Home restaurant in Italia, la legge che piace alle lobby?

La nuova legge sull'home restaurant è passata con ampio margine alla Camera, ma si attendono correzioni in Senato. I pareri sono contrastanti. Piace abbastanza ai servizi online strutturati come Gnammo, ma non ai gestori di bed & breakfast.

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a cura di Dario D'Elia

La nuova legge sull'home restaturant, approvata ieri alla Camera e pronta per il voto in Senato, impone un introito massimo annuale di 5.000 euro (proventi), non più di 500 coperti e il divieto di svolgere l'attività in abitazioni in affitto a breve termine."Tale forte limite di profitto significa non aver compreso il potenziale della sharing economy, ma tutelare incondizionatamente una categoria a discapito di un'altra, misurandola su piani differenti", sostiene Cristiano Rigon, fondatore della piattaforma di social eating più nota in Italia, Gnammo.

Gnammo
Gnammo

La sharing economy ha bisogno di norme a tutela dei consumatori e degli operatori (nuovi e tradizionali) ma la sensazione è che al momento le lobby industriali abbiano maggiore voce in capitolo. Più che un tetto sui profitti infatti sarebbe stato meglio un limite al numero dei coperti.

"L'augurio è che il Senato sappia produrre una legge sufficientemente agile e snella, rispondente ai suggerimenti UE di non promulgare norme che limitino, ma che favoriscano lo sviluppo del mercato del social eating, limando ancora i forti vincoli presenti nel testo approvato alla Camera", aggiunge Rigon.

Buona legge con qualche criticità

L'attività di ristorazione in abitazione privata (home restaurant), ovvero la possibilità di organizzare cene, prenotabili sul web, all'interno di abitazioni private ne esce comunque rafforzata. Rigon ha espresso soddisfazione per l'obbligo dei pagamenti digitali e la delega al Ministero della Sanità per la determinazione dei requisiti cui deve rispondere il social chef. Ben vista anche la richiesta di copertura assicurativa per la responsabilità civile verso terzi - per altro erogata anche da Gnammo.

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"Positivo il fatto che l'home restaurant venga riconosciuto come 'attività autonoma occasionale', permettendo così di scaricare i costi inerenti, conservando gli scontrini", sostiene il fondatore di Gnammo. Di buon senso anche l'obbligo di una "comunicazione digitale" dell'inizio attività al Comune secondo una modalità che stabilirà il MISE.

Insomma, alla fine il Senato potrebbe migliorare la norma intervenendo sul tetto ai profitti e sul divieto di abbinare home sharing e home restaturant.

"Questi forti limiti rischiano di essere in contrasto con il provvedimento in discussione sulla Sharing Economy, che ribadisco, avrebbe dovuto precedere il caso specifico", conclude Rigon.

A chi non piace la legge?

Non tutti però la pensano come il fondatore di Gnammo. Sebbene la norma consenta totale libertà entro la soglia dei 5 eventi culinari all'anno - rientrebbe nel social eating - i gestori dei bed & breakfast potrebbero uscirne comunque danneggiati

Giambattista Scivoletto, amministratore del sito www.bed-and-breakfast.it e fondatore di HomeRestaurant.com, contesta l'obbligo di iscrizione a piattaforme online e i pagamenti telematici. "Senza considerare la barriera che questi obblighi pongono fra l'attività di home restaurant e tutte quelle persone che non hanno un altissimo grado di alfabetizzazione digitale", ha spiegato Scivoletto a Il Messaggero. 

gnammo

"Di certo la registrazione e la tracciabilità di qualsiasi pagamento sarebbero un'innovazione non da poco dal punto di vista fiscale ma nella fattispecie renderebbero illecite azioni banali come, ad esempio, chiamare e prenotare direttamente l'Home Restaurant, un limite che non esiste per alcuna attività economica esistente".

E la legge sulla sharing economy?

La legge sulla sharing economy ha iniziato l'iter in Commissione alla Camera la scorsa primavera. "Disciplina delle piattaforme digitali per la condivisione di beni e servizi e disposizioni per la promozione dell'economia della condivisione" (prima firmataria On. Tentori). 

Prima di tutto definisce l'ambito di applicazione: solo piattaforme online che abilitino la condivisione di beni, spazio, tempo e servizi fra utenti non-professionisti. In secondo luogo si parla dell'obbligo di iscrizione di ogni attività presso uno specifico registro del Garante del Mercato (AGCM). Poi 10% di tasse se non si superano i 10mila euro di introito annuale. Infine una policy su riservatezza dei dati, concorrenza e rapporti con la PA.

L'ISTAT dovrebbe poi avere il compito di monitorare la situazione e l'AGCM eventualmente intervenire con sanzioni.

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