Robot e intelligenze artificiali non comporteranno perdite di posti di lavoro così devastanti come descritto in precedenza, ma l'impatto sociale sarà comunque terribile, penalizzando soprattutto giovani e lavoratori poco qualificati e aumentando il divario economico tra nazioni più o meno ricche. È questo sostanzialmente quanto emerge dall'ultima ricerca svolta dall'OECD, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.
Lo studio quindi da un lato contraddice i dati riportati dal lavoro del 2013 realizzato dagli accademici della Oxford University Carl Frey and Michael Osborne su cui sostanzialmente si è basato fino ad oggi l'intero dibattito sul tema, dall'altro ne conferma però tutte le preoccupazioni.
Frey e Osborne parlavano infatti di una perdita del 47% dei posti di lavoro a causa dell'elevata automatizzazione, mentre secondo l'OECD soltanto il 14% sarebbero a rischio, una percentuale che però rappresenterebbe comunque 66 milioni di lavoratori, di cui 13 nei soli Stati Uniti.
La differenza nei numeri sarebbe dettata soprattutto da un approccio diverso e più raffinato, che prende in considerazione diversi fattori, come la possibilità dei lavoratori di essere indirizzati verso altre mansioni meno automatizzabili e le differenze tra nazioni ricche ed economie emergenti.
Secondo lo studio dell'OECD infatti i lavori maggiormente automatizzabili saranno quelli che richiederanno un basso livello di istruzione e conoscenze di base per poter essere svolti e questo finirà per penalizzare soprattutto i giovani. Secondo i ricercatori infatti il 20% dei lavoratori con un'età attorno ai 20 anni sono impiegati per il 20% in lavori poco qualificati e per il 34% nel settore delle vendite o dei servizi personali, tutti ambiti a rischio automazione. Anche se i numeri non sono elevatissimi dunque questo potrebbe finire col polarizzare ulteriormente la società tra chi svolge lavori altamente qualificati e ben retribuiti e le occupazioni a bassa retribuzione, insicure.
La redistribuzione dei lavoratori in ambiti più qualificati e meno a rischio non sarebbe poi uguale ed omogenea ovunque, ma sarebbe invece più facile nelle economie forti piuttosto che in quelle emergenti e questo provocherebbe altri squilibri mondiali.
Insomma le IA ruberanno forse meno lavoro, ma lo faranno soprattutto a scapito dei giovani e di quei lavoratori la cui riqualificazione è più problematica, per questo sarà essenziale nei prossimi anni investire nella formazione affinché la transizione sia il meno traumatica possibile.