Grafene invece di silicio in chip e batterie, merito dell'Italia

Unire il grafene ad altri materiali senza pregiudicarne le incredibili capacità di trasporto. È questo il risultato di una ricerca italiana che ha concepito una metodologia produttiva innovativa e a basso costo.

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a cura di Manolo De Agostini

Se un giorno non troppo lontano vedremo chip, display flessibili, batterie e altri prodotti elettronici basati sul grafene, decisamente migliori rispetto alle odierne soluzioni al silicio, forse sarà merito anche della ricerca italiana. Tom's Hardware ha parlato con Alessandro Baraldi, docente di Fisica della Materia dell'Università di Trieste e responsabile del Laboratorio di Scienze delle Superfici del centro Elettra Sincrotrone Trieste, che ha coordinato un nuovo studio - pubblicato su Nature Communications - i cui risultati sono assolutamente promettenti.

Baraldi, insieme a ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), ma anche colleghi di Regno Unito, Danimarca e Spagna, ha trovato un modo di usare il grafene insieme a un altro materiale, senza pregiudicare le eccellenti capacità elettriche del grafene.

Struttura atomica dell'interfaccia grafene-allumina (fonte: Alessandro Baraldi, università degli Studi di Trieste)

"Il nostro studio ha carattere fondamentale. […] Il grafene è un materiale particolare perché non è né un metallo né un isolante. Il problema è che solamente quando il grafene non è combinato ad altri materiali presenta le sue eccellenti proprietà di trasporto, elettriche in primis, ma anche termiche.".

"Nei dispositivi che saranno creati in futuro il grafene non potrà esistere in quello che noi definiamo lo stato free-standing, ovvero da solo, ma è necessario accoppiarlo con altri composti. Nel momento in cui lo si fa le proprietà di trasporto si deteriorano immediatamente". Si tratta di un deterioramento marcato, perciò il problema è rilevante e pregiudica l'uso di questo materiale.

"Le strade per l'applicazione del grafene sono diverse, una delle più promettenti è combinarlo con materiali isolanti. Parliamo tipicamente gli ossidi (di silicio, di zirconio e di alluminio - ossia silice, zirconia ed allumina). L'idea è quella di prendere un pezzo di grafene e posizionarlo a contatto con un ossido. Ciò può essere fatto in modo controllato su scala nanometrica, costruendo strutture con geometrie e conformazioni particolari".

"Il problema è che trasportando il grafene su un ossido le sue proprietà vengono pregiudicate. […] Il grafene si può produrre in moltissimi modi, e noi siamo specializzati nella deposizione chimica da vapore (CVD) sulla superficie di un metallo. Si tratta di un processo semplice in cui ci sono degli idrocarburi e metallo ad altissima temperatura che agisce da catalizzatore, cioè rompe il legame carbonio – idrogeno, lasciando sulla superficie il carbonio che poi diffonde e forma il reticolo bidimensionale del grafene".

Altro problema: il grafene interagisce con il metallo. "Immaginatelo come un circuito elettrico. Se il grafene è appoggiato a un isolante, la corrente può scorrere su un piano bidimensionale e vi rimane confinata, ma se il grafene poggia su un metallo, la corrente può scorrere su entrambi. Abbiamo due conduttori che possono accoppiarsi. Perciò bisogna rimuovere il grafene dal metallo, ma è proprio in questo passaggio che le proprietà del grafene sono compromesse".

Invece di ottenere un reticolo a nido d'ape, con gli atomi di carbonio perfettamente ordinati, iniziano a formarsi molti difetti. Quello più "banale" è che un atomo di carbonio venga rimosso, perché per prendere il grafene si utilizzano processi chimichi, che possono contaminarlo. Perciò tutte le volte che si stacca il grafene per posizionarlo su un ossido la mobilità elettronica non è più quella del grafene originario.

"Per questo abbiamo usato una strategia diversa evitando completamente il trasferimento ma riuscendo a sintetizzare un ottimo grafene su una superficie di un materiale bimetallico – una lega di nickel e alluminio. Invece di trasferire il grafene possiamo ossidare il substrato in modo selettivo, ovvero solo gli atomi di alluminio".

"C'è un trasporto di massa molto forte. Dai primi strati superficiali dove la composizione della lega è 3:1 – ogni tre atomi di nickel ce n'è uno di alluminio -, l'alluminio migra verso la superficie e il nickel scende in profondità. Migrando in superficie l'alluminio crea l'allumina, un isolante migliore dell'ossido di silicio. La nostra quindi è una nuova metodologia per creare un'interfaccia grafene-ossido senza trasferimento".

Metodologia semplice, almeno per gli standard produttivi odierni, a basso costo e di alta qualità. Cosa volere di più? Il professor Baraldi e il suo team hanno messo a punto il "come", ora tocca ad altri rendere l'uso del grafene una realtà concreta. Secondo il professore l'uso del grafene in ambito commerciale non è molto lontano e Samsung – da tempo impegnata nello studio di questo materiale - potrebbe essere la prima a introdurlo su larga scala.

"Le applicazioni principali non vedranno il grafene da solo, ma questo materiale accoppiato ad altri. Avverrà tra poco e perciò i nostri studi vanno in questa direzione". A seconda delle applicazioni i tempi d'introduzione del grafene nel mondo dell'hi-tech varieranno, ma i primi prodotti potrebbero essere a non più di 5/10 anni di distanza.