Google è per l'Italia digitale, Franceschini vuole il Medioevo

Ieri a Roma il presidente di Google, Eric Schmidt, ha elencato tutti i nostri ritardi nello sviluppo digitale e ha detto che è questa una delle cause della disoccupazione giovanile. Risposte di circostanza dal ministro Dario Franceschini. Argomento tabù le tasse incongrue pagate in Italia dal colosso digitale.

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a cura di Pino Bruno

Certo che farsi fare le pulci da un "fantasma fiscale" come Google! Dunque ieri a Roma il presidente di Google, Eric Schmidt, in un incontro con il ministro per i beni culturali e il turismo, Dario Franceschiniè salito in cattedra e ha dato bacchettate sulle mani ai governi che si sono succeduti a Palazzo Chigi: "l'Italia ha una disoccupazione giovanile al 46 per cento, che dimostra un fallimento delle politiche – ha detto mister Google - un modo per affrontare questo problema è far recepire le abilità a livello digitale, incoraggiare i giovani in questo senso".  

Ineccepibile. È vero che l'Italia ha accumulato un ritardo colossale, che ci sono stati capi del governo che chiamavano "Gogol" il motore di ricerca, che le competenze digitali sono ancora una chimera, che la banda è più stretta che larga, che l'Agenda Digitale è un guscio vuoto. È vero. Ma che ce lo venga a dire chi, secondo l'Autorità delle Comunicazioni, controlla il 50-60% della pubblicità online nazionale e l'anno scorso ha versato al fisco italiano soltanto 1,8 milioni di imposte, fa un po' incavolare.

Quanti posti di lavoro potrebbero essere creati se i colossi digitali pagassero tasse congrue? "Google, Apple, Facebook, eBay e Amazon hanno realizzato nel nostro paese nel 2013 qualcosa come 4 miliardi di fatturato. Nelle casse del Tesoro però hanno versato in tutto solo 11,4 milioni di tasse", scriveva qualche giorno fa La Repubblica.

Ha detto ieri a Roma Eric Schmidt: "i posti di lavoro per i giovani italiani possono arrivare soltanto dal mondo digitale". Inappuntabile. Ha aggiunto: "la digitalizzazione del turismo potrebbe generare fino all'1 per cento di crescita del PIL. Vogliamo essere la piattaforma online capace di rendere il made in Italy vincente nel mondo. Vogliamo far sì che l'Italia diventi un Paese più digitale rendendo disponibile per tutti sul web le ricchezze culturali-architettoniche e dei musei".

Bene, che lo faccia gratis. Come dire: un anticipo sulle tasse.  

Non ci resta che piangere

Post Scriptum. Tra Schmidt e Franceschini c'è stato anche un serrato scambio di battute sul modello italiano di istruzione. 

Schmidt: "Ai giovani italiani manca una formazione digitale";

Franceschini: " Ogni Paese ha la sua peculiarità, noi magari abbiamo giovani più competenti in storia medievale";

Schmidt: "Il sistema educativo italiano non forma persone adatte al nuovo mondo. Negli USA in tutte le scuole si insegna informatica";

Franceschini: "in ogni Paese ci sono vocazioni, magari un ragazzo italiano sa meno di informatica ma più di storia medievale e nel mondo questo può essere apprezzato. Un ragazzo italiano ad esempio potrà andare negli USA a insegnare storia medievale e uno americano potrà venire qui a insegnare informatica".

Ok, Schmidt è stato un po' arrogante, ma il ministro Franceschini poteva anche risparmiarsi luoghi comuni e banalità sulle vocazioni dei giovani italiani.