Figure retoriche e mosso voluto

Che cosa rende una foto davvero speciale? Perché osservando un album ci soffermiamo più tempo su alcune foto e tralasciamo totalmente le altre?

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a cura di Tom's Hardware

Le figure retoriche applicate alle immagini

Le figure retoriche in fotografia sono un tentativo di stabilire un contatto, o comunque creare un legame, con le corrispondenti forme verbali.

Per dare più forza ad alcuni pensieri o concetti, infatti, si utilizzano a volte efficaci espressioni figurate, che tendono ad esprimere molto più dell'informazione che esse contengono. Dal punto di vista letterario, le figure retoriche si ottengono mediante similitudini, metafore (come "sono al verde", "capelli dorati"), personificazioni e associazioni di nomi ed aggettivi appartenenti a sfere sensoriali diverse.

Come accennato, le stesse possono essere trasferite, pur con qualche eccezione, in forma fotografica ed assumere gli stessi significati delle parole, poiché suscitano risposte emotive che l'uso e la cultura hanno reso automatiche. Il loro impiego rende il linguaggio fotografico direttamente comprensibile: basti pensare alla pubblicità.

Un nuotatore che insegue uno squalo: tipico esempio d’immagine retorica, utilizzata in pubblicità.

Gli elementi di retorica fotografica più diffusi sono la ripetizione, il luogo comune, l'enfatizzazione, l'ironia, l'antonomasia, la personificazione, l'allegoria, il paradosso e la similitudine.

La ripetizione di un soggetto identico, ad esempio, dà ritmo all'immagine, conferendo un andamento direzionale e ciclico e richiamandone l'attenzione sul nucleo del soggetto stesso. In questo modo, gli occhi saranno guidati attraverso la scena scandendone, quasi ritmicamente, il motivo.

Il fotografo ha scattato questa foto per provare la resa dell’obiettivo nelle zone fuori fuoco (booken); scegliendo il motivo ripetitivo delle biciclette ordinatamente parcheggiate in fila una dopo l’altra, ha conferito involontariamente ritmo all’immagine, richiamando l’attenzione dell’osservatore sul nucleo del soggetto stesso.

Altra figura retorica è il luogo comune: in fotografia è un'immagine di valore collaudato, stabilmente acquisita dalla cultura che ne fa uso. Ad esempio, l'associazione di una bella donna ad un'auto sportiva, oppure il compleanno di un bambino all'immagine dello stesso mentre soffia sulle candeline della torta. Che dire, poi, dell'ironia? I soggetti fotografici che si prestano a questo modello retorico sono svariati; basti pensare ad una bambina che cammina sui tacchi della mamma, oppure ad un bambino che tenta di trascinare con la sua bicicletta un camion in avaria, e via di seguito. Altrettanto usata è la figura della contrapposizione, l'espressione nello stesso contesto di concetti che sono il rovesciamento simmetrico e l'opposto uno dell'altro.    

In sostanza, le figure retoriche in fotografia rappresentano un punto d'incontro tra l'immagine e la parola, dove entrambe manifestano la stessa intenzione comunicativa e permettono di raggiungere un'alta efficacia in settori quali la pubblicità.

Nella retorica fotografica, sono frequenti le situazioni in cui si chiede al destinatario del messaggio di svolgere una funzione attiva utile a completare il senso di quanto comunicato. È il caso della sostituzione, contingenza per la quale l'elemento da sostituire potrebbe non essere fornito. La nostra cultura di riferimento permette questo caso, di passare dall'osservazione di un'immagine ad una visione di quanto non descritto. 

Mosso voluto

Il mosso è sempre qualcosa che il fotografo cerca di evitare. Una foto mossa, infatti, viene normalmente scartata, anche se l'inquadratura risulta efficace. Qualunque sia la causa che genera il mosso - vibrazioni della fotocamera o soggetto in movimento - è il tempo di otturazione il parametro di riferimento da considerare per ottenere immagini perfettamente nitide. Su soggetti statici, l'utilizzo di ottiche stabilizzate permette di guadagnare anche 4 f/stop rispetto al tempo minimo che consentirebbe di scattare una foto non mossa, tempo che dipende ovviamente dalla lunghezza focale dell'obiettivo. Quando il soggetto è in movimento, bisognerà invece fare i conti con la sua velocità, quindi il campo di variabilità è molto ampio, al punto che quando la stessa è troppo elevata (animali selvatici, moto o auto in corsa, aeroplani) conviene riprenderli possibilmente dal davanti, in movimento verso la direzione della fotocamera.

A questo punto sorge spontanea una domanda: può il fotografo sfruttare il mosso a suo vantaggio? La risposta è affermativa, poiché la realizzazione di un'immagine volutamente mossa dona un senso di dinamicità che difficilmente si otterrebbe con un'immagine ferma.

Un esempio tipico, sebbene possa qualche volta cadere nella banalità, è quello riprendere un paesaggio al crepuscolo con un tempo di posa lungo in modo tale che tutti i soggetti in movimento, e in particolare i punti luce, lascino una scia. I risultati migliori in questo senso si ottengono, ad esempio, fotografando dall'alto una via molto trafficata.

Una semplice tecnica per sfruttare a proprio vantaggio il mosso è quella di mettere la fotocamera sul cavalletto e riprendere con un tempo di posa lungo oggetti con punti luminosi, ad esempio i fari delle auto, in movimento. Tali punti si trasformeranno in scie luminose che segnano la traiettoria percorsa dai mezzi stessi.
Canon EOS 5D MKII + Sigma AF 35mm f/1.4 HSM DG

Più difficile da ottenere è la foto di un soggetto in movimento sfruttando il concetto di velocità relativa. Se un'auto, ad esempio, è in viaggio su un'autostrada e l'altra si affianca alla medesima velocità, pur essendo entrambe in moto le auto risulteranno (quasi) ferme una rispetto all'altra. Avendo quindi l'accortezza di riprendere, dalla seconda auto, la prima con un obiettivo sufficientemente grandangolare da includere anche un po' di sfondo utilizzando un tempo di posa non troppo rapido (ad esempio, 1/125 sec. o anche meno), l'auto sembrerà ferma su uno sfondo completamente mosso, con un risultato visivo di notevole impatto. La scelta del tempo di esposizione è in questo caso di fondamentale importanza; non deve essere troppo breve (pena la perdita del mosso dello sfondo) né troppo lungo perché difficilmente il soggetto è in grado di mantenere a lungo una distanza, un angolo e una velocità costanti rispetto al fotografo.

Fotografando un’auto da un altro mezzo in movimento che si muove parallelamente ad essa e alla stessa velocità, si riduce pressoché a zero la velocità relativa. In questo modo è possibile utilizzare un tempo di otturazione “relativamente” lento e far risultare mosso lo sfondo, dando l'impressione di dinamismo dell'immagine.

Quando il punto d'osservazione è fisso e si segue con l'obiettivo il soggetto in movimento per ottenere l'effetto descritto, si parla più propriamente di panning. Si noti che queste tecniche sono in contrapposizione con il mosso inteso in senso negativo: in questo caso il soggetto in movimento appare confuso, mentre lo sfondo nitido; col panning, invece, il soggetto appare (più o meno…) nitido mentre lo sfondo è mosso. L'efficacia dell'effetto dipende anche dal modo in cui i colori e le tonalità si fondono assieme nello sfondo; sicuramente non è una tecnica facile da utilizzare.