I pirati senza i soldi della pubblicità sono finiti

FIMI vuole colpire inserzionisti e broker online che fanno pubblicità sui siti pirata. Secondo gli esperti, considerati gli attuali modelli di business, sarebbe la fine di un certo modello di business basato sui grandi forum.

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a cura di Dario D'Elia

L'industria musicale italiana sta pensando di colpire gli inserzionisti e gli intermediari, come ad esempio Google, che fanno la ricchezza dei siti pirata. FIMI a questo giro sembrerebbe avere in mano la carta vincente per far saltare il banco. Tagliate le fonti di introito la pirateria dovrebbe inventarsi un nuovo modello di business. Ad esempio, senza le campagne pubblicitarie una piattaforma come ItalianShare non avrebbe mai generato adeguati introiti in relazione al traffico.

"Come industria stiamo valutando tutte le possibili iniziative sul piano legale relativamente al concorso del reato per la pubblicità sui siti pirata", ha confermato il presidente FIMI Enzo Mazza al Sole 24 Ore. Nessuno vuole rinunciare a quei (presunti) 600 milioni di euro di mancato incasso annuale.

Come andrà a finire?

E anche se la cifra fosse lontana dalla realtà - le stime sono di SIAE - resta il fatto che un piccola fetta della torta farebbe davvero comodo in questo momento. L'ultimo rapporto FIMI-Deloitte valuta infatti il mercato legale italiano all'ingrosso (imprese/intermediari) in circa 151 milioni di euro.

Il problema forse è che persino la Commissione Parlamentare, che nel 2010 si è occupata di pirateria e contraffazione, ha ribadito che la mancata disponibilità di un file pirata non produce l'automatico acquisto legale dell'omologo originale.

"Quello della pirateria digitale è un fenomeno assai complesso e delicato dove le tematiche del diritto si intrecciano con il sentire comune", sostiene il comandante del Nucleo speciale frodi tecnologiche della GdF, Alberto Reda.

"L'Italia si conferma uno dei paesi dove gli utilizzatori di sistemi illegali sono più attivi. Il contrasto da parte di Guardia di Finanza e magistratura sta funzionando, ma servirebbe altro", rilancia Luca Vespignani, segretario della Federazione contro la pirateria musicale.

Ecco quindi l'idea di colpire i pirati nel portafogli, magari anche con l'aiuto di una nuova normativa che oggi sotto forma di bozza prende polvere nei cassetti dell'Authority delle Comunicazioni