Google, Microsoft e Adobe abbandonano la Russia

Google, Microsoft e Adobe non sembrano intenzionate a installare datacenter in Russia per soddisfare la nuova legge antiterrorismo. Per ora fanno le valigie: per i cittadini russi si prospetta un inizio di 2015 sempre più povero di servizi online.

Avatar di Elena Re Garbagnati

a cura di Elena Re Garbagnati

Google, Microsoft e Adobe si apprestano ad abbandonare la Russia, e probabilmente non saranno le uniche. Sono i primi effetti collaterali della legge antiterrorismo varata dalla Duma, che avrebbe dovuto entrare in vigore da settembre 2016, ma è stata anticipata a gennaio 2015. Se ne parla da tempo, e sintetizzando prevede l'obbligo di archiviare tutte le comunicazioni via Internet in server installati all'interno della Federazione per un periodo minimo di sei mesi.

Da subito erano circolate supposizioni su possibili problemi a servizi popolari come Skype, Gmail, YouTube, Twitter, Facebook e WhatsApp, oltre che per iCloud relativamente ai prodotti Apple. Adesso i timori iniziano a concretizzarsi: la scorsa settimana Google ha fatto sapere che sta per chiudere le sue attività di ricerca e sviluppo in Russia e i cento ingegneri impiegati nel Paese di Putin saranno riallocati altrove.

Russia

Non è l'unica: si accodano alla decisione anche Microsoft e Adobe. In dettaglio secondo iTWire Microsoft ha richiamato il proprio team di sviluppo di Skype e l'ha trasferito da Mosca a Praga, e anche Adobe starebbe sbaraccando. Come spesso accade a fare le spese delle tensioni politiche tra Russia e Occidente – questa volta scatenate dalla crisi Ucraina – saranno i cittadini russi, che rischiano di restare tagliati fuori da servizi online molto usati.

Non è dato sapere se e quando il Governo russo confidasse davvero nel fatto che la sua mossa portasse le multinazionali occidentali a stanziare forti e repentini investimenti nel suo Paese, sta di fatto che il braccio di ferro non sembra a volgere a suo favore: invece di installare nuovi datacenter i big la stanno abbandonando.

Vladimir Putin

Vladimir Putin

I motivi sono presto detti: secondo Bloomberg - che cita come fonte IDC – si stima per esempio che aziende del calibro di Facebook e Twitter dovrebbero installare 1.500 server in più in Russia spendendo milioni di dollari l'anno.

Ufficialmente la legge non è volta a limitare la libertà di Internet ma a proteggere la cittadinanza dalle minacce provenienti dall'esterno. Per come stanno adesso le cose Putin sostiene che gli Stati Uniti hanno il monitoraggio di tutto il traffico di Google e dei servizi delle altre aziende. Difficile dargli torto dopo lo scandalo Datagate - peraltro Edward Snowden è esiliato politico proprio in Russia. D'altro canto ricordiamo che secondo l'ultima classifica sulla libertà di Internet la Russia è al 55mo posto. Insomma non è una guerra fra santi.