I motori ionici ci porteranno sugli asteroidi e su Marte

La NASA ha testato con successo un nuovo propulsore Hall ad alta potenza che potrebbe portarci su Marte.

Avatar di Elena Re Garbagnati

a cura di Elena Re Garbagnati

I propulsori a effetto Hall potrebbero essere la soluzione per la cattura degli asteroidi che la NASA ha in progetto per il 2020. L'Agenzia Spaziale Europea sta invece cercando di migliorare i propri propulsori a effetto Hall (un tipo di motore ionico) per alimentare le future missioni. Così torna alla ribalta delle cronache una tecnologia tutt'altro che esordiente, dato che i primi studi in cui si impegnarono indipendentemente Stati Uniti e l'ex Unione Sovietica risalgono agli anni '50 e '60. Da tempo è usata per la stabilizzazione dei satelliti anche commerciali.

hall thrusterPerché quindi questo rinnovato interesse da parte di ESA e NASA? Il primo motivo è che al Glenn Research Center della NASA è stato testato con successo un nuovo propulsore Hall ad alta potenza che rispetto ai predecessori vanta una maggiore efficienza e una durata superiore. Come spiegato sulla pagina ufficiale del sito NASA, sarà proprio la Asteroid Redirect Mission in calendario per il 2020 a mettere alla prova – fra le altre tecnologie - l'avanzato Propulsion Solar Electric (SEP), che potrebbe in un futuro ancora più lontano essere impiegato per inviare gli astronauti fino a Marte.

Leggi anche La NASA vuole catturare un asteroide e portarlo sulla Luna

Il propulsore Hall è parte di un sistema che utilizza 10 volte meno propellente rispetto ai razzi chimici di dimensioni equivalenti. Nel corso del test condotto dagli ingegneri del Glenn e del Jet Propulsion Laboratory utilizzando una camera a vuoto per simulare l'ambiente spaziale è stato dimostrato che "questo propulsore è in grado di erogare tre volte la potenza dei predecessori e di aumentarne l'efficienza del 50 percento" ha spiegato Dan Herman, a capo dei Sottosistemi di Propulsione Elettrica.

Leggi anche  NASA: un video per mostrare come catturerà un asteroide

Come chiaramente spiegato da Wikipedia il funzionamento dei propulsori a effetto Hall è relativamente semplice: i motori intrappolano gli elettroni in un campo magnetico e li utilizzano per ionizzare il propellente. Un campo magnetico genera un campo elettrico che accelera gli ioni carichi creando un pennacchio di scarico di plasma che spinge il veicolo spaziale in avanti. Come sottolineato dalla NASA si tratta di un metodo che consuma poco, è sicuro (i gas non reattivi non possono esplodere) ed è altamente efficiente per la propulsione spaziale nelle missioni di lunga durata. Inoltre è un candidato papabile per il trasporto di carichi pesanti quali merci e materiali per la costruzione delle basi a sostegno delle missioni umane su Marte.

propulsore a effetto Hall schema

Propulsore a effetto Hall, schema di funzionamento

Il propellente tipicamente impiegato è il gas di Xeno, che viene iniettato attraverso un anodo. Nel momento in cui gli atomi neutri di xeno si diffondono nel canale del propulsore vengono ionizzati da collisioni con gli elettroni ad alta energia circolanti, per poi essere accelerati dal campo elettrico tra l'anodo e il catodo, raggiungendo rapidamente velocità dell'ordine di 15000 m/s con un impulso specifico di 1500 secondi (15 kN/kg). Una volta usciti attraggono un eguale numero di elettroni con loro, creando il pennacchio di scarico di cui abbiamo accennato.

propulsore a effetto HallLa spinta generata da questo tipo di propulsore è molto piccola rispetto a quella dei razzi comuni, però l'efficienza è tale che può alimentare una nave spaziale a velocità fino a 112,000 mph. Per dare un'idea più precisa, un propulsore a effetto Hall con alimentazione elettrica era installato sul veicolo spaziale SMART-1 dell'Agenzia Spaziale Europea, che in 13 mesi e 289 impulsi dal motore, ha consumato circa 58,8 kg di xeno.

Per saperne di più su Bepi Colombo: Destinazione Mercurio, tutti i segreti della tecnologia italiana

I propulsori a effetto Hall sono quindi circa dieci volte più efficienti dei razzi a propulsione chimica, e possono funzionare per lunghi periodi di tempo combinando il gas inerte e l'elettricità generata per esempio dall'energia solare. Ecco perché – fra le altre cose – l'ESA pensa di sfruttare un propulsore simile per la missione BepiColombo.