I Super Ball Bot conquisteranno lo Spazio rimbalzando

La NASA ha allo studio una nuova tecnologia per costruire robot per l'esplorazione spaziale. Sono piccoli, leggeri e rimbalzano.

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a cura di Elena Re Garbagnati

Fra i progetti allo studio alla NASA per l'esplorazione del Sistema Solare ci sono diversi tipi di robot, fra cui stanno tenendo banco i Super Ball Bot. Oggetti volanti piccoli, leggeri, resistenti e a basso costo, che offrono diversi vantaggi: il primo è che possono essere lanciati senza complicazioni tecniche proprio per l'ingombro ridotto che li caratterizza.

La versione più grande ha una massa complessiva di 75 chilogrammi e comprende tre moduli di strumentazione scientifica: uno per raccogliere informazioni relative all'atmosfera e alla meteorologia, un secondo per le analisi chimiche e un terzo per scattare immagini. La versione più piccola, con una massa di 40 chilogrammi, fa a meno del secondo modulo.

Lancio dei Super Ball Bot

In secondo luogo non sono delicati come i prodotti attuali, quindi non richiedono paracadute o altri strumenti che attutiscano i colpi. Anzi rimbalzano perché sono costruiti sfruttando un principio definito "tensegrity", un termine coniato da Buckminster Fuller, che unisce "tensione" e "integrità strutturale" e riguarda il modo in cui la forza viene distribuita attraverso una struttura differente da quelle rigide. In sostanza questi robot sono costruiti interamente con aste e cavi, riducendo al minimo il peso e il numero di punti di debolezza. Se ci pensiamo in natura ci sono molte forme che seguono lo stesso principio, come i microfilamenti all'interno delle cellule e lo stesso scheletro umano, che è un esempio di biotensegrity.

Sfere molto particolari

Il risultato è che i Super Ball Bot escono indenni da cadute potenzialmente devastanti, quindi potrebbero essere impiegati in missioni critiche come per esempio un atterraggio su Titano, di cui non si conoscono in dettaglio le informazioni morfologiche del terreno, in più le condizioni sono talmente instabili da sconsigliare l'invio di un rover.

La seconda fase di studio prevede la costruzione di prototipi che siano in grado di rotolare autonomamente per muoversi sui terreni accidentati - prevede anche la predisposizione di sistemi di auto alimentazione.