Gli hard disk da 50 TB per pollice quadrato sono possibili

Un dispositivo capace concentrare la luce in un punto con un diametro di pochi nanometri apre possibilità sterminate in ambito informatico, nelle comunicazioni e in quello dell'imaging. Tra queste la possibilità di realizzare hard disk da 50 TB per pollice quadrato.

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a cura di Manolo De Agostini

Ingegneri del Caltech (California Institute of Technology) hanno creato un dispositivo che potrebbe aumentare incredibilmente la capacità degli hard disk. È infatti in grado di concentrare la luce in un punto con un diametro di pochi nanometri, e questa sua capacità potrebbe consentirci di salvare fino a 50 terabyte per pollice quadrato.

In realtà il dispositivo in oggetto ha scopi più vasti e potrebbe essere utile anche in tantissimi altri settori, come quello delle comunicazioni e dell'imaging. Come abbiamo visto grazie al recentissimo annuncio di IBM, infatti, la luce assumerà un ruolo sempre più rilevante nel trasporto di dati. Tuttavia luce vuol dire anche calore e da qui deriva la potenziale applicazione nel settore degli hard disk.

Immagine con il microscopio elettronico a scansione del dispositivo creato dai ricercatori del Caltech

Per concentrare la luce su una scala gli ingegneri del Caltech dovuto gestire quello che è chiamato "limite di diffrazione", insuperabile. Guidati dal professore Hyuck Choo, hanno così realizzato un nuovo tipo di guida d'onda in grado di aggirare tale limite; è realizzata grazie al diossido di silicio amorfo, e coperta da un sottile strato d'oro. Dotato di una lunghezza di poco meno di due micron, il dispositivo appare come un box rettangolare che si a un'estremità prende una forma a cono

Quando s'invia la luce attraverso la guida d'onda, i fotoni interagiscono con gli elettroni nei pressi dell'interfaccia tra l'oro e il diossido di silicio. Gli elettroni oscillano, e le oscillazioni si propagano lungo il dispositivo sotto forma di onde (in modo simile alle onde sonore). Le oscillazioni degli elettroni sono accoppiate direttamente alla luce, quindi trasportano la stessa informazione e le medesime proprietà, e fanno così da "proxy" per la luce.

Così anziché concentrare solo la luce - che è impossibile per il limite di diffrazione - il nuovo dispositivo agisce su queste oscillazioni di elettroni "accoppiate", chiamate surface plasmon polaritons (SPP), cioè polaritoni plasmonici di superficie. Queste poi viaggiano attraverso la guida d'onda, in modo concentrato verso il punto d'arrivo.

Per realizzare questo dispositivo i ricercatori si sono avvalsi di tecniche di produzione standard. "Il nostro nuovo dispositivo è basato su ricerche di base, ma speriamo che sia un buon elemento per molte applicazioni potenzialmente rivoluzionarie", ha dichiarato Myung-Ki Kim, che ha lavorato con il professor Choo. Come accennato tra gli scenari d'impiego futuro non si possono dimenticare gli hard disk e più in particolare quelli che in futuro saranno basati su tecnologia HAMR, heat-assisted magnetic recording, ritenuta tra i papabili sostituti della registrazione perpendicolare.

Grazie al nuovo dispositivo infatti si potrebbe concentrare un raggio laser sui singoli magneti che compongono un hard disk, e riscaldando li individualmente saremmo in grado di metterne di più in un solo hard disk, aumentando quindi la capacità fino a 50 terabyte per pollice quadrato.

Non dobbiamo quindi sorprenderci se il professor Choo ritiene che un giorno avremo un computer dotato di un dispositivo simile. Al momento però siamo solo all'inizio di un percorso che ha come prime tappe la realizzazione di uno strumento di imaging - che potrebbe servire ai biologi - e di sensori.