Foxconn dice sì al sindacato: un'altra rivoluzione culturale

Foxconn ha confermato che a breve saranno elette le prime vere rappresentanze sindacali di fabbrica. Prima i delegati erano manager o funzionari locali del partito. È una rivoluzione per l'azienda.

Avatar di Dario D'Elia

a cura di Dario D'Elia

Foxconn, la più grande fabbrica cinese del mondo, ha detto sì al sindacato. Siamo di fronte a una rivoluzione dalla portata storica poiché nella Repubblica Popolare Cinese si conosce poco delle Trade Unions, le prime organizzazioni sindacali nate in Gran Bretagna nel 1868. Fino ad ora l'impresa ha sempre deciso per tutti e su tutti, ma entro un paio di mesi si volterà pagina.

Intanto, a fine febbraio, subito dopo le feste del capodanno lunare cinese, saranno avviati i corsi per spiegare ai dipendenti come funziona il meccanismo sindacale. Dopodiché arriveranno le elezioni per i rappresentanti in fabbrica. Difficile stimare il numero anche perché attualmente Foxconn ha circa 1,2 milioni di dipendenti fra le varie filiali.

"ecchec... pure in Cina adesso... ma porc..."

"La carica del presidente e dei venti membri del comitato della federazione dei sindacati del lavoro Foxconn, saranno decise attraverso elezioni ogni cinque anni", hanno fatto sapere i massimi dirigenti. Fino ad ora i comitati aziendali erano formati da delegati scelti direttamente dall'azienda, fra le file dei manager o dei funzionari locali del partito. In pratica nulla a che vedere con un normale sindacato.

Il colosso cinese, che come tutti ben sanno è il fornitore di Apple, Sony, HP e tutte le più importanti aziende hi-tech del mondo, sembra che sia stata costretta alla svolta dai fatti di cronaca e dalla notorietà. La serie di suicidi, le indagini delle associazioni per i diritti dell'uomo, il coinvolgimento di Apple e tanti altri eventi hanno segnato il suo destino.

La nota interessante è gli storici occidentali se la stanno probabilmente ridendo sotto i baffi. Consentire il voto in fabbrica, aprire a forme di aggregazione che possano esprimere maggioranze, rendere libero il dibattito sono tutti prodromi pericolosi per una dittatura. Il prossimo passo potrebbe essere la richiesta di uno Stato democratico, nel rispetto di quella "teoria delle aspettative crescenti" di cui parlava Alexis de Tocqueville.

Lo storico francese sosteneva infatti, parlando ad esempio della rivoluzione francese, che all'interno di un regime soddisfare le aspettative del popolo attivi un meccanismo di non-ritorno. Ogni regressione provoca delusione e malcontento nettamente superiori rispetto a uno scenario dove magari non è mai stato concesso nulla.

Ne vedremo delle belle fra qualche anno. E soprattutto prepariamoci a un innalzamento dei listini dell'elettronica di consumo.