I provider contro Moncler per gli oscuramenti online

Le associazioni dei provider ieri presso il Tribunale della Libertà di Padova hanno richiesto l'annullamento dei sequestri preventivi attuati nei confronti di 493 domini italiani. Moncler non dovrebbe avere il diritto di poter censurare siti legali.

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a cura di Dario D'Elia

I nostri provider sono diventati una sorta di linea Maginot contro i sequestri preventivi dei siti Web. Ieri presso il Tribunale della Libertà di Padova (Sezione Riesame), il provider CWnet, AIIP e Assoprovider si sono opposti all'oscuramento dei 493 nomi di dominio e siti Internet richiesto dalla nota società di abbigliamento Moncler. 

La vicenda è nota: da mesi alcuni siti sfruttano il nome del noto brand per vendere merce contraffatta. Il problema è che nel calderone sono finiti anche quelli che non hanno nulla a che fare con l'attività illegale, ma condividono la passione per i mitici piumini degli anni '80: si pensi ad esempio a "www.monclerfans.com" o "ilovemoncler.com".

L'oscuramento

Il decreto di ingiunzione del GIP di Padova, secondo le associazioni dei provider, "per la prima volta in Italia aveva disposto l'oscuramento diretto dei nomi di dominio e siti internet che richiamavano nel nome la nota casa di moda". 

"Se passa l'idea che basta il nome di un'azienda nell'indirizzo del sito per farlo oscurare, allora è il tramonto della libertà d'espressione", ha spiegato il legale specializzato in diritto penale dell'informatica Fulvio Sarzana a La Repubblica. "È la premessa alla censura, in massa, di siti che contengono opinioni sgradite ad aziende o politici".

Per questi motivi ieri è stato impugnato il decreto di sequestro, e il Tribunale dovrà esprimersi nuovamente sulla questione.

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"Al momento sono circa 6mila i siti inaccessibili agli utenti italiani, perché oscurati", ha ricordato Paolo Nuti, presidente di AIIP. Di questi 900 sono legati a reti di pedopornografia, 3500 sono siti illegali di giochi e scommesse, e circa 1500 sono accusati di violare le norme sul diritto d'autore, contraffazione o diffamazione. Per il legale Sarzana in quest'ultimo caso l'oscuramento preventivo è da considerarsi una forzatura. Il problema di fondo è che da quando nel 2008 questa prassi è stata autorizzata dalla Cassazione per il caso "The Pirate Bay" la giurisprudenza ne ha approfittato.

Il blocco preventivo senza dibattimento o sentenza, secondo molti esperti del settore, è da considerarsi un'aberrazione del sistema, e non è un caso che l'AGCOM stia lavorando a un aggiornamento delle normative sul copyright online. Un documento per altro atteso per fine mese.