I robot ci ruberanno 47 posti di lavoro su 100?

Stando ai dati emersi durante la conferenza The WorldPost's Future of Work, i robot potrebbero presto essere capaci di prendere il nostro posto in molti lavori. In primis rischiano i venditori e gli addetti alla logistica.

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a cura di Elena Re Garbagnati

Da qualche parte là fuori c'è un robot che potrebbe fare il vostro lavoro. Se n'è parlato alla conferenza The WorldPost's Future of Work Conference realizzata in collaborazione fra The Huffington Post e Berggruen Institute. Michael Osborne, co-direttore dell'Oxford Martin Programme on Technology and Employment ha spiegato che "il 47 per cento dei posti di lavoro negli Stati Uniti saranno messi a rischio dalla tecnologia nel corso dei prossimi 20 anni".

Robotica

Non è una novità, da tempo ci sono segnali che lasciano intendere che qualcosa potrebbe cambiare nel prossimo ventennio. Basti pensare alle intelligenze artificiali che in alcuni casi estremi sono già impiegate in ruoli "umani" per antonomasia. L'aspetto interessante emerso la scorsa settimana è che i ricercatori hanno tratto le loro conclusioni sfruttando un complesso algoritmo di apprendimento automatico complessa proprio per trarre le sue conclusioni.

Da qui emerge per esempio che nella vendita al dettaglio un algoritmo potrebbe essere migliore di un venditore umano perché potrebbe attingere da tutte le preferenze del cliente raccolte dalle aziende. Non siamo ancora a un livello del genere, ma un esperimento che ci si avvicina è quello in corso nel nuovo negozio di Rebecca Minkoff.

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Altro ambito in cui i robot potrebbero prendere la meglio è quello della logistica: i rapidi progressi nella tecnologia dei veicoli autonomi potrebbero sfociare in sistemi di trasporto completamente automatizzati, capaci di prendere il posto di "addetti ai muletti, camionisti, autisti di veicoli agricoli" per fare degli esempi di figure professionali che potrebbero scomparire.

Fino a qualche anno fa la prospettiva di uno scenario simile era remota, adesso ci sono i primi segnali che non siamo poi tanto lontani. Per esempio il fatto che una piccola percentuale di persone fisiche o aziende che possiedono mezzi di produzione robotizzati guadagnano molto, a fronte di una classe media che è sempre più in difficoltà nel trovare e tenersi un lavoro.

Pil USA vs stipendi

Simbolico il grafico fornito da Anthony McAfee, direttore associato del Center for Digital Business presso la Sloan School of Management del MIT. La linea blu rappresenta il prodotto interno lordo totale negli Stati Uniti, quella rossa gli stipendi pagati in percentuale rispetto al PIL. E McAfee sottolinea che "questo non è solo un fenomeno americano, e non è nemmeno caratteristico solo dei Paesi ricchi. Lo stesso calo del lavoro di sta verificando nella maggior parte dei Paesi di tutto il mondo di cui abbiamo i dati, tra cui la Cina, l'India e il Messico".

Ecco perché Laura Tyson. Professoressa di Business Administration and Economics, alla Berkeley's Haas School of Business parla di "problema sociale". Osborne da parte sua reputa che sia a rischio il 47 per cento dei posti di lavoro, e che quelli che restano saranno sempre "più creativi e sempre più legati al sociale", cose che adesso tendiamo a fare nel nostro tempo libero come hobby. Per Osborne questa svolta sarà positiva perché lasceremo i compiti più noiosi e gravosi alle macchine. Federico Pistono la pensa allo stesso modo, voi che ne dite?