi che negli Stati Uniti e (a breve) in Francia è vietata per i rischi che comporterebbe per la neutralità della Rete.

Insomma Parisi è molto chiaro. Dice al Governo che rinuncia ai soldi dello Stato per lo sviluppo della rete e chiede in cambio la possibilità di poter mungere i fornitori di contenuti. 

Scacco al Re. Cioè Google.