I nostri provider sono diventati una sorta di linea Maginot contro i sequestri preventivi dei siti Web. Ieri presso il Tribunale della Libertà di Padova (Sezione Riesame), il provider CWnet, AIIP e Assoprovider si sono opposti all'oscuramento dei 493 nomi di dominio e siti Internet richiesto dalla nota società di abbigliamento Moncler.
La vicenda è nota: da mesi alcuni siti sfruttano il nome del noto brand per vendere merce contraffatta. Il problema è che nel calderone sono finiti anche quelli che non hanno nulla a che fare con l'attività illegale, ma condividono la passione per i mitici piumini degli anni '80: si pensi ad esempio a "www.monclerfans.com" o "ilovemoncler.com".
L'oscuramento
Il decreto di ingiunzione del GIP di Padova, secondo le associazioni dei provider, "per la prima volta in Italia aveva disposto l'oscuramento diretto dei nomi di dominio e siti internet che richiamavano nel nome la nota casa di moda".
"Se passa l'idea che basta il nome di un'azienda nell'indirizzo del sito per farlo oscurare, allora è il tramonto della libertà d'espressione", ha spiegato il legale specializzato in diritto penale dell'informatica Fulvio Sarzana a La Repubblica. "È la premessa alla censura, in massa, di siti che contengono opinioni sgradite ad aziende o politici".
Per questi motivi ieri è stato impugnato il decreto di sequestro, e il Tribunale dovrà esprimersi nuovamente sulla questione.
Moncler protagonista anni '80 - Clicca per ingrandire
"Al momento sono circa 6mila i siti inaccessibili agli utenti italiani, perché oscurati", ha ricordato Paolo Nuti, presidente di AIIP. Di questi 900 sono legati a reti di pedopornografia, 3500 sono siti illegali di giochi e scommesse, e circa 1500 sono accusati di violare le norme sul diritto d'autore, contraffazione o diffamazione. Per il legale Sarzana in quest'ultimo caso l'oscuramento preventivo è da considerarsi una forzatura. Il problema di fondo è che da quando nel 2008 questa prassi è stata autorizzata dalla Cassazione per il caso "The Pirate Bay" la giurisprudenza ne ha approfittato.
Il blocco preventivo senza dibattimento o sentenza, secondo molti esperti del settore, è da considerarsi un'aberrazione del sistema, e non è un caso che l'AGCOM stia lavorando a un aggiornamento delle normative sul copyright online. Un documento per altro atteso per fine mese.